Maestri del colore, 15: Giorgione

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Maestri del colore, 15: Giorgione

Ho ho sprecato la domenica. Sono un coione e sono fatto male, mi basta svegliarmi un’ora dopo per pensare che è già lunedì, passare il tempo a ballonzolare e giocare a zombi tsunami.
L’unica cosa profittevole che ho fatto, credo, è stato leggere due vecchi dylan dog.
E allora voglio cercare di dare un senso, in extremis, a questo fine settimana buttato via, e lo faccio leggendomi un maestro del colore, questo numero 15, questo Giorgione, che ogni volta mi fa pensare a uno che si chiama Giorgio molto corpulento.
E invece no.
Di lui sappiamo pochissimo, ma tra quel pochissimo, oltre la data incerta di nascita (1478) e quella di morte, per peste, a venezia, probabilmente per scopare, nel 1510, ecco, sappiamo anche che avevano cominciato a chiamarlo in -one dopo morto, il Zorzi da Villafranca (Giorgio Barbarella, che se lo ribaltate pare il nome di una pornostar).
E proprio per la fama e la bravura.

Che poi non è che si è sicuri di tutto quello che ha fatto, e anzi, nell’immediato post mortem, diciamo pure durante tutto il secolo, c’era solo la pala di Castelfranco, che non è un utensile di un contadino di nome Franco Castel, bensì sta roba di chiesa grande e molto religiosa, come tutte le pale, che vi faccio vedere qui e che a me non dice un cats.
E infatti, le cose che verranno fuori, erano tutte in collezioni private di ricconi della città acquosa, vediamo se ricordo qualche cognome… Contarini, Vendramin, Marcello… ecco, è per merito di un tizio, Marcantonio Michiel, che nel primo cinquecento è andato annotando su un manoscritto tutte le opere giorgionesche che vedeva, e dalle sue descrizioni si sono ritrovate.
La figata è che il manoscritto è stato scoperto e pubblicato a inizio ‘800. Vediamo se vi faccio vedere qualcosa,…
Ecco, uno bellissimo, per esempio, la Venere dormiente con la mano sulla patata. (no, no, la cosa della patata l’ho detta io, su)

Bello, vero? Io lo trovo davvero molto bello, questo, con questo misto di lascivia e non che è proprio un chiaroscuro. E poi, sempre per quel discorso del Marcantonio, gli si è potuta attribuire anche la tempesta, al Giorgione, questa qua sotto, non male nemmeno questo.

Che poi, a quanto pare, diciamo che se la deve essere spassata abbastanza, il zorzi, essendo che se i quadri eran tutti tra privati facoltosi, vuol dire che i soldi non gli mancavano. Ma torniamo alle opere, e vi dico di questi tre qua, che vi voglio far vedere, tra i più belli, secondo me.
Sono di persone, non religiosi e non mitici e io li trovo ottimi, tanto che forse mi piglierò uno di questi per il raccontino solito di Storie dall’arte.
Anzi, ho deciso che ci scrivo una cosa proprio su uno di questi, quindi ve ne metto due, Laura e la vecchia. Soprattutto la vecchia io lo trovo molto bello… modernissimo.

Vi stavo dicendo, vedendo questi ultimi due ritratti, ma se vogliamo anche quelle delle tre età dell’uomo e l’autoritratto del Giorgione stesso, che i tempi così ligi alla chiesa ci hanno rubato un sacco di arte. Tutti quei secoli a dipingere madonne e cristi, che bon, saran pure ben venuti, ma insomma… quanto talento abbiamo sprecato? Perché se i maestri cincuecenteschi, per dire, avessero dipinto gente a caso, o cose, o paesaggi, o i proprio sogni, e le puttane che frequentavano, o il cane che piscia, insomma… altre cose, quandi meravigliosi capolavori avremmo? E quanta storia in più, anche? E’ un peccato che l’arte sia stata imbrigliata dalla religione… Cioè… Avessero fatto tutti come il Dorè, quanta varietà in più avremmo? Ma forse è un pensiero stupido, in fin dei conti, si dipinge per chi ti foraggia, e quindi accontentiamoci delle madonne.

Ma veniamo al raccontino, suvvia, che per oggi questo post sul grande Giorgio finisce qua. Ho scelto il doppio ritratto, perché quelle due espressioni raccontano già una storia, e sta tutto a trovarla. Adesso faccio così, mi tolgo le lenti, vado nell’altra casa a prendere la birra e la vodka e la coca cola e penso al racconto, e poi torno di qua e ve lo scrivo.
E poi mi metto a scrivere… che la notte è lunga e voglio salvare la domenica!

Melangolo 
Ma guardalo lì, vestito come un deficiente, che sogna a occhi aperti… che poi, si può intitolare una poesia in modo più idiota? E riempirla di cuooore ammmore… ma dimmi te, neanche ai maiali piace quel frutto che sa di piscio! E lui è convinto che la bionda tettona della quinta B ne vada pazza. Portamene una cesta e sarò tua, gli ha scritto Matteo, sarai il poeta dei miei lombi, ha aggiunto Giovanni, assaporerai l’asprigno afrore del mio bocciolo, ha rincarato Paolo, che mica fa il classico per nulla. E Luca ha convinto Maria a baciare la carta, col rossetto da baldracca. Io che ho una bella calligrafia ci ho messo la firma: Maddalena… un nome un programma! E due gocce di profumo, okay… il tocco del genio. Non vedo l’ora sia domani notte, ai giardinetti, nel buio, quando col reggiseno imbottito rubato a mia madre lo bacerò e gli chiederò di mettermi la mano nelle mutande. Frocio di qua, frocio di là… gliela faccio ben passare io la voglia… o venire, magari.

Comments

  • 12 Gennaio 2015

    Certo che Giorgione raccontato cosí potrebbe diventare Giogiaccio ma siamo già nel 2015 e dovrei riaggiornarmi.

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