Due parole su Zaraton…

Due parole su Zaraton…

Quasi sicuramente, da qualche parte nel sito, ne ho parlato, di questo libro, ma la verità è che in questi ultimi dodici mesi pieni di morti, malattie e disastri di ogni genere e natura (ma anche cose belle e tanta creatività, eh, ci mancherebbe), non mi ricordo un cats e di sicuro so che non avevo aggiornato la pagina del libro, qui sul sito. Non è aggiornata del tutto nemmeno adesso, o meglio, è aggiornata, ma solo in italiano… Ma insomma… il contenuto c’è, per il bilinguismo ci sarà. Quindi, se volete sapere delle cose su Zaraton, cliccate là, sulla pagina delle opere e trovate un sacco di curiosità. Ma siccome so che siete pigri, io faccio anche questo post, visto che è già venerdì e arriva la newsletter a quei quattro gatti che sono iscritti. Ma poi, più che altro non ho sonno e mi va di perdere tempo a chiacchierare dei cazzi miei, che poi è il motivo per cui tengo questi sito.

Dunque… tipo non so, che adesso, come ogni giovedì notte che posso, ascolto la musica nuova. Non tutta, perché non ho capito se c’è una sezione di spotify che ti dice dei dischi nuovi e ogni tanto qualcuno me lo perdo e me ne accorgo dopo. Ma in linea di massima, i pezzi nuovi li becco già adesso. Ecco… stanotte non è uscito un cazzo di bello. E voi direte, embè, è estate, stanno tutti col cool in vacanza, che vuoi che esca, solo canzoni di merda estiva (ho fatto una playlist con questo nome, okay) e invece io vi dico no, non è vero. Tipo la scorsa settimana sono usciti i Blur, galattici, e anche Travis Scott, che già stufa un po’ ma dentro c’è roba buona, se non altro i feat. E proprio la settimana che fa schifo, mi sa. E ve lo volevo dire, così non vi fate aspettative musicali inutili. Ma di cosa stavamo parlando? Ah sì, del libro. Di Zaraton.

Dunque… Nell’aprile 2023 è uscito “Zaraton”, per i tipi (quanto fa figo dire per i tipi, eh? che poi io da gggiovane credevo fosse un modo di dire tipo per i tipi come fossero dei “tipi” che ne soi dei tipi fighi, dei tipi loschi, e invece era per i tipi del tipografo… ma poi, non credo esistano nemmeno più, i “tipi” oddio, mi son perso di nuovo) dicevo, per i tipi della Kappa Vu.  (Ah! A proposito, ho visto che se volete “Contis di famee” e “Altris contis di famee” sono in offerta. quanto figo è essere in offerta? Mi sento un vip) e come ormai ho detto dappertutto, ci sono almeno due cose fighe materiali, di questo libro. La copertina, tanto per cominciare. E voi direte? Ma sei scemo? E’ tamarrissima, è tra le copertine più truzze e orrende che la storia della letteratura possa vantare. Ma io vi potrei dire che non capite un cazzo, ma invece vi dico che avete ragione ma invece è perfetta. Leggete il libro e poi mi saprete dire. E’ nata durante un collegio docenti, dove come al solito avevo al seguito la mia penna bic a 4 colori (avete presente, no? Rosso, nero, blu, verde) che io sostengo di usare per correggere compiti, ma invece è solo per disegnare ogni volta che mi annoio, ovvero sempre. Dicevo che ero coi tempi strettissimi… questo libro è stato scritto in un mese e mezzo, e per fare le altre cose che faccio dei miei libri, tipo pensare all’idea di base della copertina, avevo solo il tempo delle altre cose. Sale d’attesa, riunioni, collegi vari… insomma, il multitasking era diventato legge. Bene, dicevo, durante ‘ste ore di collegio, scarabocchiando, è uscita la bozza di sta cosa e il Gian – dio lo benedica – ha uscito la tamarrata. Meravigliosa!

E poi c’è la questione di Easyreading io lo uso sempre. In primis perché non vedo un cazz (da parecchio e sempre meno) e quindi leggo meglio con i caratteri per dislessici e dintorni. Poi perché è il mio modo di esistere, quello di cercare di includere. Odio il times new roman, poi, ma soprattutto odio l’adattarsi, il mantenere le scelte altrui, come appunto il times o il times new roman solo perché te lo preimposta word. E un’altra cosa che odio sono le cose a parte. Tipo il triplo cesso, per farvi capire. Maschi, femmine portartori di handicap non se può vedè, visto che tutti e tre sono questione di merda e piscio. Insomma… sto divagando. Dicevo solo che uso sempre easyreading. Al lavoro, nelle altre cose, anche se ci va un po’ di carta in più, con ‘sto font (o ‘sta font?) e quindi niente, ne avevo parlato a Giuliano e lui si è ricordato e abbiamo approfondito e abbiamo (hanno) pagato i diritti e così sono abbastanza sicuro che questo sia il primo libro di narrativa in friulano scritto in easyreading, un carattere ad alta leggibilità dislexya friendly. Ora aspettate che mi faccio un mojito o una caipi, va, anche se è tardi, ma c’è una luna bella che fa cucù dai nuvoli e me la voglio godere un po’.

Dicevamo del libro però. Ecco… le cose curiose sul suo processo creativo, e quelle tecniche, le leggete nella scheda libro. Ma qui vi posso dire che se – come è probabile sarà – questo è il mio ultimo lavoro, ecco, sono contento, perché è esattamente il romanzo che volevo scrivere e perché è esattamente il tipo di romanzo che adoro leggere. Nel senso, non ho detto che la roba migliore che ho pubblicato, figuriamoci, Crypto è una spanna sopra, per dire.. Ma questo è figlio dell’urgenza, si poteva fare molto meglio, sia a livello di stile, sia aggiungere contenuto. Però non lo farei. Il libro è perfetto così. E’ un libro corto, tanto per cominciare, ma è denso, pieno di roba, di idee, di spunti, di simboli. Si ride, si piange, si riflette… è un libro che parla di temi serissimi, ma sfiorandoli, come se nuotasse nel fiume della fantasia mentre la serietà sono le rive. A me piacciono i libri così, e sono contento di averne scritto uno.

Ora pausa mojito…

Eccomi… chiudiamola. Sapete che roba è uscita? Un disco dei DM, quello di wrong, sound of the universe o quel che è, con tutti gli stracazzo di remix a fianco dei pezzi originali. Tipo per “wrong” ce ne sono 6, di remix… Tre ore e passa di disco… Ma chi è così pazzo da ascoltarlo tutto?!? Okay, tipo io, adesso. Ma torniamo al libro. Il libro è anche uno spettacolo. Ho finito di scrivere il copione oggi. Anzi, no, di sistemarlo. Lo spettacolo si fa giovedì prossimo, 10 agosto, e si chiude un cerchio (io, lo chiudo, voi non potete sapere e non lo saprete mai e per saperlo dovreste arrivarmi così vicino da scottarvi) e si fa qui a casa, a Sclaunicco. In attesa che inizi la sagra. Ed è interessante questa cosa del fare lo spettacolo presentazione a Sclaunicco, ha un senso. Io il libro l’ho scritto qui, in paese, nel giugno 2022, sotte le tettoie in eternit e bevendo le cose seduto fuori, guardando il campanile da lontano, e facendo le camminate notturne defaticanti (scrivere era faticoso, sì) dalla piazza alla chiesa, giusto per prendere le palestre pokemon o ascoltare un podcast. Quindi, quando nel libro si parla di un campanile, nella mia testa era quel campanile, idem per la fisionomia del paese, che è forse il protagonista vero del libro. Se c’è salvezza, ed è uno tra i vari livelli di lettura di Zaraton, la si trova nel concetto di “paesanità”. E’ lungo e inutile da spiegare, ma è dentro al libro. Ma resta che in quella cosa del cerchio di prima c’è anche quella cosa del paese, della paesanità, della teoria. Insomma… basta, va. Albeggia. Vado a dormire. Ma voi ecco, se volete venire, qui sotto c’è la locandina. A me sembra uno spettacolo figo, come il libro.

 

 

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