
Streghe, cordoglio, superfici e contagi
Volevo mettermi ad aggiornare il blog.
Perché hanno sospeso il campionato, e comunque io già non avevo nessuna voglia di andare allo stadio.
E di che libro parlo? Di Cerami, di Brooks, di Hammett?
Non avevo voglia.
Non ho voglia.
Le cose belle, per gli altri, hanno bisogno di un po’ di scintilla, dentro, di un minimo di… non so, forza, ecco.
Non è importante, forse, se positiva o negativa.
Riflettevo qualche giorno fa di come la mia sia quasi sempre positiva, virata al fare, piuttosto che al distruggere, al condividere il bello, piuttosto che il brutto.
Ma di come, pensavo, avessi bisogno delle malinconie, ogni tanto.
Non posso farne a meno, è un po’ come l’ombra dove riposare la positività.
E di tristezze, certo, di malinconie, ne arrivano sempre, son cose che vengono da sè, e mica serve andarle a cercare, direte voi. Ma non è vero. Chi è stimolato, ferito ma sanato, dalle malinconie, sa cosa intendo con l’andarsele a cercare, dentro o fuori, e goderne, intristendosi, per un po’.
Comunque, la faccio breve, è finita che adesso non ho più voglia di parlarvi di libri, né di aggiornare il blog con qualcosa di interessante. Il cordoglio è una cosa contagiosa, e le vie per le quali ti arriva sono strane. Questo cordoglio calcistico, di Morosini, che adesso viaggia come tutti i cordogli, velocissimo, sui fili sensibili del web, ecco, non è questo il modo in cui mi è arrivato. Sono cose che passeranno, lo sappiamo.
Io la stavo pensando solo da calciatore, forse i calciatori mi capiscono meglio, o gli sportivi in generale. E’ una sorta di comunanza, di fratellanza, quel che si dice essere avversari e non nemici, e condividere, insomma. Come avevo letto, in rete, deceduto, a me era passata la voglia.
Sì, certo, si potevano fare le cose, sì. So fare tutto, se voglio, sono un discreto attore, nella vita. Ottimo quando si tratta di recitare la normalità. Però stasera, forse, avrei fatto a meno, di andare allo stadio, prima ancora che rimandassero eccetera eccetera.
Le superfici sono ottime, per sguazzare, ma sguazzare è bello se ogni tanto nuoti. Se ogni tanto vedi il fondale e le radici.
Ma ormai, visto che ho aperto il post, e prima di isolarmi in una serata quieta e invisibile, vi lascio qualcosa. Poche cose.
Vi dico di comprare il sole, domani, con i racconti di Bram Stoker, che secondo me meriteranno.
Vi dico che sono appena tornato da una piccola premiazione, roba di poesia in lingua friulana, dove dovevo leggere la mia poesia segnalata. L’anno scorso scrissi una poesia su mio zio, morto da non molto, e finì che piangevano tutti. I miei, io che leggevo, altra gente in sala.
Tutto un frignare. Da morire dal ridere, col senno di poi, mio zio, che era un borderline di quelli veri, ne sarebbe stato fiero.
Quest’anno è andata meglio, hanno pianto solo i miei, mentre gli altri no. Nemmeno io. Ero un po’ emozionato, ma perché pensavo a Morosini e al fatto che in fondo, povero, era stato più sfortunato di altri. Pensavo alla poesia, alla gente che viene lì a chiedermi “ma stai scrivendo, cosa scrivi, altre poesie? libri? conosci per caso?” e via di questo passo.
No. La risposta è.
E rimangono male.
Così pensavo, mentre leggevo, che io, al contrario, sono stato più fortunato di altri, e forse dovrei tentare di lasciare qualcosa di bello, attorno. A volte, sono quasi sicuro, lo faccio già, solo che poi finisce tutto in ricordi, in pensieri soggetti a dimenticanza. Be’ per farla breve, mi è presa un po’ di quella malinconia sana, che mi fa interrompere di fare il blog, per adesso, e mi fa fare uno strappo alla regola, al parlare di libri. Vi saluto con la poesia di stasera.
Lo so, lo so… voi non capite il friulano, ma io, un po’ per gusto un po’ per esercizio, l’ho tradotta già quando la scrissi, anche se non vale nemmeno la metà, in italiano.
E’ una poesia per me, e per la mia strega conclamata, che però si chiude in senso gererico. Potete leggerla anche in friulano, certo, qui sul Salvadeat, ma potete non leggerla affatto e tornare qui domani, o dopodomani, che vi parlerò di Cerami, di Hammett o di Brooks, vedremo come mi gira.
Intanto… buona serata.
STREGA
Scoprii presto
Che eri una strega
Conoscevi la geografia delle case
Il dove dei perché
Trattavi gli incubi come calzini spaiati
Dimenticati in un cassetto.
Che eri una strega
Conoscevi la geografia delle case
Il dove dei perché
Trattavi gli incubi come calzini spaiati
Dimenticati in un cassetto.
Avevi pozioni per nascondere
I sapori nei cucchiai
E le monete
Sotto i cuscini.
Imponevi le mani
Per domare le coperte, le pieghe
Le macchie, i nodi delle scarpe
E delle gole.
E volavi, certo,
Su una scopa da una stanza all’altra
E ora che hai ossa di vetro
E occhi di cristallo,
Non ho più tempo,
Madre mia,
Per le tue tasche vuote.
gigi
Sì, lo spleen è un sentimento che ti avvolge, in cui ci si adagia: è qualcosa di riposante. Insomma: una pausa di riflessione, uno stacco.
Giustamente lo condividi in questo post e, giustamente, quello che più lo rende "fruibile" è la poesia.
Insomma il pianto è liberatorio e le occasioni per praticarlo sono purtroppo frequentissime. In genere lo si combatte, lo si considera una debolezza, poi all'improvviso ci si lascia andare e la tristezza ci permette di continuare a vivere malgrado tutto quello che abbiamo perso.
In fondo piangiamo su noi stessi, sulle cose che ci feriscono, sui lutti, sui vuoti che non riusciamo a colmare. Al posto della rabbia, subentra l'accettazione.
E allora lo spleen ci culla, ci traghetta da un tempo all'altro, ci cura mentre ci riposiamo in esso per affrontare di nuovo la giornata.
Le jour se léve, il faut tenter de vivre.
gelo stellato
eh già… lo strano è farlo da felici, ma questo dev'essere una cura tutta mia, per prolungar la gioia!
Buon giorno carissima!
E buon giorno a tutti! 🙂
Daniele
Bella, io non leggerei mai nulla in pubblico, manco un racconto, figuriamoci una poesia. Complimenti per la segnalazione 😉
Frank
Anche il post è più bello in marilenghe.
Mandi.
gelo stellato
@grazie Frank
al jere un pôc che no ti sintivi, colpe me, che soi un pôc spierdût, in chescj dîs, ma ogni tanti pierdisi al fâs ben 🙂
@Daniele
macchèvuoi, a quello, tra reading dell'osteria, letture varie, serate e riunioni di lavoro sono abituato, però le cose personali, ecco, quello è vero, sempre meglio lasciarle ad altri.