"Dieci piccoli indiani" di Agatha Christie****

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"Dieci piccoli indiani" di Agatha Christie****

Accanto alla lettura dei libri PEM, che vi ricordo sono ancora in via di definizione, non mi sono dimenticato che ho da leggere dei libri PSF, che insomma, pure quella lista va un po’ curata, no?
E allora avevo messo da parte un Christie, e quello forse più famoso, assieme all’Orient Express, se non altro per via dei film che bene o male abbiamo letto.
Ora, io non escludo di aver letto dei Christie, da piccolo, ma me ne sono scordato del tutto e quindi è come se fosse il primo.
Che poi, oggi, è venerdì 17 e mi pare giusto parlare di un libro pieno di morti, come questo, che per altro ho letto proprio in questa edizione della Famiglia Cristiana, che comunque è quella mondadori e cambia solo la copertina.
Ma siccome devo fare anche delle cose, tipo correggere di compiti, e ho solo due ore, farò un po’ a singhiozzo. Un compito, qualche riga di post, un compito, qualche riga di post…
Cominciamo però con mettere la musica.
Mi ascolto Courtney Bartlett, che mi ha stregato con questo pezzo, anche se il disco non mi pare faccia per me. Ma Depreston, ascoltatela, è un bel pezzo, semplice ma grazioso.
Che poi… che dire, di questo piccolo gioiellino di giallo non giallo. Eh già, che secondo me, okay, giallo classico non lo si può definire, perché il mettere le carte in tavola subito in quel modo, limitando spazio e personaggi in modo netto e quasi subito, e la tensione aggiunta per l’ineluttabilità del meccanismo di eliminazione progressiva, lo allontana un po’. Non avere un chiaro riferimento indagatorio, poi, sia un poliziotto, un giornalista o un unico personaggio, è ugualmente fuori dagli schemi classici. E quindi sì, è giallo, ma che fa un po’ storia a sè.
La storia immagino la sappiate, ma se non la sapete, beh, ve la dico subito e festa finita. Sono in dieci, si ritrovano su un isola, per caso, raccolti con varie scuse da un padrone di casa misterioso, che  a quanto pare li ha radunati lì solo per farli fuori, uno alla volta, per un torno o crimine che esse avrebbero compiuto nel passato.
Gli indiani sono quelli di una filastrocca che il buontempone ha avuto l’accortezza di scrivere nella camera di ognuno, cercando poi di farli fuori seguendola. Aspettate che ve la riporto, così la leggete pure voi
Dieci poveri negretti
se ne andarono a mangiar: 
uno fece indigestione
solo nove ne restar. 
Nove poveri negretti
fino a notte alta vegliar: 
uno cadde addormentato,
otto soli ne restar. 
Otto poveri negretti
se ne vanno a passeggiar: 
uno, ahimè, è rimasto indietro,
solo sette ne restar. 
Sette poveri negretti
legna andarono a spaccar: 
un di lor s’infranse a mezzo,
e sei soli ne restar. 
I sei poveri negretti
giocan con un alvear: 
da una vespa uno fu punto,
solo cinque ne restar. 
Cinque poveri negretti
un giudizio han da sbrigar: 
un lo ferma il tribunale,
quattro soli ne restar. 
Quattro poveri negretti
salpan verso l’alto mar: 
uno un granchio se lo prende,
e tre soli ne restar.
 I tre poveri negretti
allo zoo vollero andar: 
uno l’orso ne abbrancò,
e due soli ne restar. 
I due poveri negretti
stanno al sole per un po’: 
un si fuse come cera
e uno solo ne restò.
Solo, 
il povero negretto
in un bosco se ne andò: 
ad un pino si impiccò,
e nessuno ne restò.
Ecco qua… dicevo… che io ben so quanto sia difficile parlar male delle pietre miliari di un genere, o di un autore, come in questo caso, ma una qualche critica la devo dire, va, anche se poi il libro mi è piaciuto moltissimo.
Dico prima la critica? Ma sì, dai… Allora, è improbabile, la serie degli accadimenti mortali. Sarà che ho una leggera deformazione economico-statistica, ma no, non mi risultato credibile riuscire a far fuori la gente seguendo la filastrocca… non tutti, per lo meno. E che tutto venga calcolato da un individuo al millimetro, può essere che accada, in un caso, ma le probabilità che nulla vada storto sono poco. Diciamo, che ne so… 5- 10 %. Ammettiamo anche di più, dai, tipo 25%.
Ecco,,, ammetto anche che le condizioni non mutino dopo il primo omicidio, che pare quasi un caso. Ma dopo il secondo che vada tutto così comincia a diventare sempre più improbabile, senza contare alcune delle morti, che paiono davvero un terno al lotto (voglio dire… provate a uccidere uno che sa di essere ucciso gettandogli una pietra dalla finestra del piano di sopra mentre passa lì sotto… ma in generale, provate a uccidere uno tirandogli un masso dall’alto… su su… se vi va bene gli slogate una clavicola! 🙂 e quindi, questo piccolo difetto, è l’unico che ho notato, e tra l’altro, solo verso la fine del libro, perché le probabilità dicono 0.2*0.2*0.2*0.2… insomma, i matematicanti hanno capito.
Per il resto, però, vi dico che è tutto bello. O almeno… ha qualità di libro pop da vendere, perché pur tenendo a battesimo dieci personaggi, a cui dovere dare la stessa importanza, riesce in poche pagine a caratterizzarli, a metterteli in testa, e nel momento quando ti stai chiedendo qualcosa, ecco che c’è il primo morto. E da lì si parte, via subito il secondo, annunciatissimo, ma è proprio questa annunciazione che è il vantaggio competitivo del giallo.
La scrittura è easy e limpida, e te ne vai veloce verso la fine, senza troppe paranoie emotive, e poco, davvero poco spazio si lascia alle emotività estreme dei vari personaggi… Abbiamo poco tempo di perderci nel giudice che ha fallito, piuttosto che nel cornuto che si è vendicato, o nei camerieri che han lasciato morire la padrona, o nell’investitore che guidava accazz… Sì, okay, si lascia un bel flash sull’interiorità dei personaggi, sul loro modo di pentirsi, e sulle leve che porteranno il lettore a pensare che sono tutti colpevoli, anche se dicono di no. Ho apprezzato il non perdere tempo a menarsela, e la scrittura che è in generale molto pop.
Anzi, sapete che vi dico? Che vado a prendere un pezzo qualsiasi, magari l’incipit, e lo scanno, tanto per darvi e darmi un’idea, di come è scritto.

Il generale Macarthur guardava fuori del finestrino. Il treno stava arrivando a Exeter, dove bisognava cambiare. Che dannazione, quelle ferrovie secondarie lente come lumache! In linea d’aria, quel posto, Nigger Island, non sarebbe stato lontano.
Non riusciva a capire bene chi fosse il signor Owen. Un amico di Spoof Leggard, probabilmente, e di Johnny Dyer.
“Alcuni suoi vecchi amici verranno… saranno contenti di rievocare con lei il passato.”
Certo, anche lui sarebbe stato contento di parlare con qualcuno dei vecchi tempi. Tanto più che, ultimamente, aveva avuto l’impressione che molti lo sfuggissero, nel suo ambiente. E tutto per quella maledetta storia: una storia passata da quasi trent’anni! Armitage ne aveva certamente parlato. Dannato moccioso! Che cosa ne sapeva lui? Oh, be’, inutile rimuginare certe cose. A volte, si possono avere sensazioni assurde… immaginare che qualcuno ci guardi in modo strano…
Adesso, era curioso di vedere Nigger Island. Avevano fatto molti pettegolezzi su quell’isola. Correva voce che se ne fossero impossessati l’Ammiragliato, o il Ministero della Guerra, o la RAF… e forse c’era del vero.
Il giovane Elmer Robson, il milionario americano, era stato lui a costruire la villa. Spendendo migliaia di sterline, si diceva. Ogni sorta di lussi…
Exeter. Un’ora di attesa. E lui non se la sentiva proprio di aspettare. Voleva andare avanti…
Il dottor Armstrong guidava la Morris attraverso la piana di Salisbury. Era stanchissimo. Anche il successo si paga. C’era stato un tempo in cui, seduto nel suo studio medico di Harley Street, lussuosamente ammobiliato e fornito degli apparecchi più moderni, aveva aspettato… aspettato che il destino gli portasse il fallimento o il successo.
Ebbene, era venuto il successo. Era stato fortunato. Fortunato e capace nella professione, naturalmente. Come medico sapeva il fatto suo, senza dubbio, ma di solito questo non basta per arrivare al successo. Bisogna anche essere fortunati. E lui aveva avuto fortuna. Alcune diagnosi esatte e la gratitudine di due o tre signore ricche e influenti avevano contribuito a fargli un nome. «Dovete farvi visitare da Armstrong, tanto giovane, ma così bravo… Pam aveva consultato un’infinità di medici per anni, inutilmente, e lui ha riconosciuto subito il male!» E era stata una valanga. •
Ora, il dottor Armstrong era definitivamente arrivato. Aveva impegni a non finire e non poteva concedersi che brevi periodi di riposo. Perciò, quel mattino d’agosto, aveva lasciato Londra più che volentieri per trascorrere qualche giorno in un’isola al largo delle coste del Devon. Non che si trattasse proprio di una vacanza. La lettera che aveva ricevuto era scritta in termini piuttosto vaghi, ma non c’era niente di vago nell’assegno che l’accompagnava. Un onorario sbalorditivo. Questi Owen dovevano nuotare nell’oro. A quel che sembrava, il marito, preoccupato per la salute della moglie, desiderava che il medico la tenesse d’occhio senza darlo a vedere. Non voleva saperne la signorina, di farsi visitare. I suoi nervi…

 

Ecco, vi siete beccati la presentazione di un personaggio e mezzo, a inizio libro, che son tutte così, con personaggi che ricordano un po’ il modello del grande fratello: tutti diversi, chiusi in una casa, pronti per essere eliminati.
Poi basta, insomma… posso dirvi che è un titolone pieno di film che sono ispirati a questo libro, come, tra i più recenti e famosi, quello “Nella mente del serial killer”, ma non sono certo finiti, i prodotti che deriveranno da questo romanzo. Altro?
Ma no… è venuta l’ora di chiudere…. e domani sarà meglio leggere, che con questo ho finito i libri da parlare.

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