Divani scomodi

Divani scomodi

Sono quasi le 5, ma sono lontani i tempi in cui l’alba, a quest’ora, era alle porte. 

C’è un disegno che si allunga dalla torta di mele di mia madre al latte freddo e insapore. 
C’è una canzone del Buon Inverno che fa lo stesso dalle braci ancora calde alle castagne che non ho preparato. 
Tu dove sei? 
Dove hai messo le cose belle che mi spettano? 
Dove hai nascosto i miei cuccioli di dinosauro e gingilli per tenerli occupati? 
L’ombra di un codino alto non è più meditazione sulla scacchiera della tovaglia. 
Alle pareti si moltiplicano i demoni buoni 
Che non rinchiuderò in una cornice di legno. 
Domani è fra un’ora e io ho ancora le mani piene di carezze, 
Di sesso, di colori, di sorrisi strappati e moltiplicati, 
Di fatica, di briciole, delle piccole meraviglie celate nella piega di un petalo.
Sul divano scomodo, senza mai sprimacciare cuscini, si possono costruire cattedrali e draghi di carta. 
I sogni, quelli no, quelli stanno seduti in tavola e ci guardano 
Aspettando una di quelle birre gelate di cui è pieno il frigo.

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