San Simon 2017

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San Simon 2017


Ho vinto il premio San Simon 2017.

E non mi faccio mai troppa reclame, non amo bullarmi, non è, alla fin fine, nella mia indole. Solitamente vorrei avere un doppelgänger che va alle premiazioni, da tirare fuori quando serve. Non ce l’ho. E alle premiazioni vado, anche se in ritardo, anche se dopo mille ripensamenti, anche se riuscendo alla fine a far sembrare tutto estremamente normale e riuscito. Il superpotere dei giullari, insomma, uno dei pochi che possiedo assieme a quello di addormentarmi all’istante e di resuscitare le cimici. 
E poi, tra l’altro, Pierrot, il pagliaccio triste, non l’ho mai sopportato. 
I giullari sono meglio. Hanno una funzione sociale insostituibile.
Ma sto divagando…
Di questo premio, per una volta, mi va di parlare. 
Di farlo qui, su questo blog che chissà quando mai vedrà un nuovo aggiornamento, visto che non leggo più; su questo blog dove si scrive in italiano, anche se il Premi San Simon è il maggior premio di letteratura in lingua friulana. 
Lo vinco per la seconda volta, l’altra era due anni fa, con il libro che mescolava gli yokai e la cultura friulana. L’anno prima sono stato finalista con un libro che raccontava le storie della mia famiglia.
 E questo libro?
Di che parla? Com’è fatto? Perché ha vinto?
Parliamone.

Questo libro è una cosa che prima non c’era, e ora c’è.
Dico questo perché è ciò che ho pensato quando ho cominciato a scriverlo, credo a meno di tre o quattro mesi dalla scadenza, fissata per giugno di quest’anno.
Ho pensato che non c’era un libro di narrativa per ragazzi delle scuole superiori in lingua friulana. Non c’è n’è molti nemmeno in italiano, a dire il vero.
Ebbene, ora c’è.
E non so come si costruisce un libro di questo tipo, non mi sono informato.
Ma faccio l’insegnante a questi ragazzi da quando ho cominciato a lavorare, e ho pensato che ci sono tante cose che non sanno, e sono le stesse cose che io non so.
Non so, per esempio, chi sono certi personaggi a cui sono dedicate vie, piazze, scuole, associazioni… Personaggi a cui so dare a malapena una etichetta: imprenditore, scrittrice, filosofo, inventore… ad alcuni nemmeno quella.
Così ho pensato di scoprire cosa hanno fatto, e siccome le cose che si imparano meglio sono quelle che stanno dentro le storie, io ho raccontato dieci storie. 
Dieci, perché dieci sono i mesi di scuola, da settembre a giugno.
E la prima e l’ultima sono più corte, perché più corti sono quei due mesi.
E in queste dieci storie, in qualche modo, ci sono anche questi personaggi.
E c’è una caccia al tesoro, c’è la loro personalità, o per lo meno, la personalità che io ho immaginato per loro dopo averli conosciuti attraverso la loro biografia.
Ho cercato di toccare dieci generi letterari: c’è un horror ironico, c’è un giallo, un thriller-noir, un racconto di formazione, uno di fantascienza sociale, un racconto storico.. c’è persino un fantasy, coi tatzelwurm al posto dei draghi. 
E ogni storia è raccontata in modo diverso – prima, seconda e terza persona, presenti e passati prossimi e remoti – anche se lo stile è sempre il mio, quello che non rinuncia mai a elementi di fantastico, e che nasconde sempre qualcosa, per poter far fare “ooohhh” a chi legge, prima o poi.
Alcune storie sono venute bene. Molto bene. Ve lo dico già io.
Un paio sono tra i migliori racconti io abbia mai scritto. 
Uno fa piangere, sempre, alla fine, perché così è, 
e per questo devo ringraziare Carli per la copiosa ricerca storica.
Uno solo non è venuto benissimo, ma è dignitoso, e un passaggio fa molto ridere lo stesso.
Non c’era tempo di riscriverlo e di pensare a nuove idee.
Ho terminato la correzione delle correzioni la notte prima di rilegare, stampare e consegnare, e non avrei mai finito così bene se non ci fosse stata Serena, a lavorare giorno e notte con me, e Gian a farmi la copertina che volevo nel giro di tre giorni.
Qualche piccolo errore è rimasto, non può essere altrimenti, ma anche della parte finale, quella con le biografie e le curiosità, quella che ne fa libro didattico, anche di quella sono abbastanza soddisfatto. 
I giurati lo hanno interpretato come un racconto diverso, e a risentirlo è vero, sembrano altri dieci racconti le dieci bio. E lo sono, perché mai avrei creduto che dietro a qui nomi ci fossero vite così interessanti e dense. 

E poi non ho rinunciato alla poesia
Perché i poeti, da queste parti, sono bravi o unici, a volte entrambe le cose.
E sono sfortunati, e tendono a morire.
E uno di questi, che non conoscevo abbastanza, uno di questi è Federico Tavan.
Non è facile conoscerlo dal web. Non ci sono molti libri da comprare. 
Bisogna girare le biblioteche, mettere vicino cose, fare collazioni, perché l’andreano storto, 
la lingua di Tavan, che è quasi più suono che parola.
Con lui si inizia ogni storia, con uno o due versi, mai di più, ma sempre ho trovato i versi che mi servivano per la storia che sarebbe venuta.
Non ho mai faticato.
E lui è anche nella prima storia, anche se non lo si dice.
Non sono tempi per i poeti, soffrono troppo e faticano a vivere anche quando non sono fortunati. Intorno c’è troppa cattiveria.
Per questo sono ancora più contento di avercelo messo.

E poi?
E poi niente. 
Ho detto abbastanza.
Dovrei dire di tre persone che ho dimenticato di ringraziare.
Andrea, che ha scattato la foto che vedete qui, a dalla quale, a fine libro, è stato tolto un pezzo per la foto bio. 
Alan, per le dritte sulle truffe bancarie, che hanno generato il noir finanziario.
E Giulia, e non perché abbia apprezzato in maniera assurda la goliardica copertina con la mia faccia al posto dell’aquila, subito cestinata, ma che vi metto qui sotto, per il vostro divertimento.
Dovrei dire che le ultime righe di questo libro sono praticamente le ultime che ho scritto e non vedo, per ora, altre righe all’orizzonte, né in italiano, né in friulano.
Passo il tempo tra lavoro, correre, disegnare, pensare alla vita e alla morte, bere birra e mangiare cose buone.
E questa, perciò, potrebbe essere tranquillamente l’ultima cosa che scrivo. 
(Altri tre libri sono in giro, ma sono precedenti)
E insomma sono contento di averla scritta.
E sono contento esista.







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