La narragenda 2024

La narragenda 2024

Allora… è lunedì e io vi dovrei parlare di un libro che ho appena finito, ma oggi è quella notte col bar chiuso e poca gente in giro, in cui si possono meglio fare i vandalismi e gli atti d’amore, anche se piovicchia, come stasera, e le cose ti girano attorno copiose e l’allagano, e quindi, se mettessi tutte queste cose che allagano dentro al post col libro finirei tra quattro ore, sarebbe le tre e avrei sputtanato la sera a scrivere un articolo che non leggerà nessuno.

Allora facciamo così, del libro, La zattera di pietra, ve ne parlo al prossimo post, e le cose copiose che inondano le metto in un post di poca sostanza, che mi serve solo per dirvi che è uscita la narragenda La Narragenda 2024. Ma adesso mi aspettate, che vado a togliermi le lenti a contatto e vedo di farmi il secondo black russian, ché insomma, la notte promette bene, ed è cominciata con recuperare una cosa bella, bellissma, il concerto a NPR di PJ Harvey, che satanassoludico, non capisco come fa a tenere dentro tutto quel fascino, a tener tutta quella duende, in un corpo solo, per altro esilissimo.

Eccomi… vi dicevo, mentre mi sto ascoltando il pezzo nuovo dei Grandaddy, che secondo me là fuori c’è sempre qualcuno che gli ricordano un mood, più che le canzoni, anyway, mi è arrivata la Narragenda 2024, l’altra settimana. E anche se è tardi, sai mai che volete regalare una agenda-libro, ovvero con un racconto per ogni settimana, io ve lo dico. Emanuele (Del Miglio) è sempre gentile, mi invita ogni anno a scrivergli un raccontino per la settimana di fine agosto, e pazienta sul fatto che ci metto troppo e gli chiedo ogni santissimo anno quanto dev’essere lungo o altre amenità. Insomma… (sono passato al nuovo The smile, uscito da un po’ ma non ero riuscito a dargli spazio, e comunque fa molto radiohead) è uscita anche quest’anno e come al solito ha una copertina bellissima, e io poi finisce che non la uso, e boh… almeno fate che ve ne parli. Tra l’altro, usanza mia, ogni volta che gli scrivo il racconto, lo traduco anche in friulano, e lo pubblico sull’osteria.

Quest’anno (ehi, ma Sampha è stato a NPR!!! Ascoltatelo, fatevi del bene.) ho scritto questo qua, un racconto tenero, che mi piaceva, coi colori dell’estate e il ronzio delle vespe. E devo ancora leggere qualcosa degli altri, quindi no, questa non è una recensione ma proprio un post di reclame, visto che faccio le cose e poi me ne dimentico.

E adesso basta, direi. Mi tuffo nel lunedì. Voglio fare il quadro con le carte da briscola mentre faccio spagnolo, e poi fare il disegno per il settima quadro da mettere davanti al naso, dopo che con Marge non sono riuscito a trovare una disposizione sul muro sufficientemente adeguata e secondo me è perché manca un quadro da sostituire. Ma giudicate voi, vi lascio la foto qua sotto.

Poi vorrei pure fare la locandina per lo spettacolo dei bimbi del 29 che poi da mercole non ho tempo che ho da andare dai Ministri e da Oh bej oh bej e sticazzi, qua mi si riesce a fare tutto. Però… vabbè. Almeno questo post l’ho fatto dai. Voi ascoltatevi anche Umberto Maria Giardini, se vi va. O se leggete in friulano potete godervi questa tetralogia di “racconti provenienti da cazzate” che ho scritto ieri mattina, perché appunto, è divertetente dire una parola o due, tipo cazzata, e scriverci sopra una storia. le cazzate erano “Papa senza coglioni“, “Plat-platât“, “Nobel alla memoria” e soprattuttoPiatto Unico, inteso non nel modo che intendete.

Alla prossima, va.

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