
"La tripla vita di Michele Sparacino" di Andrea Camilleri****
Posso dire? Bello!
Me lo sono letto l’altra notte, prima di un incubo brutterrimo con tanto di sorella urlante e madre squartata da incidente, e mi è piaciuto proprio. L’avevo iniziato il giorno prima, cercando di seguire l’ordine che mi sono imposto per lo smaltimento progressivo del mio non-bagaglio culturale cartaceo.
Questo libro era finito molto in alto, nella lista, perché è corto.
Un novella.
Ora, sia messo agli atti, io sono un forte, fortissimo sostenitore della novella. Lasciate perdere che io abbia una preferenza per i libri corti, perché penso che nella vita le cose da dire sono sempre poche e la roba grossa è tanta fuffa. La novella però, più o meno di questa misura (una 60ina di pagine) la trovo ideale per raccontare storie che non stufino che che, alla fine, lascino qualcosa.
Se poi avete per le mani un ragazzetto delle medie che studia la storia di terza, o uno che studia quella di quinta superiore, be’, questo testo è anche molto, molto istruttivo.
Non perché racconti la storia, non scherziamo, ma perché una vicenda così ben amalgamata al suo contesto storico (1984-1917, per lo più) fa molto più bene che un libro di saggistica che racconta lo stesso periodo. Detto questo, vi dico perché ho trovato molto bello, questo libro, anche e soprattutto per me che Camilleri non lo conosco e di cui, a parte un unico libro, la forma dell’acqua, non ho letto altro. Tanto per cominciare, as usual, si supera abbastanza in fretta la sua sicilianità narrativa, perché a parte qualche parola, non necessaria per la comprensione, si capisce tutto.
Poi perché la pirandellainità e il sarcasmo celate in queste righe sono così dense che è impossibile non apprezzarle e molto difficile smettere di leggere fino alla fine.
Si critica almeno due cose, una banale, una un po’ meno.
La guerra, e il comportamento delle Stato italiano in generale, dalla merda dell’esercito durante la Grande Guerra, alla merda dei tribunali militari per risolvere il problema del brigantaggio.
E poi si critica il cattivo giornalismo. Le interviste fantasma, per esempio, fatto che qui, genera la seconda vita di Michele Sparacino, che diventerà terza dopo la sua morte.
Si perché a causa di un giornalista che si inventa la cose, Michele Sparacino è un bambino in fasce, in salute, certo, ma è anche un pericoloso sobillatore e agitatore della quiete del paese di Vigata, nonchè, ovviamente, imprendibile, per quanto prefetti e carabinieri ci provino. E vive, Michele, la sua seconda vita mentre vive la prima, che finirà dopo il fronte e dopo Caporetto.
Emblematico l’inizio della vicenda: 10 minuti di ritardo dell’orologio del Municipio.
Per quei dieci minuti si arriva agli scioperi, alle agitazioni, a una sorta di rivoluzione nel piccolo borgo di Vigata che sarà tenuta d’occhio persino dal Governo, viste le imprese di questo Sparacino.
Ora però, vi dico altre due cose, nel caso lo voleste leggere.
Prima cosa. Questo libro è stato pubblicato nel 2008 per una collana di cui non conoscevo l’esistenza che, assieme al Corriere della sera, a 2.99 euro (troppo, per i miei gusti), regalava uno di questi “Corti di carta”, ovvero novelle di autori italiani, anche molto validi. Non so quante ve ne sono? Qualcuno di voi li possiede? Me li regalereste? Questo è il numero 9, ma mi piacebbe avere anche questi, oltre a leggere I Corti, solo che questi non riuscirò a recuperarli per biblioteche, essendo che sono senza codice isbn e per trovarli posso sperare solo sui mercatini.
La seconda cosa che vi dico, però, è che questo libro è stato ripubblicato, dalla Rizzoli, le pagine sono diventate 90, (cazzo, 90!!!) e lo fanno pagare 12.50euri! (si, sticazzi, un furto, diciamocelo). Okay, qui su libreria universitaria lo trovate per meno, ma insomma, fa capire sempre come il mondo editoriale sia fatto di ladri, pronti a cavalcare il successo di tizio o caio.
La terza cosa che vi dico è la genesi di questo racconto, che è del tutto pirandelliana. Copincollo da wikipedia, che a sua volta cita l’appendice del libro di cui sopra:
Questo romanzo di breve estensione è uno di quelli che Camilleri scrive per suo “divertimento” personale e che non sono destinati alla pubblicazione. Questo tipo di racconti gli nascono da considerazioni casuali come nel caso di Michele Sparacino dove l’ispirazione gli venne riflettendo sull’ultima frase del romanzo I vecchi e i giovani di Pirandello nel quale si narra di un ex garibaldino che indossa medaglie che non gli appartengono e che rimasto ucciso in uno scontro con i soldati italiani questi si domandano, allo scoprire tutte quelle onorificenze, «chi abbiano ucciso: un eroe o un mistificatore?»
Direi che per un libro di 60pagine vi ho detto pure troppo, voi fatemi saper se possedete dei Corti di Carta, eh, mi raccomando. Io vi saluto con un pezzo del racconto, così vi fate un’idea anche del sicilianesimo. Vi piglio proprio il pezzo chiave, dove si scoprono i dieci minuti di ritardo.
L’indomani a matino Nanà s’arripresentò all’anagrafi.
«Signi mio, mè mogliere mi spiegò che mentri mè figlio nasciva il ralogio del municipio sonava la mezzanotti.»
«Perciò, dato che poterne sceglili, avemo addeciso che nasci il quattro.»L’impiegato non disse nenti, ma supra al registro scrissi tri. Nana, che accanosciva i nummari fino a deci, s’arraggiò. «Vi avivo ditto quattro!»«Amico mio, il ralogio del municipio va avanti di deci minuti abbunnanti. Perciò…»«E voi come fate a sapirlo?»«Pirchì io ho questo.» Tirò fora dal taschino del gilecco un grosso ralogio che supra al coperchio della cascia aviva addisignato un treno che faciva fumo.
«Questo» prosecuì l’impiegato «è un ralogio delle firrovie dello Stato. Non sgarra di un secunno.»