“Bolero berlinese” di Ingo Shulze****
Non sarà un post lungo, questo.
Ma ho quest’ora, e vorrei riporre questo libro. L’ultimo terminato, che resterà per molto l’ultimo terminato. Quello che sto leggendo (American gods) è bello e avvincente, ma non avrò molto spirito, nei prossimi giorni. Tornerà. In ogni caso, due parole, questo libro di racconti, le merita.
Fa ridere il titolo, tanto per cominciare. Quello tedesco è Handy. Dreizehn Storys in alter Manierd e dice del contenuto. Ci sono dei racconti, dentro. Io lo sapevo, prima di prenderlo, al banco libro, ormai eoni addietro, e anzi, io lo presi proprio perché erano racconti. Perché mi sembrava uno che avesse la capacitâ di scriverne di buoni, anche se non è certo il tipo in cui la trama è ciò che conta. Perché intitolare la raccolta di racconti, Bolero Berlinese, con quel fuoriviante titolo, che altro non è che il titolo di uno dei pezzi, e nemmeno il migliore o più rappresentativo, direi.
Eh… temo sia la solita arte dell’inganno. Forse aveva vinto, all’epoca, 2007 e spiccioli, qualcosa, forse il nome era girato un po’, e allora vuoi non tentare di far credere che non siano racconti? Non so… che male aveva il titolo originale, oltre all’esser un po’ troppo lungo? Riflessioni idiote, lo so, ma certo è che l’arte del racconto, della novella breve, con questi atteggiamenti continuerà a credersi di serie B.
In ogni caso, avevo letto Ingo Shulze in uno dei tanti piccoli libri che si compravano la domenica, col Corriere, e di cui trovate profonda traccia su questo sito. Ecco qua cosa ne scrivevo. Io non vado a rileggere, ché son giorni già pieni di nostalgia e non ne voglio altre. Erano i tempi dei week end al mare, lo compravo a Lignano, il giornale, o delle domeniche in cui tornavo a casa alle 7 di mattina (dopo aver dormito poco), per andare a giocare a calcio. Lo compravo sempre nell’edicola del centro studi, a Udine.
Ricordo che mi piacquero, quei racconti. E credo non debba essere male nemmeno la sua opera d’esordio, quella più celebre. 33 attimi di felicità. Ma pare che sia comunque uno molto cagato, tra gli scrittori tedeschi, e a leggere queste storie è anche abbastanza addentro al suo ruolo di scrittore, interpretandolo come mestiere (di libri e giornalismo). O almeno, sembra a pensare come autobiografiche le sue storie, o buona parte di esse.
Racconta di cose di vita, di vite normale, ecco cosa racconta. Del come ci comportiamo, del quanto siamo imperfetti e irrilevanti, noi essere umani occidentali benestanti. Siamo spesso in Germania, ma non solo; siamo spesso legati al suo lavoro, ma non solo. Spesso racconta di se stesso, ma altrettanto ben riusciti sono i momenti in cui descrive altre persone, la loro esistenza. E lo fa nel momento in cui succede qualcosa. Un’avventura che potrebbe anche non esserlo, ma che lo è.
Provo un po’ a sfogliare il libro, per raccontarvi qualche sputo di trama di qualche storia.
Ecco. Sì. Molto bello quello dell’ultimo dell’anno dove si sa che si incontrerà una ex. Non una ex qualunque, ma quella per eccellenza, con cui, in effetti, si sa già che era lei, quella con cui ci sarà sempre alchimia. E c’è tutto questo senso di attesa, questo cominciare a fare piccole cazzate, con la paura di chi si sarebbe trovati di fronte. E chiaro… gli anni son passati, figli e mariti e mogli e storie sono trascorsi, ma l’incontro c’è. E succedono cose.
E poi una vacanza in italia, con un mezzo crimine che rischia di farla combinare grossa. Ma capita, no, di picchiare qualcuno che se lo merita. Ma non si dovrebbe, soprattutto se le motivazioni sono triviali, economiche… come ci si sente, dopo? Cosa si racconta alle fidanzate? Ecco.
E poi la storia dell’orso. Meravigliosa, forse quella più piena di fantasia. Che però è credibile. Una storia di caccia e di un imbroglio. Di un orso da uccidere, messo lì di proposito. Un senso di fastidio durante tutta la storia. E pure una bella tensione.
E poi, un atto di vandalismo durante una vacanza. Quanto ci tocca veramente? Più di quanto siamo disposti ad ammetterlo, è la risposta.
O un litigio in strada, per futili motivi. La rabbia che non fa parte della quotidianità.
O ancora un donnaiolo borderline che stavolta sembra proprio essersi preso una fidanzata troppo, troppo giovane…
Cose così… a volte si sfiora anche il grottesco, anche se più nei pensieri dei personaggi, che nelle azioni.
Sono bei racconti, comunque. Oh, certo… se vi piaccione le storie in cui succedono molte cose, lasciate perdere. Qui ne succede una e non definitiva. Alla fine la vita continua a scorrere come prima, più o meno. I terremoti sono nei pensieri.