“Lettere da un tempo lontano” di L. Mattotti, G. Giandelli, L. Ambrosi

“Lettere da un tempo lontano” di L. Mattotti, G. Giandelli, L. Ambrosi

Fuori c’è quel che resta di una luna piena, di qualche giorno fa.

Prima, a sera, era appoggiata all’orizzonte, solleticata dagli alberi.

Adesso invece è alta e appena finisco questo post uscirò a guardarla.

Forse con un white russian, forse no.

Ho acceso la zucca. Lo faccio ogni sera anche se il 31 è passato da un po’.

Mi piace vederla rinsecchire, asciugarsi al fuoco più che marcire.

Mi piacciono i denti che assottigliano e ripiegano.

Ci si può infilare la mano intera, adesso, nella sua bocca.

E’ comodo per togliere i lumini consumanti e metterci gli altri.

Ho il fuoco accesso e aspetto che scaldi.

Adesso sto ascoltando questa cover, colpa di Luca.

Su youtube ho 260 notifiche, credo che almeno metà siano interessanti, ma non.

Fuori c’è la 500, prima ho pulito i vetri.

Devo anticipare la sveglia, per andare a lavorare col mezzo mille.

Se questo post vi sembra rarefatto, slegato eppure sensato, ecco, il libro di Mattotti

Mio regalo agostato e sereno, è proprio così: rarefatto, sereno.

Mattotti lo conoscete.

Non dico dagli orsi in sicilia, ma forse anche da altro.

Disegnatore, forse tra i più cool, italiani, attualmente. Il libro, gran formato, colori, pieno di sfumature, è della Logos, un 2019. Alla fine ci sono un bel po’ di schizzi preliminari, poi uno scritto di Mattotti stesso. All’inizio c’è uno scritto di una delle due autrici dei testi. Quest’ultimo l’ho letto, ma credo che non leggerò quello di Mattotti. A me piacciono i disegni, e qui, più che i disegni, ti devono piacere le atmosfere.

E’ un libro di malinconie, questo. Tutto sembra fluttuare. Sono 4 storie brevi, di poche parole, spesso molto pesate, distillate. Le malinconie non sono tristezze, si badi. In queste malinconie c’è tenerezza e pesantezza, allo stesso tempo.

Sto ascoltando anche una cosa adatta, adesso. Questa.

Anche il titolo è estremamente adatto a questo libro.

Modern souls.

Mi fa male un dente.

Ho masticato troppe croste di pizza.

Prendo un voltaren.

Oggi ho fatto la stessa lezione a Sara e alla 2C.

Sara è la prof di un’altra seconda.

E’ stato divertente.

Prima ascoltato Seal.

Mi chiedevo che fine avesse fatto.

Ha sempre uscito dischi, non ha mai smesso.

Gli ultimi sono di cover. Cover soul di canzoni fin troppo famose,

Seal non è Thom, bisogna metterlo agli atti.

Io ho disegnato anche. Laltro ieri e oggi. Vi matto qualcosa, poi, di tutta questa rarefazione.

Torniamo a Mattotti. Alle sue 4 storie. La prima si chiama Dopo il diluvio. E’ strana, destabilzzante. Una donna, un aeroporto invaso dai gamberi, un’oggetto senza mistero e senso, che diventa misteriose. E lo rimane. Uno storia che lascia estraniati. Bella. I suoi pastelli, in qualche tavola, sono davvero… come dire, fra l’angoscia e il delirio, eppure non spaventosi. Se ne trovo ve ne metto.

Poi c’è la seconda storia. Minimale. Due tavole, otto riquadri, tristissimo, e straniante. Parla d’amore e di tutto quello che amore non è. Poi c’è la terza storia. Lo stile rimane, il titolo resta nella sua identità: “Lontano, molto lontano”. Pochissime tavole, vignette senza testo, che è piazzato in calce. E poi si chiude.

Si chiude col titolo della raccolta, ovviamente. Ed è il pezzo migliore. Aeroporto, famiglia, tristezze e ritorni. Esseri umani. E poi è già finito tutto. Intendo il graphic novel e le storie. Siamo a poco più della metà.

E intanto io ascolto Romy, che è uscita con un pezzo.

E poi il tiny desk di Beth Gibbons. E poi quello dei Fountains, vecchio. Sono meravigliosi.

E poi forse basta così. Vado a dormire. Perché è ora.

Prima cambio i lumini alla zucca. E tutto diventa

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