“L’Ickabog” di J.K. Rowling****

“L’Ickabog” di J.K. Rowling****

Avrei davvero una paccata di robe da fare, anche serie, oltre che di divertimento, o anche godere del pomeriggio, ma no, ho voglia di mettermi qui e parlarvi di questo libro della Rowling. Tra l’altro, come si chiama la Rowling? Vade a vedere, aspettate… Joanne!

Ma allora per che cosa sta la K. ? Sembra quasi una questione alla Simpson e al suo J. di Homer J. Simpson… poi alla fine aveva scostato la siepe per scoprire che J stava semplicemente per… Invece no. K sta per il nome della nonna paterna, Kathleen. Detto questo, continueremo a chiamarla “La Rowling” dove l’articolo credo stia lì per distinguerla dall’asteroide. Insomma… voglio ardentemente parlarvi di questo libro, che mi sono goduto di gusto. Ma andiamo per ordine.

Che io abbia un debole per i libri per ragazzi, è risaputo. Cose come Winnie the pooh, o Pippi, o Rasmus, o tutte le cose di Dahl, dal cioccolato al ggg, insomma… ci siam capiti, quasi tutta la roba classica che la Salani pubblica ne gli Istrici è meravigliosa. Non serve che vi tedi oltre ripetendovelo. Ma questo Ickabog, che mi ha regalato Noemi, è stato proprio un gran regalo. Perché compete. Compete in quanto scorrevolezza ma anche messaggio, come trama ma senza disdegnare ambientazione e costruzione dei personaggi. Poi, oh, intendiamoci, la gestazione ha avuto il suo peso, nel senso che è un libro nato in taaaanti anni e sicuramente la cosa ha influito nella sua visione di insieme. Ma è anche vero che – benché questo sia il primo libro per ragazzi pubblicato dalla Rowling dopo Harry Potter – è dedicato a un target di un’età molto minore. Dai 7 ai 9 anni, si dice da qualche parte, e ci sta, perché è un libro quasi cartoonesco, con un pizzico di fantasia nella parte legata al cibo, ma molto poca fantasia nell’insegnare come si instaura un regime. Eh sì, perché alla fine, di questo si parla.

La storia, dunque. Una terra, un regno, chiamata Cornucopia. Una terra ricca, quasi ovunque, che prospera e in cui le città fanno cose meravigliose, quando si tratta di impegnarsi in enogastronomia. Nella capitale Chouxville, si fan dolci, a Montecaglio, formaggi, a Capocolle, ovviamente salumi. A Jeroboam, vino. Lunico posto dove prospera la miseria è la zona più a Nord, le Paludi, ricordate solo per la leggenda dell’Ickabog, il senza gloria, mostro leggendario che vive in quella malsanità. Quindi un mostro c’è già, a Cornucopia. Ma pian piano i mostri cominceranno a crescere, e benché portino le intenzionalità di Lord Scaracchino (il villain vero del libro) e di Lord Fiappone e la connivenza di re Teo (il Temerario). E in questa situazione statica, la miccia l’accende la morte di una sarta. Una sarta che è legata a un marito e una figlia (la famiglia Raggianti) legati tutti a un’altra famiglia, i Di Maggio, anch’essi con un figlio. Margherita e Robi. E dalla morte di questa sarta le cose si muovono. Prima piano, poi più lentamente, e a forza di capitoli brevi,e decisamente incalzanti, l’intero regno di Cornucopia viene travolto da eventi che lo mutano in regime. All’ombra del fantoccio re Teo, si tessono trame di bugie per coprire bugie, e in una escalation di violenze e ingiustizie è proprio il caso di dire che tu tto va a rotoli. Un fiaba, quindi, specchio delle nostre umanità, che getta luce sui mostri che non sono l’Ickabog. L’indifferenza, l’avidità, la codardia, l’invidia, la cattiveria… Ma come ogni fiaba che si rispetti sono elementi che ne generano, per riflesso, di positivi: onestà, compassione, coraggio… Insomma. Tutto al posto giusto.

Ma tra le dote del contenuto, direi che la migliore è quella di non seguire un unico filo legato a un eroe, ma di lasciare che i fili siano tanti e che la storia sia corale, nei pregi e nelle debolezze dei personaggi. Non sarà Robi, o Margherita, o la signora Di Maggio, o il signor Raggianti, a diventare eroi, ma ognuto farà la sua parte. E ci sarà chi cambia, chi cresce, chi migliora, durante le vicende. Chi peggiora, ovviamente. Insomma… ci sono i chiaroscuri, ed è bello che ci siano. Quindi, se per caso vi troviate a dover fare un regalo a un ragazzino/a di 7-11 anni, magari di quelli che leggono poco, questo libro è ottimo. Che poi, non l’ho detto, la sua genesi è questa:

  1. la Rowling lo scriveva a pezzi e lo leggeva ai figli ancora tanto tempo fa (dice lei)
  2. arriva il lockdown e non le passa un cats e quindi lo esce dal cassetto e comincia a rivederlo
  3. decide che ci sarà un sacco di gente che non gli passa un cats e allora lo pubblica sul web aggratis a puntate
  4. Ne esce un libro grosso il giusto, con dolorosi tagli e doverose aggiunte
  5. per pubblicarlo decide di fare un concorso per i disegni, e infatti ci sono più di una trentina di disegni di bambini (per la versione italiana, non so per altre) intorno ai 10 anni, che lo illustrano e hanno vinto la pubblicazione.
  6. Il libro esce, Noemi lo compra e me lo spedisce come regalo.

Aggiungo anche che questo entra nella lista dei libri di cui una parte dei proventi va un beneficenza qui o là. Il che non dà mai fastidio, visto che i fatti sono meglio dei blablabla. Bene… è tutto. O quasi. Nel senso che qualche altra parolina ve la dico lo stesso. Prima cosa, se siete di quelle persone che stanno male quando le cose vanno a finir male, tranquilli, non soffrirete, alla fine, ma solo durante. Nel senso che non è uno di quei libri modello A-Team, dove non muore mai nessuno. Qui muoiono eccome, e la decadenza del paese di Cornucopia è triste e tangibile. Ma non si raggiunge mai l’effetto sofferenza, per i fatti raccontati. Per esempio, nell’istituto dove Ma’ Grugna (personaggio collaterale degno di nota) tiene i bambini orfani o poveri, ce ne sarebbe di sofferenza, del resto li fa morire di fame e di botte, ma invece si tiene l’asticella alta, e il dolore c’è ma passa sotto. Altra cosa: ci sono parecchi personaggi, ma tutti ricordabili. Lady Eslanda, nobile combattiva e onesta, Bernardo Blatta, costretto a spostare i piedi da una scarpa all’altra, ma poi c’è Bertina Bertoni, il professor Truffalmacco, Cancheri e il celebre Augusto Bottone.

Ah, se proprio devo fare la pignincool, posso dire che qualcosa di sfilacciato c’è, nella trama e nella verosimiglianza, ma è una fiaba, e soprattutto il secondo aspetto è poco contestabile. Quindi, nulla da dire.

Insomma… ora basta davvero. In realtà sono astato abbastanza bravo e non vi ho svelato granché, nemmeno se il mostro esiste o meno. O meglio, i mostri sono tanti, resta da vedere se esiste l’Ickabog e cos’è veramente. Per me, che sono qui, durante il pomeriggio, abbastanza in relax a raccontarvi di questo libro, c’è un Ickabog in meno, e la lettura di questo libro per ragazzi mi ha proprio fatto bene, nelle mie prime giornate di ferie agostane, perché avevo proprio bisogno da un libro che si legge d’un fiato, e questo lo è stato.

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