“Una storia semplice” di Leonardo Sciascia****

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“Una storia semplice” di Leonardo Sciascia****

Bene… è venerdì. Quasi sabato, ed è stata una lunga settimana.
Ora sto ascoltando il secondo singolo dei topi modesti, che cantano di coyote, lo potete fare anche voi, se vi va.
Sono alla prima Aster bier, la birra scrausa del Tuodì, che mi hanno comprato addirittura i miei il che vuol dire che sono sulla veranda della fine. M’avanza una sola Tennents, nel frigo, ma forse non la berrò. Forse berrò un’altra birra scarta, perché sono giorni scarti di una settimana scarta di una vita scarta.
Che poi, ho accettato il terzo lavoro, oggi, che non è il terzo, in realtà, ma il quarto, o forse il quinto. E nessuno di esse mi paga.
Fa ridere… E allora mi rilasso e mi faccio la risata ripensando a questo libro, che non è un libro, ma un racconto, anche se lungo, e che del trittico sciasciano che ho letto nell’ultimo anno – tutto incentrato attorno allo stesso tema, ma con varie sfumature – è forse il lavoro più concentrato e vivace, sicuramente più… mmm vediamo… non so… ben costruito? Sì.
Parlo a livello di impatto, più che altro. C’è rapidità, azione, riflessione, secchezza. In pochissime pagine.
Non c’è approfondimento dei personaggi, a parte il protagonista, che però, seppur descritto con molte pennellate, resta sempre lontano dall’essere un eroe che si prende la scena. Anzi… nemmeno ti ricordi il nome, ma ti ricordi com’è, quello sì. E ti ricordi una sorta di onestà di fondo, una che agli altri manca.
In ogni caso, il singolo precedente dei modest mouse era molto migliore (ascoltatelo, che vi fa allegri). Questo mi piace ma non mi esalta. Ma ora cambierò ascolto e vedrò come sono i nuovi Decemberists, appena usciti, anzi, no, guardo la cosa delle bestie immaginarie, su K2, che cercano il bigfoot vietnamita. Ma a voi credo non ve ne freghi niente. E allora torniamo al libro.
Una storia semplice” è un piccolo gioiellino, ve lo devo dire subito, e visto il suo tempo di lettura (in un paio d’ore lo leggete facendo anche delle riflessioni, se vi va) è proprio un libro che, forse più degli altri due che ho letto è immediato e ti dà un piacere poco filtrato, limpido, che ti godi subito, a fine riga, col pre-finale atteso e dirompente e fastidioso e poi quel sospetto che avevi che diventa verità. Ti guardi in giro smarrito e pensi… cazz… ma di chi fidarsi allora?
Perché succede questo.
Una telefonata, un paesetto, un casale abbandonato, da anni il proprietario non tornava, ed è proprio lui che telefona, che cerca di mettersi subito al riparo. Aveva trovato una cosa, una cosa che è sparita per davvero, e che non esiste più, almeno così il boss Spatuzza ci ha detto nel 2009.
Ma il Brigadiere che il giorno dopo va a dare un occhio, e ci sarebbe anche andato anche subito, o almeno, ci poteva andare il colonnello, o almeno fare un giro, ma la festa, le priorità… insomma, niente, trovano il morto, il giorno dopo.
e c’è un passaggio bellissimo del nostro eroe, che appena vede la classica scena da suicidio pensa – aspettate che ve lo scanno – in un modo che mi è piaciuto tanto.

Dati quegli ordini, e continuando a dire all’agente che era rimasto con lui di non toccar nulla, il brigadiere cominciò a fare il suo lavoro di osservazione, in funzione del rapporto scritto che gli toccava poi fare: compito piuttosto ingrato sempre, i suoi anni di scuola e le sue non frequenti letture non bastando a metterlo in confidenza con l’italiano. Ma, curiosamente, il fatto di dover scrivere delle cose che vedeva, la preoccupazione, l’angoscia quasi, dava alla sua mente una capacità di selezione, di scelta, di essenzialità per cui sensato ed acuto finiva con l’essere quel che poi nella rete dello scrivere restava. Così è forse degli scrittori italiani del meridione, siciliani in specie: nonostante il liceo, l’università e le tante letture. Immediata, l’impressione era che l’uomo si fosse suicidato. La pistola era a terra, a destra della poltrona su cui era rimasto seduto: vecchia arma da guerra ’15-’18, tedesca, uno di quei souvenir che i reduci si portavano a casa. Ma c’era, a cancellare nel brigadiere l’immediata impressione del suicidio, un particolare: la mano destra del morto, che avrebbe dovuto penzolare a filo della pistola caduta, stava invece sul piano della scrivania, a fermare un foglio su cui si leggeva: “Ho trovato.”.

E io ho trovato bellissimo questo dipingere le qualità deduttive di quello che poi sarà la parte pulita della storia come se fossero qualità per supplire a un difetto. Sono poco istruito, sono un disastro a scrivere un verbale, e allora è meglio che scriva il meno possibili e non faccia caso alle cose non rilevanti. Magari piace solo a me, ma è un passaggio che mi ha fatto innamorare della storia da subito, e che trova il culmine nella scena finale, dove il brigadiere tira fuori niente di meno che “l’istinto” del contadino.

Ebbene… che altro dire: che c’è anche un film, che la storia si snoda con altri cadaveri, ché quando ci si deve salvare il cul, non si bada a spese, nelle associazioni mafiose, e i testimoni, quei testimoni che dichiarerebbero la madre vergine, pur di non dire che qualcosa videro, ecco, il testimone che non ha nemmeno un nome, uomo della Volvo, che diventa involontariamente il secondo protagonista, stavolta negativo. Eppure… è giustificato il fastidio per la sua omertà? No. 
Lo capisci col finale.
E chiudo, dicendovi che adesso è mattina, che mi sono addormentato qui davanti e quindi non ho finito ieri, che la seconda birra scarta, comunque, me la sono bevuta, che ho finito di leggere il vangelo di Biff che era 500 e passa pagine, che sto leggendo Levi, Primo, ed è pemmissimo, e che boh, oggi è sabato, che sia un sabato vero, l’estate della settimana, che la primavera per me non esiste quasi più, e l’autunno è brevissimo, e su questo pensiero ci scriverò un pensiero di gelo.

Vi saluto lasciandovi il quadro, la cosa del libro, da vedere, che lo sapete che i quadri mi piacciono.

Comments

  • 24 Gennaio 2015

    Bene, mi hai incuriosito. Questa tua incursione nel mondo degli scrittori italiani del secono scorso mi affascina, diventa quasi un dovere leggerli. Tu l'hai letto Fosca di Igino Ugo Tarchetti? Scrittore italiano meno noto, ma molto interessante.
    Grazie!

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