"Baita dei pini" di Susanna Tamaro**(*)

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"Baita dei pini" di Susanna Tamaro**(*)

Ho venti minuti, per aggiornare, ma non me ne servono di più.
Aspettate che metto la musica.
Allora.
Vi ricordate i Corti di Carta?
Ecco. Ieri ne ho trovato uno, come al solito, al Banco Libe(r)o, dove era da tanto che non andavo. 
E ieri avevo anche la luna.
Allora ho fatto l’uomo dalle gambe incrociate che ascolta nick cave col telefono spento e legge.
E ho letto questo.
Più che altro per togliermelo dal comodino, visto che si legge in poco più di una mezzora.
Sono tutti così questi Corti di Carta, di questa edizione, intendo.
Sì perché ce n’è due, quelli con la carta patinata e questi, ruvidi e più belli. Non ricordo di che anno sono.
Aspettate che vedo. 2007, ecco.
In ogni caso, lo sapete che mi piace collezionarli. E il bello di non averlo, di non aver saputo della loro esistenza, è proprio quello di trovarli, insperatamente, qua o là.
Questo poi, era il numero due, e in questi venti minuti di cui otto sono andati, devo anche aggiornare il post appost. Ma ce la farò.
Questa storiella è della Tamaro. Quella che tutti conosciamo per essere quella del Cuore che porta via, che è di Trieste, che per quanto ne ho sentito e letto è anche una persona che mi piace. Ecco. 
Magari che non fa per me, come scrittrice e i temi che tratta, che sono tendenzialmente vicini a una gnagnoseria emotiva, che però non vuol dire che siano belle storie.
Questa storia, mi sa, era proprio una storiella. 
Che lo capisci subito, dal modo in cui arrotonda la scrittura, nella prima metà di racconto, che qualcosa succederà. Tutto bello, tutto preciso, tutto meraviglioso. Lui e lei che non sono la famiglia idilliaca da figlie e festa, ma una famiglia moderna che casa e lavoro con qualche sfiga che però non li allontana dal proprio sogno, la piccola casetta in montagna, alla pensione. 
Gli indizi sono fin troppo smaccati, su quello che succederà e questo boh, un po’ nuoce. 
Se sai già dopo la prima volta che due si incontrano che tromberanno a poco ti serve costruire la perfezione di un rapporto perché faccia molto rumore rompendosi. Ti aspetti il botto, e quando arrivi avevi già le mani sulle orecchie. Ma insomma… non è poi nemmeno una critica, visto che mica è un giallo, questo. E nemmeno un thriller. E’ un lavoro in tema coi temi d’oggi, d’ambiente e sua distruzione, fosse per metterci una piscina, fosse per metterci una piscina di liquame. (Certo, la protagonista che prende costume e cuffia e non si accorge della differenza ti spara fuori dalla storia e non ci credi più).
Poi c’è lui, il protagonista e dolce metà della coppietta di pensionati. Che si chiama come Fantozzi, credo forse volutamente, visto che la vicenda si inserisce proprio in quello stile. La rivincita di un borghese piccolo piccolo che si trasforma in tragedia. Tragicomica, ovvio, ma pur sempre tragedia. Una risata finale, con il finale cattivo che è la cosa migliore, ti scappa, ma tutto lì. 
Poi, ho come la vaga impressione che sia di quelle storielle inutili che alla fine te le ricordi a distanza di anni. Vabbè… comunque posso metterlo via, sullo scaffale.
E vi posso raccontare anche questa storia triste. 
Sono stato al banco libro venerdì sera, tipo alle 18.45, a un quarto d’ora dalla chiusura. E poi ci sono tornato ieri, alle 17.00 proprio alla riapertura. E mentre ero lì che scartabellavo tra gli scaffali, vedo un sioretto che piagnucola con la siora. 
“Ma possibile? C’era un Borges, qui. E ora non c’è più. Possibile che mia sia sbagliato? Pensi, l’ho visto proprio venerdì… dovevo prenderlo oggi, sono venuto apposta, e non c’è più. Per caso l’avete tolto voi?”
“Eh, no, sa, l’avranno preso, c’è tanta gente.”
E lui, tutto dispiaciuto, dice che era un libro vecchio, di un racconto che non conosceva. E gli sembrava molto difficile che lo avessero preso, visto che lo aveva lasciato lì venerdì e oggi è venuto presto proprio per prenderlo. Insomma… ti faceva proprio pena, poveretto.
Glielo avrei davvero procurato io, quel Borges, se avessi potuto.
Ma non posso, perché non ho capito se si riferiva a “Oral” o a “Il manoscritto di Brodie” che sono qui, adesso, sul mio scaffale, presi proprio venerdì sera. 

Comments

  • 8 Ottobre 2019

    Io quando vado al Banco Libero prendo tutti gli Adelphi che trovo. L'ultima volta ho preso Il ritorno di Casanova di Arthur Schnitzler. Dopo arrivata a casa mi sono accorta che ce l'avevo già. Magari glielo riporto.

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