“New York” di Will Eisner****

“New York” di Will Eisner****

Questa è la terza volta che scrivo questo post. L’ho scritto già due volte, nelle ultime due week e pure con lunghezza e ampiezza di cazzate, come è mio costume, ma poi, entrambe le volte, mi sono addormentato e al risveglio il PC era spento e nulla era salvato. Una specie di Apocalisse. In altri tempi i miei chakra si sarebbero morsi il cats a vicenda, ma ora ho raggiunto il nirvana, e non solo il soundgarden, e quindi tutto è finito con qualche bestemmia.

Ma sento che questa volta è quella buona.

Non che non sia stanco anche oggi. Anzi… ho fatto decine di cose e mi chiedo perché quando ho le giornate di vacanza mi accorgo che ho decine di cose da fare. E che cosa, direte voi, boh… boh. Tante. Vediamo. Provo a riassumermele, più per me che per voi… dunque. Aggiustatocellularevecchia – giocatoenalotto – pulitoedisgorgatolavandino – tagliatounghie – duelavatrici – portatovecchiafareRM – bagnatopiante – cambiatocartucce – sistematosesamovecchia – sistematovestiti – compratocoseamazon – sultettoapulirecamino – sultettoasbloccaregrondaia – sultettoacambiaretegole – spaccatolegna – unpocodiorto – cercatodiaggiustaredecespugliatore – apescaunpaiodore – mezzoradisocialacazz – sistematolefreccette – pulitogriglia – lavatopiatti – e pure ascoltato un po’ di podcast che insomma… male non fanno. Ecco… sì, posso pensare di non riuscire a finire questo post nemmeno oggi.

Dalla mia parte però c’è un rum e cocacola che, da sempre, è una delle poche cose che mi tiene sveglio. Quindi direi che ce la posso fare. E anzi… ho già cominciato.

A scrivervi del graphic novel, dico.

Eh, sì, perché questa cosa del fare molte cose, dell’ansia, della velocità, del nulla che è fatto di molto, ecco… è anche dentro New York, e non intendo tanto la città, ma dico il lavoro di Will Eisner. Tra l’altro, fino a poco fa, non avevo intenzione di dedicare la serata ad aggiornare questo povero sito. Anzi… però poi mi sono fatto del pollo inutile per cena e avevo le patatine. E mi son detto… ma come posso mangiare le pringles senza bere qualcosa di degno? E mi sono ricordato che dalla vecchia c’erano delle birre. E io nel frigo non ho niente. E allora va, dai, facciamo la camminata in mezzo al borgo desertissimo (oh, ma le auto, dove son finite?) e mentre camminavo ho pensato a questa cosa delle due velocità. Tipo la velocità che ho dentro, di fare tutte le cose che ho fatto oggi, e la velocità che, per fortuna, ho attorno. Che non è quella di New York. Nel senso di città, intendo. 

Lo capite se leggete questa graphic, cosa intendo, e cosa intende Eisner per città.

Non è tanto un significato concreto, di people and walls, ma un significato astratto, di noncuranza, di smarrimenti, di distanze, di esclusioni. Questa è la città. La metropoli, anzi. Esclusione. Disincanto. Solitudine. Sì, questa raccolta di graphic di Eisner è soprattutto un’ode triste alla solitudine.

Tuttavia. Come dico sempre. O mai. Andiamo per ordine.

Perché ho questo libro? L’ho comprato. Perché l’ho comprato? Perché mi mancavano dei soldi per le spese postali in un’ordine di Amazon. Che credo sia un buon motivo per acquistare qualcosa. Ti permette di comprare cose che non ti servono ma vuoi. Tipo anche oggi. Alla fine ho comprato la casetta dei cocoriti. Da colorare. E ho anche deciso che, alla fine, dopo la lettura, ci sta che il libro tento subito di rivenderlo. Questo però… non so. Forse no. E non solo perché è bello. Ci sono cose belle che non serve trattenere, tipo l’amore. Più che altro perché è bello ma è anche qualcosa di poco chiaro, di ambiguo, di re-interpretabile, che potrei aver voglia, un domani, non tanto di rileggere, ma solo di risfogliare.

Comunque. L’altra domanda è come mai sono andato a cercarmi qualcosa di Will Eisner. La risposta è perché Eisner, dicono, è quello che ha inventato i graphic novel, e lo ha fatto con questo qua, che ho letto e che no, questo proprio non mi sognerei di regalare o rivendere. E che tra l’altro manco ho recensito. Pensa te. Ma quello lo conoscete sicuramente. Questo forse un po’ meno.

E allora. Sappiate che:

  • New York è un tomo della Einaudi Stile Libero da 427 pagine e 24euro sulla schiena;
  • Dentro ci sono 4 cose diverse, ma che dentro hanno cose diverse.
  • La prima è un GN da 140 pagine, fatte di vignette slegate ma legate… lungo da spiegare, facile da capire se lo leggete. Si chiama proprio New York.
  • la seconda è Il palazzo, un pezzone. Bello davvero. Parla della gente, ovviamente.
  • la terza cosa è City People Notebook, fatto di tempo, di ansie, di orari, di mille storie che ruotano attorno alla città. Bello! E uno stile pazzesco nel disegno, pieno di invenzioni.
  • E poi si finisce con una cosa fatta di tre cose. Invisible People, come comune denominatore, per tre storie che la raccontano.

E poi ci sono migliaia di persone, disegnate qua dentro. Una cosa notevole.

Insomma… è davvero un tomo da avere, se volete dire di essere esperti conoscitori delle graphic novel. E pace se ha quest’aria da puzzle e questa puzza da commercio addosso. Se fai le cose belle, le metti insieme, anche se il filo che le lega non è poi così forte, le cose restano belle, e se sono molto belle, allora restano molto belle.

Se poi volete cercare i difetti, okay, il suo segno può non piacere, può essere ritenuto scontato, quasi da settimana enigmistica, in qualche inchiostrazione, ma tenete presente che non è certo lui, il derivativo, visto che è lui che ha inventato le cose.

E io direi che stavolta ce l’ho fatta. Posso concludere e mettere via il librozzo per mandarlo a Luca. A proposito, c’è una mostra di Shigeru Mizuki, a Udine. Vedete di vedere. Io intanto vedo di uscire le birre che ho messo nel congelatore prima che esplodano e andare a farmi la barba prima di diventare uno Huan.

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