"Il vecchio e il mare" di Ernest Hemingway****

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"Il vecchio e il mare" di Ernest Hemingway****

Sì, non avevo mai letto Hemingway… o meglio, non avevo mai letto Il vecchio e il mare di Ernest che è quello che tutti, bene o male, hanno letto o gli è stato detto di farlo.
Come vedete, non sono morto, e quindi potete continuare a non leggerlo anche voi. Per quanto mi riguarda, nella mia corrente di letture che adesso vira verso classici corti e leggibili, ho deciso che l’avrei letto appena mi è arrivato in mano, e ho scoperto che è corto. Cortissimo.
Forse è per quello che lo consigliano molto, sia alle medie, sia alle superiori.
Ma più lo leggevo, e più mi addentravo nella storia, nell’avventura, e più non mi capacitavo di come una mente sana e appena appena un minimo esperta dell’universo adolescenziale, potesse dare da leggere questo libro ai ragazzetti in fregola.
Certo… forse a uno che ha la passione della pesca, ma anche qui ho i miei dubbi, perché quella pesca, quella del vecchio, è diversa da quella dell’immaginario di un ragazzetto che ha la canna da pesca in testa. Difficilmente apprezzerà e non storcerà il naso alla selva di termini marinari usati, benché vi siano agevoli note a spiegarli. Io non me ne ricordo nemmeno uno, per dire.
Ma chiariamo subito va. Il libro mi è piaciuto, e forse non so, se mi è piaciuto molto, perché nella sua prima metà ho davvero temuto il peggio. Ci sono banalità, ci sono, quelle frasi lecchine esistenzialiste e inutili da vecchio che ha la saggezza e ragazzo che ha la fede nella saggezza.
E noi dobbiamo leggere e dire “ooohhh” che bel concetto… che bella frase simbolica da sottolineare e prendere a esempio e blablabla… Suvvia, non scherziamo. Siamo nel 2014, le frasi a effetto le hanno già dette tutte, e noi non siamo più così sensibili e sprovveduti da trovare affascinante la tenacia poetica di un vecchio che non prende un cazzo da 84 giorni e campa di elemosina fingendo che è ancora contento di quel che gli sta riservando la vita.
Mio bisnonno avrebbe risposto a questa malasorte con bestemmie di ogni genere e misura, altro che frasi bislacche del tipo “Domani sarà una giornata buona, con questa corrente” oppure descrizioni come “Era troppo semplice per chiedersi quando avesse raggiunto l’umiltà. Ma sapeva di averla raggiunta e sapeva che questo non era indecoroso e non comportava la perdita del vero orgoglio.”
Ecco…
Non che io ce l’abbia con queste frasi, ma diciamo che non è questa parte di libro che si è meritata la stellina numero 4. Anzi… per le prime pagine mi stavo bellamente rompendo le palle… poi.
Poi il pesce ha abboccato. Tenete presente che io non sapevo la trama, nè ve la dico, visto che vi rovinerei il libro, anche se so che tutti voi là fuori l’avete letto e io sono una mosca bianca.
Dico solo che da quando il pesce abbocca, il libro decolla, ed è una avventura, un crescendo, un filo teso come una lenza che ti trascina all’ultima pagina, a un finale che è quello che dev’essere, a un vecchio che a ogni pagina trovi coraggioso, sì, ma più che altro esperto, e intelligente.
Mi chiedo se con l’andazzo che gira, dei coglioni amanti sbagliati degli animali, libri come questo saranno aboliti. Eh già… perché Santiago, lungo la pesca, si mangia persino un delfino!
E sarebbe pure buono, dice, se avesse avuto sale e limone.
Però… nonostante il meccanismo che rende avvincente il libro, pur nella sua calma, senza strappi, sia pressoché perfetto, non si può prescindere da una certa voglia di ricalcare sul tema dell’uomo contro/nella natura. Il pescatore e la preda, nemici, valorosi, entrambi degni di rispetto. Entrambi, in qualche modo, sconfitti, alla fine dei giochi. Con la differenza, forse, che l’uomo era già sconfitto anche prima, di giocare, mentre il pesce – un marlin, per la cronaca – no. Il Marlin è qualcosa di meraviglioso, e non manca mai il riconoscerlo. Da questo punto di vista, tornando agli animalisti coioni di cui sopra, libri così non possono fare che bene. Tra l’altro, via via, conosciamo abitanti del mare, là, al largo di Cuba, che sono fregate, pesci volanti, delfini, pescecani… insomma. Il mare è ben più del vecchio.
Ma dopo tutte queste chiacchiere? Che vi posso dire? Che pur il mio scetticismo per l’efficacia, non posso negare che questo resti un romanzo di formazione per eccellenza, nel novero di quelli che non perderanno mai questa etichetta. Il vecchio, che di viaggi ne ha fatti tanti, è esempio di intelligenza, di tenacia, di un’arte in cui l’essere umano è maestro: il problem solving.
Il ragazzo compare all’inizio e alla fine, ed è sì, un personaggio, ma non così irrilevante come potrebbe sembrare. E’ un tramite, un filtro. E’ ciò che di un mondo oramai diverso riesce ancora a penetrare in uno oramai perduto, fatto di sapere e di simbiosi con gli elementi. Il mare, e tutto ciò che è attorno. Insomma… mi è piaciuto, anche se magari non proprio per i motivi per cui avrebbe dovuto.
La chiudo qua. Oggi niente pezzettini di libro. in fin dei conti è così corto che potreste anche decidere di leggerlo e vi farà senza dubbio bene. Se no, se non vi interessa, vi lascio qui sul tubo un cartone pittorico che nel 2000 ha pure vinto un premio e che è molto fedele al libro. Anzi, lo ricalca del tutto.
Molto carino, anche se non ha il fascino della parola scritta. Oppure c’è il vecchio e famoso film eh.
Bene,.. è tutto, e saluto con qualche immagine, va. quelle del cartone e una che mi piaceva.

 

 

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