Ciuffi (breve racconto horror)

Ciuffi (breve racconto horror)


Ciuffi



Si sveglia in preda all’agitazione, con la
bocca impastata, pulendosi i denti con la lingua. La sera prima, nascondendo la
fasciatura sotto il tavolo, rintanata nella manica della felpa, ha masticato in
fretta e s’è ficcato nel letto senza nemmeno usare lo spazzolino. I suoi non si
sono accorti di nulla.
La ferita gli duole: si è scarnificato il dorso
fino a raggiungere l’osso, ma è sicuro che stavolta non ricrescerà.
«Cos’hai
lì? Ma è un pelo! Uuuh, che schifo!»
Marinella
è la più graziosa della classe e Nicolino si vergogna da morire. Bofonchia
qualcosa a proposito dell’inchiostro e scappa a nascondersi, per strapparlo,
gemendo di dolore. Quand’è cresciuto? E perché così grosso e scuro? Non ce li
ha nemmeno, lui, i peli… Nessuno dei suoi compagni li ha!
Quando
torna al banco, Gaetano sghignazza e gli dà di gomito. Nicolino si rassegna: lo
prenderanno in giro per un po’. Per fortuna se l’è tolto subito, pensa, ma la
mattina dopo il pelo è di nuovo lì. Anzi, non è uno, ma una manciata, e non
fosse impossibile, direbbe che assomigliano a un ciuffo d’erba, anche nel
colore. Li estirpa a fatica, e le piccole radici, umide di sangue, rafforzano
quel pensiero. Ricrescono il giorno seguente, quello successivo, sempre più rigogliosi.
Dopo una settimana è un prato in miniatura.
Esasperato,
durante la ricreazione, ruba un compasso e scava, succhiando via il sangue, per
non sporcare il banco.

Ansima, mentre con impazienza srotola la benda.
Sui bordi, sotto il sangue secco, la crosta ha cominciato a regnare. Nicolino sorride,
ma sente come un groviglio di capelli in bocca. Infila le dita, tocca,
inorridisce. Usa lo spazzolino con ferocia, mastica, strappa, senza il coraggio
d’offrire la gola allo specchio. Quando sputa nel lavandino, lunghi fili
verdognoli si perdono nel turbinio dell’acqua.

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Non so perché trovo il tempo per partecipare ai concorsi di scheletri. Un po’ per affetto, un po’ perché ogni tanto è rilassante rilassarsi una sera a scrivere un trecento parole. Dopo tanti plagi, stavolta non conoscevo nessuno da plagiare e ho dovuto fare da solo. Rileggevo, poi, e mi rendo conto che faccio le cose difficili, anche quelle corte. Mi rendo conto che da chi legge pretendo sempre… forse sbaglio. Non importa. Resta che non c’è gusto a rimettere in piedi l’intero blog senza una piccola storia di gelo, e allora ecco i bambini, che per l’orrore, sono volano e catalizzatore. E già che c’ero mi sono divertito anche col paint, a disegnare una mano verde, che è molto, molto più di un pollice.

Comments

  • 26 Novembre 2014

    Dove trovi il tempo? Lo trovi sì, perché a chi piace leggere e scrivere il tempo c'è.
    Povero cucciolo! Più che paura fa un po' schifo. Non è male, tu sai scrivere e in questi argomenti i ragazzi ci sguazzano.

    reply
  • 26 Novembre 2014

    Sei arrivato secondo! complimenti!

    reply
  • Anonimo
    26 Novembre 2014

    "Dopo tanti plagi, stavolta non conoscevo nessuno da plagiare e ho dovuto fare da solo".
    Ma se è palese che il tuo racconto è un plagio del mio La lingua d'erba! Confessa! 😀

    Matteo Bigarella

    Matteo Bigarella

    reply
    • Anonimo
      27 Novembre 2014

      Ho giusto un Moll Flanders in esubero…

      Matteo Bigarella

      reply
  • Anonimo
    11 Dicembre 2014

    Inverosimile.

    reply

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