Maestri del Colore, 9: Modigliani

140

Maestri del Colore, 9: Modigliani

E dopo aver visto la tappa del giro, aver ronfato fino a poco prima, aver mangiato come budello a pranzo, letto unapaginauna di libro prima di addormentarmi, aver dato da mangiare a Kappa e Garappa, mi rilasso un attimo e parlo di uno dei miei preferiti da sempre. Amedeo Modigliani.
Caparezza gli ha dedicato una canzone, ai ragazzi che anni e anni fa, costruirono la burla a tavolino. La ricordo, ero piccolino, e tanto si rise, poi, venendolo a sapere. Altri tempi… mene mezzi, più ingenuità.
E alla fine, quelle statue fatte col bleckndecker erano belle. 
Poi la questione dei falsi Modì era più complessa, sono andato a rileggere, ma pur sempre una deliziosa storiella da raccontare. Dicevo, la canzone di Caparezza, sulle teste di Modì, è probabilmente la mia preferita, e secondo me vi fa bene ascoltarla anche a voi, che vi mette nel giusto mood, magari. Se non volete vi lascio un pezzo di testo, così, tanto per 
Golden river Modigliani and please stend up,questi fissano le teste ed hanno la Stendhal!
Ma che razza di sibille,
parlate troppo presto e siete senza pupille,
come i volti del maestro,
Pazzi!
Sostenete il contrario del vero
Quindi passi che le vostre carte
siano state battute da sassi.

La cosa strana, che ho scoperto prendendo in mano questo numero 9 de I Maestri del Colore, è che io oramai ho con evidenza capito che ho una predilezione per le cose inquietanti e tormentate. Non sapevo nulla, io, di Modì e della sua vita. Non sapevo che è morto a 36 miserissimi anni e che la moglia incintissima si è gettata dal 5° piano il giorno seguente. Che storie, ragazzi… Davvero, scoprire che alla fine tutti i tuoi autori preferiti hanno tutti questi tormenti addosso… insomma, mi sa che ci ho dei problemi pure io, da qualche parte.
Ma andiamo ad Amedeo Modigliani, classe 1884, 12 luglio, cancro, Livorno, di origine ebrea, di madre francese, famiglia facoltosa un tempo poi meno. Lui è la sfiga fatta persona, per quanto riguarda la salute. Da bambino a giovinetto riesce a prendersi la pleurite, il tifo con complicazioni polmonare e la tbc, che lo farà fuori, alla fine, Viaggia per studiare arte: Capri, Roma, Napoli, Firenze, Venezia… ma vuole andare a Parigi, chiaramente e ci va, povero in canna, nel 1906. Tra Montmartre e Montparnasse, in mezzo al viavai di artisti che pullulava, all’epoca (stava vicino a casa di Picasso, per dire) si abituano a vederlo, e nel 1907 un tale crede in lui e gli affitta un atelier. Va viene, parigi livorno, scultura pittura…
Si tromba, (non era per nulla un brutto, uomo, va detto) la poetessa inglese Beatrice Hastings e si fa amico quello che più di tutti lo sosterrà, un poeta polacco col nome peggio di un nuovo tipo di viagra che nemmeno provo a scrivere, zborowski o qualcosa del genere. 
Come per la guerra mondiale, è il 1917 l’anno di Modì.
Conosce Jeanne Hébuterne, 19nne, che gli resterà vicina per sempre, e l’amico riesce a organizzargli la prima personale, che però finisce per dare scandalo e la polizia gli fa togliere i nudi dalla vetrina. L’esposizione è un fiasco, e si può ben capire perché Amedeo si butta sul bere. 
Ha un figlia, e ne aspetta una seconda, quando, nel 1919, le cose ripeggiorano. Lui beve come spugna, si piglia la nefrite e poi di nuovo la tbc, e ci rimane, l’altra si butta, amen amen, fine.

E io mai avrei pensato ci potesse aver lasciato così tante cose belle in così poco tempo. 

Poi che dire.
Quando comincia, da maestri fattoriani, poco si parla di Simbolismo, divisionismo, decadentismo, ma le notizie e le correnti arrivano, e quindi, all’orizzonte, il giovane Amedeo le coglie. Da parte di madre ha famiglia colta e un po’ razzista al contrario, che ci teneva a essere tanto ebrea e colta da farsi risalire genealogicamente a Spinoza, e distinguersi per raffinatezza e aristocrazia, con ideali di giustizia ma anche di anarchia. E se le piglia tutte, ‘ste cose, il nostro.
Alla fine, insomma, studia materie come filosofia, poesia antica e moderna, politica, lingue e naturalmente storia dell’arte, sempre sotto la guida della madre, essendo spesso convalescente. Ed è interessante sapere che impara a memoria tantissimi versi, in modo caotico, di tutto un po’, sempre pronto a stupire e citare. Dante, Petrarca, Leopardi, Bakunin, Carducci, Verlaine, Wilde, Baudelaire, Nietsche, D’Annunzio… insomma, è colmo di poesia letta ed esaltata. Ha sete di figura emblematica, e non cerca il naturalismo.
E io dico, anche se qui non lo dice, che nelle figure umane, nei ritratti, ce la vedi tutta questa poesia. Questi visi, queste espressioni, sembrano declamartele, e sono quasi sempre tristi, melanconiche.
Tutto questo all’inizio, poi arriva parigi e arriva l’Impressionismo, e potete immaginare coi cosa può portare in uno spirito così predisposto vedere realizzate le proprie idee a quel modo.

Stilisticamente si avvicina tanto a picasso, quello del rosa e del blu, più che quello cubista pieno, e cromaticamente prende direzioni toulouselautrechiani, per quanto orrenda sia questa parola che ho appena inventato. Ha però un percorso molto indipendente, se la crea, la strada, anche se riprende molti elementi cezanniani… e adesso basta citare cose, che mi sono rotto. E’ molto lunga, la parte scritta di questo Maestro del colore. 
Vi devo solo dire di Brancusi, che lo porta alla scultura, dove la vena simbolista trova pieno sfogo. Per dire, per farne una fa molte tempere e disegni preparatori, anche se poi si rifanno con il trapano in quattro e quattrotto.
La verità è che sono molto, ma molto belle.
Parlano, e dicono tante cose.
E a differenza dei ritratti, che sono tristi, e dei nudi, che sono tristemente provocanti, le sculture parlano una bella lingua, io trovo che siano vive, vivace, essenzialmente gioiose, ma di quella gioia vuota, degli stolti, a volte.

Ve ne metto alcune, va, e poi altri quadri, e poi vedo di scriverci il raccontino, su questo qua, famoso. Voi potete guardarvi tante tante cose belle su questo sito.

Occhio non vede
Bello era bello, Amedeo, ed era un killer insospettabile, freddo, calcolatore. 
Le donne non erano per lui ossessione, non supplizio; non gli dava gioia il loro struggimento, eppure cavava loro gli occhi. Non con una lama, una forchetta, o straziando le pupille con unghie affilate. Altri avevano già percorso quelle strade e lui non tollerava la mancanza di originalità. 
Lui usava attenzioni, delicatezze, simpatie, baci, sorrisi. Era come se, quando guardavano chiunque altro, diventassero cieche, senza pupille.
Le sue vittime non avevano occhi che per lui, che le aveva fatte innamorare.

Post a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.