"La strana casa nella nebbia e altri racconti" di H.P. Lovecraft****
Eccomi!!!
Lo so, lo so… ve lo stavate chiedendo da giorni… Ma allora? gelo non legge più? Che sta facendo? Perché non metteva mai i risultati della gelotteria? Perché non fa il fun cool! o un’altra delle sue gelofigate?
E avete ragione.
Ma i perché ci sono, ma come ben sapete, i perché delle cose sono come la terra sotto le scarpe. Non hai piacere di farla vedere in giro e cade camminando. 🙂
E quindi, ieri, proprio ieri che era lunedì, che avevo deciso di andare al mare in 500, e che – giustamente – la poverina non ce l’ha fatta ad arrivare senza volersi riposare un momentino, e proprio in quel momentino ho terminato, aspettando si raffreddi il motore, l’ultimo dei quattro racconti di questa ennesima, tanto attesa, uscita della collana dei Racconti d’autore, che insomma, diciamocelo, Lovecraft doveva esserci assolutamente!
E quali sono, questi quattro racconti che hanno scelto (con una pessima, lasciatemelo dire, copertina, perché bioparco di un bioparco, io non sono un appassionato di Lovecraft, ma miseriaccia boia, l’ultima cosa che mi viene in mente, pensando a Lovecraft, è un’automobile, ché che io sappia, una carrozza ci sta tutta, ma di automobili, per di più moderne (!!!) nei racconti di Lovecraft, ce ne sono ben poche! e con le sue nebbie, quell’immagine, c’entra ben poco) per farci conoscere o ricordare il buon H.P.?
La strana casa nella nebbia, okay, che poi è l’ultimo ed è breve, ed è il primo che ho letto.
Aria fredda, che ho letto subito dopo, è molto breve, ed è bello.
Poi quello che apre la raccolta, uno tra i più celebri, credo, o comunque uno di quelli che ci fanno conoscere la fissa lovecraftiana numero uno, la mistermostruosa creatura degli abissi, Il tempio, che ricordavo benissimo di aver già letto e ho riletto con piacere.
E infine, il racconto che ho terminato ieri, fermo a lato di uno stop, discutendone con la 500, ovvero La musica di Erich Zann, ché forse, non so, potrei anche dirvi che è quello che ho preferito, e mi è rimasto più addosso.
Dunque, cominciamo con il dire una cosa.
La mole di parole, opere e non-omissioni sui racconti di Lovecraft è talmente vasta, estesa, immensa e in continua evoluzione che tentare di aggiungere qualcosa, o anche solo dire qualcosa, su queste righe, sarebbe ridicolo, pretenzioso e sciocco, quasi come tentare di mettere in mare una nave dentro una goccia, solo perché questa goccia l’hai rubata a un oceano.
Ecco perché, quello che vi posso dire, qui in queste righe, è solo una mia serie di sensazioni, molto personali, che ho avuto il piacere di ritrovare rileggendo Lovecraft, a distanza di anni (chthulu è roba di quando ero very very very piccolino), col seno di poi (no, tranquilli, non mi sono dimenticato una n).
Che dire… mi è piaciuto!
Se vi ricordate, con Poe, ho avuto serie difficoltà. Tre racconti che erano tra i miei preferiti, Morella-Ligeia-Berenice, mi hanno fatto faticare, persino annoiare, e solo il terzo mi ha rapito e scosso come un tempo, riuscendo a trovarvi una gran classe e quelle sensazioni di un tempo.
Con Lovecraft non mi è accaduto. Non dico che la sua visionarietà abbia avuto lo stesso effetto. Ora che son più smaliziato, le sue prime persone che si capisce già dove vanno a parare e il suo iperdescrittivismo dell’ “accadrà” non sono più sorprendenti, però non danno nemmeno fastidio. Anzi, la creazione di atmosfere, che poi è suo carattere distintivo che più dura nel tempo, secondo me, e che piuttosto che invecchiare diventa vintage, è ancora pienamente funzionante.
La città e la casa misteriosa, con la finestra sul vuoto, davanti alla quale suona Erich Zann, piuttosto che la casa sul dirupo con l’unica porta dalla parte del precipizio, piuttosto che la città negli abissi, con l’immenso ingresso di questa antichissima e immensa creatura… sono tre “scenari” che hanno ancora tanta, tanta forza.
Voglio dire… non viviamo nell’epoca dell’immagine, e riuscire a immergere e stupire, in quest’epoca, usando la forza delle parole, è merce rara. Ebbene, le tre scene di cui sopra, soprattutto la città abissale vista dal sottomarino, hanno questo potere, ed è stato bello ritrovarlo.
Poi certo, se andate in cerca di orrore, di paura, qui le armi di H.P. rischiano di essere un po’ spuntate. La principale, il non-mostrato, fa a pugni con il nostro morboso voler vedere. Siamo fatti così, ormai. Ci hanno abituato a far vedere, iper e oltre-vedere, anzi, e quando arriva Howard a dirci che là dentro vive qualcuno di veramente, veramente grosso e antico e cattivo, che si mangerà, l’umanità, in due bocconi, prima o poi, noi non scappiamo terrorizzati, ma pensiamo “vedere! vedere! faccelo vedere!” e lui, proprio in quel momento ci fa finire il racconto, mette il manoscritto in una bottiglia, e ci dice “idioti, meglio per voi che non vediate mai“, ma noi, moderni Tommasi, di paura non ne abbiamo.
Lo stesso dicasi per ciò che di misterioso bussa alla casa nella nebbia o alla finestra di Erich Zann…
Ma questo, vi dico subito, non è un male. O per lo meno non lo è stato per me.
Mi è capitato di leggere, ogni tanto, qualcuno che se ne esce con frasi del tipo “Beh, ho letto ‘sto Lovecraft di cui tutti parlate, e non è mica ‘sta gran cosa, eh? Anzi, proprio non fa paura per nulla…” Cioè, ma sei coione? mi verrebbe da dire. E’ logico!
Diciamo quindi, e chiudo, che rileggendo non solo ho fatto questo esercizio del contestualizzare la forza delle immagini, filtrandolo col contesto attuale, ma ho apprezzato, cosa che un tempo non apprezzai, almeno 2-3 insights dei racconti.
Uno per tutto, sbandierato, la teutonicità del narratore del sottomarino, che da buon tedesco disprezza persino le debolezze dei suoi connazionali e mentre scrive il suo manoscritto da affidare in bottiglia ci mostra, tra le righe, la contrarietà alla guerra, la visione ra
zionale di una mente istruita e l’approccio scientifico al fantastico (i delfini negli abissi, non mi sono sembrati più un orpello, per dire).
zionale di una mente istruita e l’approccio scientifico al fantastico (i delfini negli abissi, non mi sono sembrati più un orpello, per dire).
Lo stesso dicasi per la disoccupazione del narratore che ascolta la musica di Erich Zann o per il provincialismo ottuso del paesello guardato dalla casa nella nebbia.
Cose in più, che vanno oltre l’atmosfera e la visione, e che ora ho saputo raccogliere, invece che ignorare.
E’ tutto, cari, vi lascio due immagini, perché mi va.
Qui sopra la 500lilla alla prese con un mostro lovecraftiano del regno automobale che cerca, senza speranze, di intimidirla. E poi una vignetta che girava su faccialibro, che era, a mio avviso, geniale.
Era su questo faccialibro, presa da un sito di magliette, che poi pure la maglietta è fantastica!
Nick Parisi.
"Lo so, lo so… ve lo stavate chiedendo da giorni… Ma allora? gelo non legge più? Che sta facendo? Perché non metteva mai i risultati della gelotteria? Perché non fa il fun cool! o un'altra delle sue gelofigate?"
Veramente, non ce lo stavamo chiedendo per niente. Lol
A parte gli scherzi, per fortuna il tratto distintivo di H.P.L cioè la sua cura per le atmosfere e per le geometrie non euclidee non passa mai di moda… e lo dico da appassionato di H.P.L
Maxciti
Curioso e interessante il tuo commento sulla "necessità" di vedere senza voler immaginare tipico di tanti lettori. Non è un buon segno per i narratori, temo. Strepitosa la vignetta con Chtulhu/Snoopy.
gelo stellato
ma… sai, è come diceva calvino, più o meno. Quella cosa che lui, da piccolo, non sapeva leggere ma si leggeva i fumetti, dalle immagini, costruendosi le storie. e più o meno è lo stesso di giocare e costruirsi storie e immagini nuove, che si ha da bambini, partendo dalla parola scritta o da altre immagini, o dai pupazzetti, i soldatini o i mostri o quel cazz che è.
E' una capacità che se non distrutta, la tv prima e il web poi, hanno seriamente compremessa, in certe generazioni. Per estremizzare, purtroppo, personaggi come Harry potter silente ecc, o mostri come il balrog o i nazgul ecc, oramai avranno sempre l'immagine del film (e dei videogames e di internet e dei link su fb ecc) ma per dire, io e te e altri, che abbiamo letto prima della rivoluzione dell'immagine, avevamo questa idea? no, ovvio. magari chi più chi meno, a seconda della fantasia e dell'attenzione nella lettura e a seconda di quello che ci piaceva di più, costruivamo le nostre immagini. E ora io stesso mi accorgo che me le hanno distrutto.
Sempre per restare al balrog, per dire, ricordo che rimasi delusissimo dal film, perché dalle parole io me lo ero costruito molto, ma molto più mostruoso e grosso e invincibile e cattivo. Ma adesso, purtroppo, non ho più idea alcuna, di come me lo ero costruito, e se provo a rileggere, ecco, arriva quella cacchetta di mostro del film, e non più quello della mia fantasia.
con lovecraft, vuoi per il non mostrare, te lo devi ancora costruire, se ne hai le capacità immaginative, quindi, forse, tanto male non farebbe costruirsi queste capacità, in quest'epoca di devastazione immaginativa. 🙂
Simone Corà
Madò, mi hai fatto venire voglia di rileggere tutto Lovecraft… E mi sa che, dopo che provo Pynchon nei prossimi giorni, mi ci butto 🙂