Le tredicesima ora

Le tredicesima ora

Tredici, a contarle. Come si fa? A parlare di cosa poi? Tutto di file, con orecchie che un po’ ascoltano, e un po’ no. Cosa ho fatto in queste tredici sorelle? Che senso ha?
Parlare di Stati patrimoniali, di aspetti finanziari, di Verga e dei suoi spazi, dei nespoli e degli albicocchi, del mare e della strada, di Levi, della sua poesia, del suo treno, di fatture e di sconti, e di imballaggi, e di trasporto, e di passività, e di utile e delibera di assegnazione, e di pizza, di misteri, di acquisti e vendite e iva e poi di ciclo economico e di moneta e di hamburgher, e poi di iva, di aliquote, e poi di levi, di partita doppia, di diritto, di conto economico, e faccine, e poi ancora di dentista, di intrattenimento, di morte, di … e insomma, parlare, e parlare.
Ma poi perché no, leggere due capitoli di levi, andare a prendere un assegno, e vedere ballare le vecchie e mangiare la pizza, e una brioche calda alla cioccolata, una non calda alle noci, un’altra fredda alla nutella, e una buona alle mele e uvetta, e i cracker ripieni, e la banana, e poi ricontarle, per essere sicuro che siano tredici, e poi le birre, la partita, e la mattina il computer, gli occhi che non si aprono e poi a chiedersi se è vita, se è questo vivere e perché, se poi amare sia solo e soltanto, infinita, ineffabile, 
nostalgia.

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