"Dellamorte dellamore" di Tiziano Sclavi****

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"Dellamorte dellamore" di Tiziano Sclavi****

Alla fine ci ho provato in tutti i modi a dormire. Niente. 
Dalle due mi arrotolo. Ho bevuto due scodellone di latte, ma boh, ultimamente va così.
E adesso c’è luce piena, ho letto due vecchi dylan dog e due racconti di Lansdale, di cui uno, il dio del rasoio, era bellissimo. 
I Dylan dog invece erano appena sufficienti, ma non come l’altra notte, tristissimi, e non erano di Sclavi.
Il caso ha anche voluto che, dopo che l’altro giorno ho letto questo famoso, anche molto, forse il più, lavoro di Sclavi, recuperato in biblioteca, dicevo, il caso ha voluto che in questa mia lunga notte di tormenti e non sonno nel vecchio fumetto ci fosse pure l’articolo in cui si attendeva con ansia l’uscita – anno di grazia 1994 – di questo film, che io so di aver visto tanti anni fa, forse chissà, poco dopo il ’94, ma di cui non ricordo niente.
C’era la foto di Everett e di Gnaghi, e io vi dico subito che me lo rivedrò, questo film, dopo aver letto questo libro.
Che poi, ora fanno già 4 o 5 robe di Sclavi che mi sono letto, di cui due, Mostri e Nero, penso che mi siano piaciuti assaissimo, e questo, magari un peletto sotto, ma nemmeno tanto.
Insomma… mentre sono qui a mangiare a cucchiaiate la marmellata di percoche e ad ascoltare Sinead O’Connor, ripenso al libro e a come questo protagonista assomiglia un po’ al Dog del fumetto ma gli sia, per certi versi, completamente estraneo.
Ma perché mi è piaciuto, Dellamorte Dellamore? Come dite? Sono tre righe che vi state chiedendo cosa sono le percoche e non avete cazzi di googlare? Caghetti che non siete altro, le percoche sono un estratto da quella famiglia di freaks della frutta che annovera oltre al mix pesche albicocche cose come il cacomela, buonissimo per altro, o come il mapo, o il simpaticissimo babaco (certo, non simpatico quanto le giuggiole, ma quelle non sono un ibrido e coi freaks c’entrano un cats)
Dov”ero rimasto? Ah sì, al libro.
Ci si chiedeva, qua, nei commenti dei miei pensieri, che senso e qualità avesse rileggere un libro così, un’icona dei tempi che furono, a oggi, col senno di poi.
Io non lo so, perché all’epoca non essendo appassionato di fumetti (mettete via quei fucili) non ero entrato nel trip dylandoghiano e non ero, quindi, passato alla naturale lettura dei romanzi di Sclavi.
Eppure gli zombi mi piacciono eh! E pure il surreale, anzi, quello, se è ben fatto, pure lo preferisco.
Insomma… non poteva non piacermi un libro simile (soprattutto nella sua versione vecchia delle edizioni Camunia), e ora di certo lo apprezzo molto di più, visto che vedo anche il modo in cui è scritto, la scrittura sceneggiata di Sclavi, qualche trovata (cinematografica) niente male e alcune scontate. Apprezzo l’incipit classico ma di grande effetto che vede l’ammazzare i morti di Francesco Dellamorte – custode del cimitero di Buffalora – come la cosa più naturale che ci possa essere.
E insomma… ve ne parlo molto soddisfatto della lettura, terminata venerdì scorso, dicendovi che questo è un gradevole, surreale e tenero romanzo horror di zombie e d’amore. Ci sono piccole perle, dentro.
Gnaghi, tanto per cominciare. Il Freak coprotagonista che è anche tra i protagonisti di Mostri. Un personaggio che dice solo Gna, con le varie intonazioni, ma che piange, vomita, corre… un personaggio che è tutto cuore. Non te ne puoi non innamorare. Più e meglio di Francesco Dellamorte, che è, innegabilmente, un romantico. Certo, folle e spietato assassino, anche, ma romantico.
Uno di quelli col vuoto dentro. 
Ah, ecco, un’altra cosa. E’ un romanzo in cui vedi specchiarsi l’autore, o comunque, degli incubi che ha conosciuto. Lo vedi in molte cose… lo vedi nel capo della polizia che dimentica gli omicidi, come tutta la popolazione, lo vedi nelle puttane che si scopano uno senza cazzo, nella testa che gnaghi conserva a putrefarsi e nel confine tra morti e vivi, che è tutto, tranne che definito.
Chi è più morto, qui a Buffalora? E Buffalora non è forse anche il mio paese?
E poi ci sono quelle piccole cose belle, che magari sembrano belle solo a me.
Non so… ve ne cerco una. Trovata. Mentre ve la scanno vado a fare il caffè, va, che son quasi le sette.
Ecco, ve la copincollo sperando il caffè non vada a spasso per la casa va.
Dunque, è un povero diavolo che si accolla della colpa dei delitti che non ha commesso. Perché? Gli chiede Francesco, e mentre glielo chiede, e questi gli risponde, mangiano il pano, una pagnotta, che si dividono. E voi la troverete una stronzata, ma quel particolare, mentre il deficiente spiega, lo trovo molto bello.
Comunque eccovi il pezzo:

Avrà venticinque anni e non è molto intelligente. Prende una pagnotta che è su un tavolino di fianco e la spezza in due e ne da metà a Dellamorte.Intanto che mangiano lui dice:«Ma sì, basta, non ne posso più. Io non sono tanto bravo a pensare, la mia testa mi sembra tante volte che sia vuota e tutti mi hanno sempre preso in giro, mi chiamavano deficiente. Ma è che uno che ha la testa vuota, anche più della mia, dentro però un pensiero ce l’ha: capisce che ha la testa vuota. E allora sta male quando è da solo e sta male anche quando è con gli altri perché lo prendono in giro. Così ho pensato che la testa e il cazzo in fondo sono la stessa cosa e quando è uscito il giornale e c’era scritto che una puttana, la prima, era stata ammazzata e probabilmente era perché uno era andato da lei e lei l’aveva preso in giro perché era impotente e lui l’aveva ammazzata, mi è venuto da piangere perché era un po’ come per me. E il giorno dopo hanno ammazzato le altre due e ho pianto ancora. Nonio so neanche perché piangevo. Un po’ perché mi dispiaceva che erano morte, un po’ perché pensavo che io sono stupido, un po’ perché io non ho mai pensato di ammazzarli quelli che mi prendevano in giro, perché io ci voglio bene agli altri che nessuno vuole bene a me. Loro forse, le puttane, prima almeno ci volevano bene a quello che le ha ammazzate. Allora son venuto dai carabinieri e ci ho detto che le ho ammazzate io, così adesso mi mandano sulla sedia elettrica o mi tagliano la testa. È meglio se
mi tagliano la testa, perché prima era troppo vuota e adesso mi sembra che sia troppo piena. Io non voglio che sia più così piena, e se me la tagliano tutti i pensieri vengono fuori dal collo».

Vi è piaciuto? Ovviamente poi la voce fuori campo di Francesco ci dice: 

Voce fuoricampo:
Non ho avuto il coraggio di dirgli che in Italia la pena di morte non c’è.
E vorrei ben vedere.

Insomma, il caffè è pronto, sto mangiando una sorta di pagnotta anche io, solo che nella mia c’è dentro della marmellata rossa di qualcosa, che non si capisce bene ma tranquilli che non è sangue. Non è malaccio. 
E direi che ora che il caffè abita la casa degli odori vuol dire che la giornata è cominciata, che il post posso anche finisco così, senza parlarvi della trama del libro (è surreale, non serve), del suo essere scritto come sceneggiatura (è un modo come un altro) e del suo essere tenero e disincantato, più che, come vuole apparire, cinico e nero. Via Sinead O’Connor (a proposito, subito dopo secoli, esce il nuovo) e cominciamo la giornata da vivi, almeno un po’,

Comments

  • 18 Agosto 2014

    Ah, bello, il mio preferito di Sclavi, secondo me qui univa benissimo l'ironia, il surreale e le atmosfere horror, e il suo stile leggerissimo te lo faceva leggere a meraviglia.

    Degli altri che ho letto, che comunque mi son piaciuti (Mostri, Nero, Il tornado), non funzionava sempre tutto bene, a volte c'era qualcosa che rompeva l'equilibrio e la lettura ne usciva un po' sbilenca.

    Apocalisse invece l'hai letto? Da quel che ricordo era una buona storia coi piedi per terra, un bell'horror semplice e diretto. Magari te lo presto, se lo ritrovo 🙂

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    • 18 Agosto 2014

      mmm beh, secondo me invece Nero era quello perfetto, in questo verso la fine forse c'era qualcosa che strideva. comunque è questione di gusti, quelli che hai citato tutti mi piacquero.
      mi segno quello che dici, lo recupero dalle biblio.
      ne ho comunque ancora uno da leggere, sempre camunia, con quattro storie dentro. ti saprò dire 🙂

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