Zaraton

Editore: Edizioni Kappa Vu

Anno edizione: 2023

Pagine: 206

ISBN: 978-8832153408

Zaraton

Zaraton… Ce tantis robis di dî… Ancje masse, che no mes visi nancje dutis..

L’incipit dal libri lu ai scrit a Salamanche, chê citadine sfodrade di vite zovine, su lis rivis di chel flum che a àn li, che al somee il vâr, o il ghebo e insome, che flums di risultive che o vin te basse. Lu ai scrit suntun notes cuntune pene colôr arint cuntune code di pes parsore, comprde in chel negozi di pôcs bêçs, tipo Tiger, plen di strafaniis. Le vevi comprade di pueste, stant che o savevi che la creature che o vevi di scrivi e veve di jessi un zaratan zigant, “une vore bocon, un Zaraton” e al varès vût alc dal pes, dal retil, tipo scais anfibis o robe cussì, lovecraftiane, come che dopo al è stât. La pene e à puartât ben. I ogjets, dut câs, cualchi volte a son impuartants.

Ma poi… da dove viene questa idea, dove nasce questo libro? E’ una cosa curiosa, cercare di indagare a fondo il processo creativo. Uno pseudo incipit lo avevo scritto con Pablo, dopo qualche birra alla Public House, tipo 5-6 anni fa. Doveva essere una cosa folle, surreale e picaresca, ma che si basava su questa idea, che il Friuli non sia una regione ma un animale, e si stacchi dal resto d’Italia e cominci a vagare. Ma prima? Prima ne ho parlato con Gigi. Lui ha scritto un racconto simile. Avevamo la stessa idea, in testa. Ci piacciono i mostri, ovvio. E lui pensava a un isola, tipo la Sardegna, e poi invece è stato una sorta di atollo, minuscolo, in un racconto horror. Abbiamo preso strade diverse. Ma prima ancora? Prima c’era Elvezio, tanti anni fa ormai, il suo teratonomicon, i file che condividevamo e l’idea di lavorare su una raccolta di esseri simili, tra i quali, lo zaratan. Ne ho scritto pure uno, sul vorompatra, perché sullo zaratan avevo in testa qualcosa di grande. Ma… prima ancora? Ero bambino. Ricordo chiaramente di essere stato piccolo, molto piccolo. E so che era la superstrada, ed ero in auto con qualcuno, e guardavo le montagne al tramonto, tipo all’altezza di Gemona (ma chi può dirlo, parliamo di decenni fa) e pensavo che sotto quelle montagne c’è un dinosauro dormiente, e quella è la sua schiena, e prima o poi si sarebbe svegliato. Ecco, dove è nato veramente Zaraton.

Ma poi, a vederla meglio, dov’è nato veramente, sul lato pratico e non creativo. Non a Salamanca, no. Lì avevo scritto solo delle righe, su un notes. Se ogni volta che lo faccio avessi un libro ne avrei scritti almeno 50. No, è successo dopo. Credo fosse maggio, primi di maggio, a Codroipo, al Capriccio, o come cazzo si chiama quel posto della colazione in piazza Giardini. Ero con Lorenzo, facevamo colazione, appunto, quel Lorenzo che mi ha fatto le tavole per Cryptofriûl e gli dovevo un favore. Gli avevo promesso di fargli vincere nella categoria a fumetti. E ci sono riuscito. Mancava un mese, o poco più, alla scadenza e dovevo scrivergli il testo, fare la sceneggiatura in bozza…gli ho proposto la follia di scrivere il libro e il fumetto in un tempo record. Lui ha finito tipo verso il 26-27 giugno. Ho scritto le ultime righe di Zaraton intorno al 28 giugno 2022. Il finale, in realtà, era venuto prima sul fumetto, perché dovevamo chiudere, ma poi si è rivelato essere anche il finale perfetto del libro.

Insomma… non vi ho detto nulla, ma sul piano delle curiosità e del gossip, direi che ci siamo. Il libro? Fantascienza sociale pura. Ambientato in un futuro prossimo che una una inverosimilità quale il fatto che nel centro dello Zaraton la vita sia possibile, come nell’occhio di un ciclone, e che in quel centro tre persone fondino un mondo nuovo, sostenibile, che usa le cose buone moderne mescolandole a quel buon senso ampiamente perduto. Tutto è molto simbolico, tutto è metafora. Le tre persone sono tre generazioni, il Friûl che prende vita, autonomia, forza, usando le radici per entrare nel futuro e dominarlo, è ovviamente un piano di lettura metaforico. Ma dentro, in tutti i riferimenti e i richiami a storia, territorio, tradizione, letteratura folclore, c’è anche avventura e ironia. Non volevo una cosa noiosa, volevo azione. Ed è soprattutto un libro sui Media, su quel che è diventato il mondo, su come si è deformato. Ed è un libro sulla sostenibilità, sulla fine del mondo stesso. O l’inizio, chissà.

Ho scritto su due piani: uno esterno, mediatico, che vede Friûl, lo zaratan, dall’esterno. Un piano in cui si racconta la storia vista da fuori. Sono i capitoli dispari. Nei capitoli pari invece si guarda la storia dall’interno. Per la precisione dall’interno di un piccolo borgo del medio Friuli, come ce ne sono tanti. Riconoscerete in lui il vostro borgo, se abitate dalle mie parti. E’ un elogio alla provincia, al provincialismo nel senso puro e buono del termine, unica via di salvezza per attraversare il mondo globalizzato e iperconnesso e non perdere contatto con se stessi.

Non poteva, credo, essere scritto in italiano, o meglio, è un libro che lo meriterebbe, ma dovrebbe essere riscritto, diverso, cambiare completamente e non potrebbe essere altrettanto potente.

E della copertina, non ne parliamo? E tamarra da far paura, ma è perfetta. Brutta da fare il giro e diventare bellissima. E’ nata durante un collegio docenti, dove non riesco a concentrarmi e disegno, per non sprecare tempo. Uno sketch su un fogliaccio, ma l’idea c’era, e poi il Gian interpreta e mi manda ‘sta cosa più per ridere che per altro, credo, con quel titolo e… niente, era la copertina perfetta. Se lo leggete, converrete.

Un’altra cosa bella, è che è scritto in “Easyreading“ il carattere ad alta leggibilità per dislessici ma in generale per leggere meglio. Lo usavo sempre, quando facevo il prof, e la Kappa Vu è stato disponibile ad accettare la mia voglia di inclusività anche in questo aspetto.

Che altro dire? Che se è da secoli che mi sento chiedere il romanzo, adesso l’ho scritto, ed è esattamente il tipo di romanzo che ho sempre voluto scrivere (e che amo leggere). E’ il migliore, è il mio ultimo e altri non ne scriverò. Leggetelo.

Zaraton… Quante cose, da dire… Tante da non ricordarle quasi più.

Le sue prime righe sono nate a Salamanca, sulle rive di quel torrente che hanno là, che sembrava tanto i fiumi di risorgiva della nostra bassa, in quella città meravigliosa piena di vita giovane. Le ho scritte su un blocco acquistato in quella catena di oggettistica simile a Tiger, con una penna argentata comprata di proposito, perché aveva una pinna di pesce sul cocuzzolo. Al momento non sapevo ancora che tipo di creatura sarebbe stato lo Zaraton enorme, “une vore bocon, un Zaraton”, protagonista del libro. Ma sapevo che sarebbe stata una creatura con le scaglie, le pinne, che nuota… insomma… un pesce-anfibio-rettile, per quanto lovecraftiano, andava bene. La pinna è stata di buon auspicio. Gli oggetti, a volte, sono importanti.

Ma poi… da dove viene questa idea, dove nasce questo libro? E’ una cosa curiosa, cercare di indagare a fondo il processo creativo. Uno pseudo incipit lo avevo scritto con Pablo, dopo qualche birra alla Public House, tipo 5-6 anni fa. Doveva essere una cosa folle, surreale e picaresca, ma che si basava su questa idea, che il Friuli non sia una regione ma un animale, e si stacchi dal resto d’Italia e cominci a vagare. Ma prima? Prima ne ho parlato con Gigi. Lui ha scritto un racconto simile. Avevamo la stessa idea, in testa. Ci piacciono i mostri, ovvio. E lui pensava a un isola, tipo la Sardegna, e poi invece è stato una sorta di atollo, minuscolo, in un racconto horror. Abbiamo preso strade diverse. Ma prima ancora? Prima c’era Elvezio, tanti anni fa ormai, il suo teratonomicon, i file che condividevamo e l’idea di lavorare su una raccolta di esseri simili, tra i quali, lo zaratan. Ne ho scritto pure uno, sul vorompatra, perché sullo zaratan avevo in testa qualcosa di grande. Ma… prima ancora? Ero bambino. Ricordo chiaramente di essere stato piccolo, molto piccolo. E so che era la superstrada, ed ero in auto con qualcuno, e guardavo le montagne al tramonto, tipo all’altezza di Gemona (ma chi può dirlo, parliamo di decenni fa) e pensavo che sotto quelle montagne c’è un dinosauro dormiente, e quella è la sua schiena, e prima o poi si sarebbe svegliato. Ecco, dove è nato veramente Zaraton.

Ma poi, a vederla meglio, dov’è nato veramente, sul lato pratico e non creativo. Non a Salamanca, no. Lì avevo scritto solo delle righe, su un notes. Se ogni volta che lo faccio avessi un libro ne avrei scritti almeno 50. No, è successo dopo. Credo fosse maggio, primi di maggio, a Codroipo, al Capriccio, o come cazzo si chiama quel posto della colazione in piazza Giardini. Ero con Lorenzo, facevamo colazione, appunto, quel Lorenzo che mi ha fatto le tavole per Cryptofriûl e gli dovevo un favore. Gli avevo promesso di fargli vincere nella categoria a fumetti. E ci sono riuscito. Mancava un mese, o poco più, alla scadenza e dovevo scrivergli il testo, fare la sceneggiatura in bozza…gli ho proposto la follia di scrivere il libro e il fumetto in un tempo record. Lui ha finito tipo verso il 26-27 giugno. Ho scritto le ultime righe di Zaraton intorno al 28 giugno 2022. Il finale, in realtà, era venuto prima sul fumetto, perché dovevamo chiudere, ma poi si è rivelato essere anche il finale perfetto del libro.

Insomma… non vi ho detto nulla, ma sul piano delle curiosità e del gossip, direi che ci siamo. Il libro? Fantascienza sociale pura. Ambientato in un futuro prossimo che una una inverosimilità quale il fatto che nel centro dello Zaraton la vita sia possibile, come nell’occhio di un ciclone, e che in quel centro tre persone fondino un mondo nuovo, sostenibile, che usa le cose buone moderne mescolandole a quel buon senso ampiamente perduto. Tutto è molto simbolico, tutto è metafora. Le tre persone sono tre generazioni, il Friûl che prende vita, autonomia, forza, usando le radici per entrare nel futuro e dominarlo, è ovviamente un piano di lettura metaforico. Ma dentro, in tutti i riferimenti e i richiami a storia, territorio, tradizione, letteratura folclore, c’è anche avventura e ironia. Non volevo una cosa noiosa, volevo azione. Ed è soprattutto un libro sui Media, su quel che è diventato il mondo, su come si è deformato. Ed è un libro sulla sostenibilità, sulla fine del mondo stesso. O l’inizio, chissà.

Ho scritto su due piani: uno esterno, mediatico, che vede Friûl, lo zaratan, dall’esterno. Un piano in cui si racconta la storia vista da fuori. Sono i capitoli dispari. Nei capitoli pari invece si guarda la storia dall’interno. Per la precisione dall’interno di un piccolo borgo del medio Friuli, come ce ne sono tanti. Riconoscerete in lui il vostro borgo, se abitate dalle mie parti. E’ un elogio alla provincia, al provincialismo nel senso puro e buono del termine, unica via di salvezza per attraversare il mondo globalizzato e iperconnesso e non perdere contatto con se stessi.

Non poteva, credo, essere scritto in italiano, o meglio, è un libro che lo meriterebbe, ma dovrebbe essere riscritto, diverso, cambiare completamente e non potrebbe essere altrettanto potente.

E della copertina, non ne parliamo? E tamarra da far paura, ma è perfetta. Brutta da fare il giro e diventare bellissima. E’ nata durante un collegio docenti, dove non riesco a concentrarmi e disegno, per non sprecare tempo. Uno sketch su un fogliaccio, ma l’idea c’era, e poi il Gian interpreta e mi manda ‘sta cosa più per ridere che per altro, credo, con quel titolo e… niente, era la copertina perfetta. Se lo leggete, converrete.

Un’altra cosa bella, è che è scritto in “Easyreading il carattere ad alta leggibilità per dislessici ma in generale per leggere meglio. Lo usavo sempre, quando facevo il prof, e la Kappa Vu è stato disponibile ad accettare la mia voglia di inclusività anche in questo aspetto.

Che altro dire? Che se è da secoli che mi sento chiedere il romanzo, adesso l’ho scritto, ed è esattamente il tipo di romanzo che ho sempre voluto scrivere (e che amo leggere).  E’ il migliore, è il mio ultimo e altri non ne scriverò. Leggetelo.