Aprile 2015

Quando non dormi mai,  A strappare coi denti la pelle al vecchio  Giorno A quello che credi ne rimanga Mentre è già il seme  Del nuovo A farlo in poche parole, poche righe, Anche una frase soltanto: Dopo tutto il bene che non hai voluto E avresti dovuto Che ti

A cjalâlis di dongje, lis robis, Si jevìn inpins, ancje stant fermis. La malegracie e je fie dal lontan, dal parsore, dal in bande. Cussì la maluserie. Dome tal dentri Fossial ancje un cjâf plen O une sachete vueide Si cjate salvament, padin, cidinôr avonde Par prestâju Ché chui

C'è il Giorno  Che si prepara dietro la finestra;  Sceglie gli abiti, i rumori da indossare;  E' nudo,  Non si vergogna però,  Né considera le nostre obiezioni,  Che a volte lo vorremmo via, allontanato,  Ritardare o nascondersi;  Altre bramiamo che bussi alla porta,  Sfondandola,  In schegge e caffè.

Su due gambe, due Per l'equilibrio che è del cadere, dell'incedere, del baricentro Eternamente perduto nelle tasche del passo, Nostro alleato fecondo, e nemico annoiato. Infila le scarpe alle lancette, corre via, E porta con sé tutto, ogni cosa; Si lascia indietro solo qualche soldo Per il

Finisce e non finisce  Un'altra giornata dell'abbastanza:  Veglierei, ma è abbastanza  Presto per dormire;  Il disco del topo modesto non è  Abbastanza bello; Il latte di poco fa non era  Abbastanza freddo, ora non abbastanza caldo;  Lo abbandono assieme al libro, breve  Ma non abbastanza.  Non dormo, non leggo, non