“Assurdo universo” di Fredric Brown***(*)
Dunque. Fate questo esperimento. Fissate la data della vostra morte. Con certezza. Programmate il come dove, in modo che non vi siano dubbi sull’avvenimento. E poi, cominciate a fare le cose. Scoprirete che ogni cosa che fate assume un senso diverso e, per lo più, migliore. Per esempio, tra le cose, io ho fatto anche questa: ho riordinato una delle mie camere, lasciata allo sbando da un decennio o quasi. Tra le cose da sistemare, vicino ai Keukegen da ammansire e agli scorpioni morti di fame, c’erano dei libri. Libri vecchi, sopprattutto. Rubati spesso dai magazzini di quando lavoravo nelle biblioteche. O scovati al Banco Libro. O regali ricevuti, vinti coi concorsi. Diciamo… boh, 200, 250. Ecco… è stato molto più facile sistemarli, ma soprattutto è stato facile buttarli. (Buttarli significa darli alla vecchia e dirle Toh, questi dalli a chi vuoi tu). Perché tutto ‘sto preambolo?
Ecco… Questo libro, questo romanzo di Fredric Brown, con una copertina inguardabile,edizione del ’99 ma datato 1949, non l’ho buttato. Vi posso dire che ho eliminato circa il 70-75% della roba. E non era mica roba brutta, eh. Solo che, sapendo di morire, sapevo che non l’avrei letta, e quindi…
Poi, non significa che ciò che ho tenuto lo leggerò, ma diciamo che ce n’era la possibilità. A salvare i libri salvati sono stati sopprattuto i motivi. Questo Assurdo universo (che titolo di merla, tra l’altro) lo avevo rubato perché – ricordo – mi ero detto che non è possibile conoscere Brown soltanto per La sentinella, ma almeno un suo romanzo, bello o brutto che fosse, dovevo leggerlo. Ecco. E’ successo anche che l’altro giorno me lo sono portato al mare e mi ha preso bene, e domenica l’ho finito.
E…. Mi è piaciuto!
Io non posso dire di essere uno che adora la fantascienza (a parte quella sociale, quella sì), ma non la schifo neanche, anzi. Se trovo un mix di cose, idee infilate nelle astronavi e negli alieni, ecco… Mi piace molto. E qui c’era esattamente quello: idee mescolate alle astronavi e agli alieni. Anzi… Astronavi, alieni e… universi. Sì. Il titolo originale è mooooolto migliore. What mad universe, che suona anche come un what mad(e) universe, e dopo che siete arrivati alla fine, da domanda diventa risposta, quella frase. Insomma…capisco che era intraducibile, però… diciamo che lasciarlo in copertina, nella versione originale, è stata una delle cose positive di quella copertina orrenda.
Comunque sia. Che libro è, questo romanzo di Brown?
Allora. Tanto per cominciare, devo ripetervi l’anno di uscita. 1949. In Italiano è arrivato nel 1953 e poi ha avuto numerose edizioni. Tra le curiosità, piacque a Fellini che ne chiese i diritti per un film ma poi la cosa non accadde. Non che piacere a un regista famoso sia per forza di cose un vanto, ma diciamo che è una storia sceneggiabile e lavorabile, con diversi momenti sviluppabili.
Ma che storia è.
Per farla breve, è una storia di multiversi. Piglio da wiki:
Keith Winton è il direttore di Storie sorprendenti, una rivista di fantascienza negli Stati Uniti degli anni 1950. Con la sua affascinante collega Betty Hadley, dipendente della rivista Romantic Stories, della quale si è subito innamorato, seppure conosciuta da appena tre giorni, è ospite dell’editore nella sua elegante villa nelle Monti Catskill, lo stesso giorno in cui un viene lanciato un razzo sperimentale. Il razzo trasporta un generatore elettrico di nuova concezione che dovrebbe inviare un potentissimo lampo di luce una volta raggiunta la Luna. Betty deve tornare a New York e Keith è solo nel giardino quando, all’improvviso, per un malfunzionamento il razzo si schianta sulla villa e dissipa la sua carica elettrica proprio nel punto in cui si trova Keith. La massiccia scarica di energia invia Keith in un universo parallelo.
Ecco. La scoperta di questo altro universo da parte dell’eroe Keith Winton è il filo che tiene insieme il dipanarsi degli eventi. Ci sono difetti, se li cerchiamo. Che ne so. Conosce la quaglia da tre giorni ed è innamorato come se fosse la sua donzella da amor cortese. Poi… da newyorkese fuori formi un po’ inutile si trasforma in pochi giorni in delinquente, avventuriero, quasi assassino e salvatore di mondi. Insomma… diciamo che è un viaggio un po’ esagerato, anche se le motivazioni reggono. Il colpo di scena arriva nel finale, con uno spiegone eccessivo, che avevamo capito da prima, ma con un “perché” che soddisfa. What made universe? Lui… keith winton, ma non vi dico come.
E’, sostanzialmente, un romanzo di avventura. Winton deve salvare se stesso, ma nel farlo finisce per salvare il mondo in cui è finito (forse, non lo sappiamo con certezza) sperando di poter ritornare al suo universo (o più che altro dal figone biondo che deve ancora trombarsi).
Ci sono cose belle, molto avanti. La migliore è Mekky. Indovinate cos’è Mekky? In pratiche è ChatGPT messo in una sfera di metallo che però pensa alle cose per conto suo e comunica anche telepaticamente. Mekky è un’intelligenza artificiale che affascina e alla fine sarà determinante per la soluzione di tutte le linee narrative. Poi ci sono Dopelle e la figa bionda dell’altro universo, sua fidanziata. Non brillano, questi personaggi. Si comportano come se vivessero in un B-movie, ma alla fine è così che deve essere. Quindi funzionano. Poi ci sono alcuni comprimari che invece sono riusciti parecchio bene. L’alleato di Keith scovato nella delinquenza, che si rivelerà preziosissimo, per esempio. E poi qualche alieno, che fa da comparsa, ma sono comparse efficaci.
E poi ci sono delle buone idee. Tipo la notte nelle grandi città. Vi dico solo… vi ricordate come comincia il drive in di lansdale e il racconto La nebbia di King? Ecco da dove hanno rubato l’idea. Poi ci sono i Notturni. E tu immagini chissà quale strana creatura, e invece… ah l’umana cattiveria. Poi c’è Keith, il protagonista. Okay… un po’ esagerato, ma alla fine è un personaggio che regge. Poi ovviamente, potete scovare qualche incongruenza dei multiversi, ma l’impianto è pregevole, perché a lettura continua e rilassata non vieni mai sparato fuori dalla storia.
Insomma… non è che voglio perderci troppo, ma… è un libro formativo. E soprattutto non è solo fantascienza. Certo… non che abbia velleità di dare letture sociali, ma diciamo che ci insegna come creare e dominare gli universi. O accettarli, se non altro.
Poi… per chiuderla, direi che è un ottimo classico (di fantascienza). Di quelli che non partono da un mondo fantascientifico puro e vi ambientano la storia, ma di quelli che usano un mondo realte e lo rendono fantascientifico, ma giocandoci poi con le regole del vecchio mondo, che via via si mescolano alle nuove. Un passaggio interessante, per esempio, è il fatto che Betty, la tipa, è vestita da troia da film porco, ma nessuno se ne accorge. In quell’universo quello è l’abito delle ragazze dello spazio, e nessuno ci fa caso. Tipo come se fosse la divisa da cassiera all’Esselunga o un’infermiera al PS. Un bel colpo femminista inconscio, insomma. Così come era un bel sottinteso la convivenza di alieni e umani ecc ecc.
Vabbè. Basta dai. Ho soddisfatto la mia curiosità e cultura su Brown. Almeno un romanzo ora l’ho letto e posso eliminare questo libro dandolo alla vecchia, che lo regali a chi vuole. Ampiamente promosso.