“La zattera di pietra” di José Saramago****

“La zattera di pietra” di José Saramago****

Ecco. Me la prendo comoda.

Anche se avrei mille cose della lista di oggi da finire, anche belle, une l’ho già saltata, la farò domani, e le altre la farò dopo aver finito di parlarvi di questo libro, un Saramago, che ho terminato la scorsa settimana e che avevo cominciato da un po’, ma come al solito, a 2/3, mi ero perso via. Comunque… visto che me la prendo comoda, vedo anche di farmi un black russian di mezza serata e di cambiare musica, soprattutto.

Perché con la musica sto facendo questo. Dopo aver dipinto quei meravigliosi armadi e aver riposto tutti i cd sopravvissuti al digitale ho scelto per un banale e comodo ordine alfabetico. E ho deciso di riascoltarli tutti. Ma tutti eh. Senza saltarne nessuno. Alla peggio, se mi stufo di uno, lo rimetto giù senza finirlo, ma è difficile. (per farvi capire il livello, ho ascoltato pure gli Aeroplani italiani, prodromi hip hop di bertallot, con 15 amandoci che trovo canzone simpaticissima e avevo dimenticato di saperla a memoria, come zitti zitti, per altro) E sono partito con la A. Ero arrivato a Ani Di Franco, uno vecchio, che non digerisco e non digerirò mai. E adesso toccava a un disco che avevo comprato solo per una canzone. One armed scissors, se non erro, e comunque il disco è quello degli At the drive in. del 2000, ma non è la musica giusta. Troppa rabbia, troppa urgenza. Meglio forse Vermicide, la canzone più bella di quello là, fatta coi Mars Volta, ma anche qua… troppi cambi di direzione, nel pezzo.

Che poi, i cambi di direzione sono ben adatti a questo libro. Così come quelli che fa la penisola iberica che diventa isola. E vabbè. Ma ora ho cambiato. Ho mollato un po’ di vermicide sul tubo ma ora basta, vado al mio digitale e ascolto i Minor Victories, non chiedetemi che disco, comunque uno bello.

E partiamo dall’inizio.

L’inzio è che io in questo 2003 ho pubblicato un libro. Zaraton. E ci ho fatto degli spettacoli. E negli spettacoli è entrato Stefano, a fare foto e dare una mano. E Stefano è chiaramente un divoratore di libri.  E mi fa… Ma, ma ti sei ispirato/ hai letto Saramago? La zattera di pietra? E io, ovvio, son caduto dal pero. Sì, okay, Saramago è quella cosa là, impegnativa e inarrivabile che ti lascia la testa piena per mesi, se leggi Ricardo Reis o il Vangelo. E di Cecità già vi ho detto, che pur essendo un must, amatissimo, non è che mi ha fatto impazzire in toto. Ma questo titolo proprio non l’avevo mai sentito.

Ma perché? Gli somiglia? E Stefano, che è un lord, non ha detto “Praticamente hai scritto lo stesso libro” ma lo ha pensato. Ebbene sì. Un plagio inconscio con quasi 40 anni di ritardo. O meglio, preferirei dire, lo sviluppo di una idea molto simile, ma rivista con un avanzamento temporale e – soprattutto – tecnologico, di qualche decennio.

Ma vengo al punto.

Nella zattera di pietra, spiegato da fenomeni misteriosi e inspiegabili, capita che la penisola iberica – Spagna e Portogallo – si stacchi e cominci a viaggiare, a galleggiare nell’oceano, allontanandosi dall’Europa. Quali sono questi fatti inspiegabili? I cani dell’inferno, e uno in particolare. Un vecchio che sente tremare la terra sotto i piedi, in seconda battuta. Pedro Orce. E poi due uomini. Uno seguito da centinaia di storini. Ovunque. Sempre. E uno che ha lanciato un masso a una distanza impossibile. E poi due donne. Una che ha tracciato con un bastone un segno sulla sabbia e un’altra che è legata a un filo azzurro. E queste persone si uniranno. Si formeranno due coppie. Ci saranno due storie d’amore. E ci saranno gli sviluppi di un fatto assurdo come quello di una zattera di pietra grande quanto la penisola iberica che si è messa in viaggio.

Ora… Non sto a dirvi cosa succede in Zaraton. Ma diciamo più o meno la stessa cosa, solo con il Friuli. La differenza enorme, pur dentro un abito largo che veste la storia di simbolismi politici, economici, morali e soprattutto socio-culturali, è che Zaraton ha una sua identità, ribelle e cosciente, avida e feroce, indomabile e pietosa, mentre la zattera di pietra sembra essere governata (inconsapevolmente) dai movimenti dei nostri straordinari, ordinari, protagonisti.

Da dire, non omettibile, è che è un libro politico. Ovvio. Europeista e antieuropeista in contemporanea. Critico sulle divergenze fasulle tra portoghesi e spagnoli ma anche sulle loro diversità accentuate. E critico su come il “potere” fronteggerebbe un evento simile.

Ecco. Io non sapevo nulla di questo libro. E di certo credo siano figli di un archetipo comune, che è lo stesso che ha partorito il mito degli zaratan e Atlantide, per capirci. Quindi non mi sono fatto grosse paranoie dal leggere un libro molto simile al mio, ma scritto cuarenta anni prima. Ci mancherebbe. però è una cosa curiosa, e anche deprimente e stimolante allo stesso tempo.

Ah, cazzo! Prima che mi dimentichi. Se per caso volete leggere La zattera di pietra (e lo consiglio a tutti quelli che hanno letto Zaraton e a tutti quelli che amano Saramago) ecco, fatemi un favore, quando arrivata a pagina 77 di questo libro, alla riga in cui Pedro Orce dice a Joaquim Sassa e Josè Anaiço, tipo a 2/5 di pagina, nell’unico a capo che c’è, “Se avete un posto per me, vengo con voi” – Ecco, li mollate e andate a leggere la post fazione di Saramago stesso, che non è una post-fazione, ma un pezzo di libro che andava lì e che serviva a capire abbastanza più cose del finale. E lui poi lo dice, Saramago, dico, dice qualcosa tipo “Eh, scusate, mi taglia qua, taglia là, non ho messo ‘sto pezzo, so’ 5 pagine, mica tanta roba, ma serviva, mi sa e allora ve le metto qua.”  E mettice un asterisco, no, diodellebestieinfuocate, ante te. Anyway. Non succede niente se arrivate in fondo e leggete le 5 pagine che. Tanto il libro così era uscito e funzionava lo stesso. Ma mi sono un po’ perso…

Ah, sì. Dicevo. Questo libro che assomiglia tanto al mio eppure è, nelle viscere, molto diverso, mi è piaciuto? No. Non del tutto. Cioè, è un grande lavoro. E la prima metà ti incanta. Il mistero, le vite che si chiamano e uniscono. Le città vuote o in rivolta, i politici che fanno i politici, sciacalli e poeti che diramano da ogni incontro… bello. E belle. Molto belle, devo dire, sono le due donne.

[Ah, ma poi, ora sto ascoltando questa qua, che il supergruppo (ma quanto è da sfigati dire supergruppo?) dicevo, che ha fatto con Mark Kozelek, bella. Molto. Ma poi il Kozelek, pensavo, mi ha fatto compagnia per un ultimo dell’anno in cui ero qui, solo, dove sono adesso, e ascoltavo la radio, e hanno passato Benji, per intero, che discone, che poi era sotto il nome di Sun Kil Moon. ma mi perdo via, scusato. Metto le quadre e torno al libro]

Eccomi. Dicevamo? Le donne di Saramago. Queste due qua.

Eh… mica poca roba. Sono donne forti, padrone, con un carattere forse anche troppo deciso. ma sono beni personaggi, fino a due terzi del libro. Poi – attenzione spoiler – fanno quella cosa là che a Saramago piace tanto, anche in Cecità, e che a quanto pare lui reputa indispensabile alla natura umana. Scopare, si, ovvio. E non dico che abbia torto. Ci mancherebbe. Ma non è che tutti devono scopare tutti, sempre. O almeno, va anche bene, ma a volte sono granelli piccoli di un filo narrativo denso, che non meriterebbero così tanto volume. Lì, ammetto, mi hanno infastidito. Lo ripete parecchie volte, più che altro, questo concetto che potremmo chiamare Inevitabilità della scopata.

E volete sapere qual è la cosa buffa. Che a pensarci ce l’ho messa dentro anch’io, in Zaraton, l’unica scopata possibile, ma proprio perché era l’unica e fuori dalle regole e convenzioni l’ho resta talmente insignificante da non essere degna nemmeno d’essere raccontata, figuriamoci giudicata. Vabbè… e poi da li, comuqnue, il libro si trascina. Sembra quasi che l’esplosione dell’idea, l’avventuroso viaggio fatto di microviaggi, si sia trovato a secco di motivazioni, di perché, e si sia arenato.

Non vi svelo granché e non vi dico nemmeno che il finale è insoddisfacente, perché sarebbe una bugia. Il finale ci sta. Un romanzo corale come questo prima o poi deve scegliere tra i personaggi il suo re e sceglie quello giusto. Però non lascia quel bel sapore di sazietà. Le ultime pagine, fin troppo riempite di elucubrazioni sull’esterno ai nostri personaggi, è poco incisivo, se non diluito. E c’è pure un innesto finale, ripescato dalle prime pagine, che poteva avere un grande impatto e invece fa da comparsa.

Va be, Poi non fraintendete. La zattera di pietra è comunque un romanzone, un gran bel libro di fantascienza sociale che va letto, se vi piacciono questi modi di giudicare il mondo. Però non è dirompente. E non credo voglia esserlo. Alla fine, credo il problema sia quello che anche io mi ero posto. Io voglio raccontare una storia dove un evento cambia il mondo ma crea anche un micro mondo di emozioni piccole. Io l’ho risolto con l’alternanza e la separazione. Un capitolo a testa. Saramago ha fatto un tuttuno e secondo me ha reso meno digeribili entrambi i lati.

Voglio dire, sei li che ti emozioni per Joana Carda e il suo colpo di fulmine con Josè Anaiço, o per il tetris perfetto tra Maria Guavaira e Joaquim Sassa, e poi ti entra un governo di unità nazionale che dice cose o il presidente degli Stati Uniti che dichiara cose ma poi di nuovo il cane fa meraviglie e tu vorresti dire Oh, e poi Ah! e poi di nuovo Oh… e tutto si mescola. Certo… lo stile è saramagico, e se lo conoscete sapete bene cosa intendo, e non mi riferisco solo ai dialoghi liberi e al blocchi zeppi di incisi. Però a volte si vorrebbe far galoppare l’occhio fra le righe e non sempre ci si riesce, e s’inciampa.

Ah, ma poi, sapete che ho trovato un minipimer della Girmi a 9.90euro, oggi, e costava 18 ma era in promozione galattica e alla vecchia si era appena rotto? Un cool che non vi dico. E va anche benissimo. E anche la foto per la lapide su ceramica che è arrivata oggi e che, dice la vecchia, “sembra vivo” e io devo ricordare alla vecchia che quando gli ho fatto la foto… mio padre era vivo. E niente… Era per dirvi di come non sia agevole mescolare cose come queste, diversa emotività.

Okay… sono le 23.35. Potrei andare avanti per un bel po’.  Ma no. Mi fermo.

Ma nel frattempo è partito Michael Kiwanuka.

Se non lo conoscete, siete poveri, ma vi potete arricchire subito.

Ascoltate questa. Lo so, ve l’avrò già consigliata. Ma uno che vive senza ascoltare in loop Cold little heart nemmeno una volta non ha vissuto veramente. E credo lo stesso valga per Love & hate. E non che One more night faccia schifo eh.

Ma ora basta. Vado a dipingere, scrivere, parlare agli spettri per raccontargli del minipimer a 9.90.

Saramago, per sta volta, lo lascio andare alla deriva.

 

 

 

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