"Un memorabile (doppio) omicidio" di Gabriele Lattanzio

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"Un memorabile (doppio) omicidio" di Gabriele Lattanzio

Stamattina sono finito in quel di Trieste a vedere la mostra su Vlad Tepes, ma a parte sorprendermi del fatto che gli impalati potessero campare – lassù sul loro bastone lont’ano – addirittura per qualche giorno (tanto che i corvi, stufi e annoiati, finivano per mangiargli occhi e lingua), diciamo che non ho scoperto molto altro, (tolta la parte storica dei territori rumeni, che ho bellamente saltato, potendo avere un accesso a internet e a wiki).
Ho imparato anche che quando trenitalia ti sopprime due treni è molto più crudele del conte di Valacchia e ho imparato che in treno si legge parecchio bene, e io mi sono letto Calavera e un/quarto di Queen’s Ann Resurrection, e ho imparato che non sai mai quello che ti può capitare, quando hai un blog.
E mi è capitato, a proposito di impalatori, che pochi giorni fa il vampiro, Gabriele Lattanzio, mi scrive e mi dice, “Oh ma senti, lo vuoi mettere sul blog un articolo su un omicidio che mi piaceva e su chi sto scrivendo un articolo?” e io, insomma, se proprio non sa che cazzo fare di questo articolo, tu manda che a) leggo volentieri b) se mi piace lo metto certamente e magari ci scrivo un raccontino ispirato, se mi ispira.
E insomma, fatto sta che lui l’articolo me lo manda per davvero, che ieri lo leggo e che è carino, e anzi, è di quelle vicende che ti ispirano, e quindi, un raccontino con la mia verità, io ce l’ho in testa, ma voi, intanto, potete appassionarvi a questo duplice misterioso omicidio di fine Ottocento e magari fare le vostre ipotesi sul colpevole.
Ve lo lascio come l’ho avuto, senza divididerlo, anche se è lunghetto. 
E già che ci sono vi dico che con questo articolo apro anche la rubrica degli Ospiti stellati (GueStellati, of course), perché insomma, se voi volete fare come il vampiro, e raccontarmi una cosa del genere, che mi piaccia, e che sia fatta apposta per il blog di gelo… be’, la porta è aperta.
E magari ci facciamo un contest per i racconti: tipo… svela la tua verità!
E intanto…
UN MEMORABILE (DOPPIO) OMICIDIO
Celia Thaxter, chi era costei?
Era una poetessa e scrittrice americana, nata nel 1835, cresciuta nelle isole di Shoals, un arcipelago al largo del New Hampshire.
Appena sedicenne, Celia si sposò con Levi Thaxter, uomo ben più vecchio di lei, ma si sa che all’epoca i matrimoni combinati per fini economici andavano per la maggiore.
Tuttavia, Celia si mostrò sin da subito insofferente alla vita matrimoniale e alla vita sulla terraferma, tanto da pubblicare un poemetto intitolato Landlocked. A Celia mancavano le isole della sua infanzia e decise di tornarci dieci anni dopo le sue nozze. Iniziò a gestire l’Appledore House, un hotel sull’isola di Appledore, che pian piano divenne il ritrovo abituale di artisti e scrittori del calibro di Longfellow e Hawthorne.
L’arcipelago delle Shoals
Nel 1875, Celia pubblicò A memorable murder, un saggio sugli omicidi di Karen e Anethe Christensen. La scrittrice aveva vissuto la vicenda da molto vicino: l’isola di Appledore, infatti, era una delle “dirimpettaie” dell’isola di Smuttynose, dove abitavano John e Maren Hontvet.
La “casa rossa”, tra l’altro, dove abitavano i due era di proprietà della stessa Celia, che l’aveva ceduta loro in affitto.
John e Maren erano arrivati negli Stati uniti alcuni anni prima per sfuggire alle miserie della loro patria, la Norvegia, e così ce li descrive Celia nel suo saggio:  

[…] And there they lived through the long winters and the lovely summers, John making a comfortable living by fishing, Maren, his wife, keeping as bright and tidy and sweet a little home for him as man could desire”; “[…] John was always so good to her, so kind and thoughtful of her comfort and of what would please her, she was entirely happy. Sometimes she was a little lonely, perhaps, when he was tossing afar off on the sea, setting or hauling his trawls, or had sailed to Portsmouth to sell his fish.

Maren Hontvet
Un quadretto familiare così sdolcinato e perfetto da fare quasi schifo, ma probabilmente Celia esagerò sull’onda dello sdegno per quanto accadde a Maren e alla sua sfortunata famiglia.
Tuttavia, risulta evidente dal secondo passaggio citato che nonostante l’aura di perfezione che circondava l’isola di Smuttynose, qualcosina che non andava c’era.
Maren era felice ma a volte, forse troppe a dispetto di ciò che afferma Celia, sentiva il peso della solitudine. Pertanto la situazione migliorò sensibilmente quando dalla Norvegia arrivarono prima sua sorella Karen e poi suo fratello Evan con la moglie Anethe. Raggiunse la compagnia anche Mathew Hontvet, fratello di John.
Celia, nel corso del suo saggio, tesse incessantemente le lodi anche dei nuovi arrivati, a rimarcare quanto meschino e orrendo sia stato il delitto commesso da Louis Wagner.
Louis Wagner
Wagner era un immigrato prussiano che per un anno aveva convissuto con la famiglia Hontvet/Christensen su Smuttynose. John e Evan erano pescatori di mestiere e poco a poco la loro attività era decollata, il carico di lavoro era aumentato e John aveva chiesto a Louis Wagner di aiutare lui e Evan, offrendogli anche vitto e alloggio su Smuttynose.
Louis divenne così “uno di famiglia”, anche quando decise di cercare fortuna sulla terraferma, rimpiazzato poi da Mathew Hontvet.
Da qui in avanti la storia si infittisce e, come vedremo, resterà più di un dubbio sull’effettivo ruolo di Wagner nella vicenda.

Wagner, considerato un vagabondo, aveva anche l’abitudine di alzare troppo spesso il gomito.
Il 5 marzo del 1873, John, Evan e Mathew sono a Portsmouth: attendono un treno da Boston carico di merci utili (pesce e esche, se il mio inglese non si è arrugginito) per il loro lavoro. Mentre stanno bighellonando per ingannare l’attesa, incontrano Louis che inizia a far loro domande che già sul momento erano parse singolari.
Ma Louis è un caro amico e non hanno motivo di sospettare alcunché. La conversazione, grosso modo, pare sia andata così:
L.:”Ah, ma allora che fate, non tornate a Smuttynose stasera?”
J.:”Eh no, il treno è in ritardo, ci conviene aspettarlo qui, tanto le ragazze sull’isola le abbiamo avvertite.”
L.:”Sicuri sicuri sicuri che non tornate a casa stanotte?”
J.:”Sicurissimi.”
L.:”Ma che bello. E a soldi come state messi?”
J.:”Lo sai che vogliamo comprarci la barca nuova, no? A casa abbiamo quasi seicento dollari da parte.”
L.:”Ah, li avete a casa. E non tornate a casa stanotte?”
J.:”Ti ho detto di no.”
L.:”Bene bene.”

Wagner ha l’occasione che probabilmente aspettava da tempo: in seguito, John dichiarerà infatti che non era la prima volta che Louis domandava se avrebbero trascorso la notte lontano da Smuttynose.
Ed è anche un bastardo fortunato. Forse anche troppo, ma su questo aspetto torneremo più avanti.
Dunque Maren, Karen e Anethe sono sole sull’isola, hanno una discreta somma in casa, non resta che andar lì e iniziare il divertimento. Però ci sono difficoltà oggettive. Siamo a marzo, e oltre al freddo dannato dell’Atlantico, spesso ci sono tempeste o anche solo semplici temporali che rendono difficile la navigazione. Louis, inoltre, un’imbarcazione non ce l’ha e pensa allora di rubarne una. Non potendo fregare il Titanic, si accontenta di una barca a remi, un guscio di noce con cui sarebbe impensabile tentare una traversata di svariate miglia (circa sei, dieci chilometri al “cambio metrico”) in condizioni climatiche sfavorevoli, pur essendo abili sailorman. Ma dicevamo che Wagner è fortunato: il cielo è limpido e la luna rischiara tutto manco fosse un lampione gigante, il mare è una tavola piatta. Louis si mette a pagaiare di buona lena e giunge a Smuttynose: è circa l’una di notte
Nel frattempo Maren, Karen e Anethe se la dormono della grossa. Karen dorme su un giaciglio in cucina, mentre Maren e Anethe sono nella stanza adiacente.
Sono andate a dormire dopo aver lasciato la cena in caldo e la porta aperta. Pare infatti che John avesse mandato un pescatore a riferir loro che avrebbero fatto molto tardi. Chi fosse questo pescatore non si sa e in seguito le teorie sugli omicidi di Smuttynose non tralasceranno questa figura come possibile assassino delle due giovani donne.
Ma torniamo a Louis, per il momento.
Entra di soppiatto in casa e si accorge della presenza di Karen, che ronfa sognando verdi valli e greggi di pecorelle. Ma Karen si sveglia a causa di Ringe, il cagnolino di famiglia, che comincia ad abbaiare.
“John?”, chiede.
Come risposta riceve una sediata devastante che la stordisce. Louis continua a colpire la poveretta, che comincia a urlare, svegliando Maren e Anethe. Colpendo al buio, Louis fracassa anche l’orologio appeso alla parete, che segna l’1:07.
Nell’oscurità, Karen non si avvede che l’uomo che la sta aggredendo non è John Hontvet ma Louis.
Continua a gridare “John, John mi sta uccidendo!”
Se ne accorge però Maren quando Wagner prende l’ascia dalla cucina e tenta di entrare dalla finestra della camera delle ragazze dopo che Maren aveva bloccato la porta. Fuori dalla finestra, Louis trova Anethe, troppo scossa per tentare la fuga nonostante le suppliche di Maren. Wagner non ci pensa su due volte, carica il colpo e cala l’ascia sulla capoccia di Anethe, uccidendola all’istante. Non si placa comunque la sua furia, continuando a colpire e colpire la sventurata ragazza sotto gli occhi iniettati d’orrore di Maren.
Maren si scuote e cerca di fuggire: entra in cucina e prova a far mettere in piedi Karen, sì viva, ma ancora fuori giri per le mazzate ricevute. Disperata, Maren si rende conto che se rimane lì dentro non ha più scampo. Abbandona la sorella al suo destino dopo averla “nascosta” (torneremo più avanti su questo particolare) e vola all’esterno prima che torni Louis.
Ha un’intuizione: “La barca!”. Il bastardo può essere arrivato solo con una barca!
Corre alla piccola insenatura dove di solito gli uomini ormeggiano la loro imbarcazione ma sorpresa!, non c’è nessuna barca. Louis è stato furbo e ha attraccato altrove. Non resta quindi che nascondersi. Insieme a Ringe, il cagnolino che l’ha seguita fuori, si rintana in una cavità tra due rocce.
Mentre stringe a sé Ringe, ode in lontananza le grida di Karen: Wagner le sta riservando lo stesso trattamento di Anethe.
Il mattino seguente, stanca, infreddolita, con i piedi nudi che le sanguinano, Maren trova il coraggio di uscire allo scoperto. Sono circa le sette del mattino.
Wagner se n’è andato.
Lei prova quindi a chiedere aiuto, sbracciandosi sulla piccola spiaggia in modo che dalle isole vicine qualcuno la noti, cosa che effettivamente avviene. Maren viene soccorsa e tra le prime a raccogliere la sua testimonianza c’è proprio Celia Thaxter.
Di lì, gli eventi prendono una rapida piega, con la caccia all’uomo che scatta immediatamente. Tutti, logicamente, prendono per buona la testimonianza di Maren, l’unica sopravvissuta al massacro, tanto più che quel Wagner ha sempre avuto uno strano comportamento, con i cori come “io lo sapevo”, “mi era sempre sembrato un tipo troppo strano”, “aveva proprio la faccia da delinquente”, che si levano al cielo.
La stessa Celia ci riporta una descrizione di Wagner nel suo saggio, ma ciò che riporta è frutto, indovina indovinello, di quello che le ha raccontato Maren Hontvet: 
Maren describes him as tall, powerful, dark, with a peculiarly quiet manner. She says she never saw him drunk–he seemed always anxious to keep his wits about him: he would linger on the outskirts of a drunken brawl, listening to and absorbing everything, but never mixing himself up in any disturbance. He was always lurking in corners, lingering, looking, listening, and he would look no man straight in the eyes. She spoke, however, of having once heard him disputing with some sailors, at table, about some point of navigation; she did not understand it, but all were against Louis, and, waxing warm, all strove to show him he was in the wrong. As he rose and left the table she heard him mutter to himself with an oath, “I know I’m wrong, but I’ll never give in!
Louis, insomma, è un tipo ombroso, dal passato indefinito, il tipo d’uomo che osserva tutto e tutti di sottecchi ma che non ti guarda mai negli occhi quando ti parla, uno che porta avanti le sue idee anche se sa che sono sbagliate. A sentire Maren, insomma, Louis Wagner non sembra uno di famiglia ma un viscido pezzo di merda da cui star lontani. Eppure hanno convissuto per un anno intero, un anno in cui Maren ha persino curato Louis, che di frequente restava a letto con la schiena bloccata a causa dei reumatismi.
E, ricordiamocelo, è un tipo strambo senza fissa dimora a cui piace vedere il fondo della bottiglia.
Wagner viene catturato già il giorno dopo a Boston e la notizia del brutale doppio omicidio si è già sparsa non solo sulle isole ma anche sulla terraferma. A Portsmouth, dove viene condotto, la folla gli urla contro di tutto e ne invoca il linciaggio. La polizia riesce con fatica a scortarlo in cella.

Sin da subito, però, Louis si dichiara innocente: con lacrime e sdegno, nega ogni coivolgimento.
Persino quando viene messo faccia a faccia con Maren, John e Evan, Louis nega ogni addebito.
L’accorato saggio di Celia si conclude compatendo il povero Evan, devastato dalla perdita della moglie, e raccontando di come Maren e John si siano poi trasferiti in una nuova casa sulla terraferma.
Per noi, invece, la faccenda è tutt’altro che conclusa, ci sono tanti altri aspetti che meritano approfondimento.
Partiamo dal presupposto più ovvio, e cioè che il colpevole sia davvero Louis Wagner. Le domande che mi sono subito venute in mente sono sostanzialmente due. Perché non ha ucciso anche Maren? Perché non ha rubato i soldi?

L’isola di Smuttynose è un’isoletta, la esplori in breve tempo, e oltretutto Wagner la conosceva come le sue tasche avendoci vissuto per un anno. D’accordo, la luna è velata e il buio rende più difficile la ricerca, ma dove può mai rifugiarsi una donna sola, coi piedi nudi, in preda al panico nel buio della notte? Ci sono anche minimo tre ore di tempo prima che sorga il sole e rendersi uccel di bosco prima che qualcuno venga a ficcare il naso. Nel saggio, Celia Thaxter scrive che l’assassino, dopo aver ucciso anche Karen, si siede tranquillamente in cucina a fare merenda (impronte di sangue vennero rinvenute sulla teiera), trova quindici dollari e se li intasca, va al pozzo e tenta di lavare il sangue dai vestiti, poi trascina il corpo di Anethe dentro casa. Poi va via temendo di essere scoperto, il tempo scarseggia e non può quindi mettersi a cercare Maren. Celia doveva avere più di una fetta di salame su entrambi gli occhi: al posto di buttarti subito alla ricerca dell’unica persona che ti ha visto ammazzare due donne, ti metti a far colazione e a gingillarti al pozzo per lavare sangue che sai già che non verrà via?
In quanto ai quindici dollari, Celia afferma soltanto che li ha presi e stop, ma in un altro articolo d’oltremanica, che non sono riuscito a ritrovare nel mare della rete, l’articolista dice che Wagner temeva di rubare tutti i seicento dollari per non finire in guai più grossi.
Quest’articolista doveva avere un intero assortimento di salumi sugli occhi quando ha scritto una boiata del genere.
Tu assassino hai appena affettato due donne manco fossero dei quarti di bue e davvero ti preoccupi di NON rubare seicento dollari? Fossero anche stati quindicimila e seicento, i soldi sono davvero l’ultimo dei tuoi problemi con la giustizia.
Altri appunti sparsi: io non ho sottomano, ovviamente, i rapporti della pula statunitense, ma pare che i colpi inferti a Karen e Anethe facciano presupporre che o l’assassino è di corporatura minuta o è una donna: le ferite, infatti, sono poco profonde, escludendo che siano state provocate da un uomo forte di oltre un metro e ottanta e almeno ottanta chili di peso.
Tuttavia Wagner non aveva un alibi e il 6 marzo prende il treno e va a Boston, comprando abiti e scarpe nuove, coincidenza troppo curiosa per uno che dice di non aver commesso alcun delitto. Wagner tenta di incolpare Maren, ma salta subito all’occhio anche un’altra evidenza: se davvero è Maren l’assassina, come poteva sapere che proprio quel giorno Louis Wagner non aveva alibi per i delitti? Sarebbe potuto essere in un bar, in un motel, in compagnia di qualcuno che avrebbe potuto testimoniare senza ombra di dubbio in favore di Louis e smontare in un attimo l’accusa di Maren.
Anche vero, di contro, che è facile che un vagabondo ubriacone possa non avere un alibi con mezzo straccio di solidità.
Impossibile non notare, poi, che si fa fatica a credere che una donna minuta abbia potuto resistere per oltre dieci ore al freddo con soltanto una sottoveste addosso e senza evidenti segni di assideramento. E non è l’unica cosa che si nota, tra l’altro. Maren, durante il processo, rende una testimonianza con più di una contraddizione. Per esempio, prima di fuggire all’esterno, ricordate che aveva tentato di aiutare la sorella Karen a rimettersi in piedi? Il cadavere di Karen fu rinvenuto in un luogo disabitato e ben lontano dalla Casa rossa, mentre Maren afferma di aver portato Karen in camera da letto.
Ora, tu sei appena scappata da quella stessa camera e che fai? Ci porti tua sorella prima di svignartela? Sorry, qualcosa non quadra.
Inoltre, è stata la stessa Maren a insistere affinchè Karen dormisse in cucina e non in una delle stanze del piano superiore della casa. Maren affermò che le stanze di sopra erano più fredde e che quindi la sorella avrebbe dormito meglio in cucina. Caso strano, era la prima volta che succedeva una cosa simile.
Altra teoria, sempre di Wagner, era che a commettere gli omicidi fosse stato John Hontvet. Ma Hontvet era a Portsmouth e anche qui Louis fa un buco nell’acqua, primo perché ci sono molti testimoni a favore di John, secondo perché la teoria secondo cui John volesse liberarsi di Karen e Anethe – poiché erano bocche in più da sfamare che gli portavano via soldi preziosi – era alquanto bislacca.
Tra i possibili sospetti c’è addirittura Karl Thaxter, figlio di Celia. Karl, infatti era stato uno dei primi a parlare con Maren dopo che era stata portata via da Smuttynose in seguito agli omicidi, ma anche qui esiste solo la teoria non supportata da indizi precisi. L’unico addebito nei confronti di Karl è che è ritenuto un tipo alle volte violento. Troppo poco per rovesciargli addosso un’accusa sensata.
E nelle teorie che si formularono poi nel corso degli anni non va dimenticato il famoso pescatore inviato da John ad avvertire le tre donne che non sarebbero tornati a Smuttynose.
Risulta impossibile, però, credere che la stessa Maren non fosse coinvolta in qualche modo. Se ne convinse anche l’opinione pubblica, con la gente che arrivò addirittura al punto di organizzare una marcia in favore di Wagner per evitargli il capestro. La sensazione, all’epoca così come ai giorni nostri, è che Wagner sia stato sì coivolto nell’accaduto ma che fosse proprio Maren Hontvet l’anima nera di quanto successo, in quali termini non lo sapremo mai.
In ogni caso, possiamo esaminare i punti stilati dalla giuria di Boston che emise il verdetto di colpevolezza di Louis Wagner, condannandolo così all’impiccagione.
  1. un bottone, si suppone di proprietà di Maren Hontvet, fu trovato nel portafogli di Wagner quando venne arrestato il 7 marzo a Boston.
  2. Wagner conosceva molto bene Smuttynose, la casa e dov’era l’ascia in cucina. Era inoltre a conoscenza dell’ubicazione di una seconda ascia di proprietà di John Hontvet.
  3. Wagner era un abile uomo di mare e molte volte aveva percorso il tratto da Portsmouth alle Shoals.
  4. Le impronte degli stivali di Wagner sembravano corrispondere a quelle trovate a Smuttynose e a quelle trovate sul luogo dove era stata abbandonata la barca usata per la traversata.
  5. Wagner non aveva un alibi.
  6. Wagner aveva tenuto strani comportamenti a Boston, dove testimoni l’avevano udito affermare di aver ucciso due marinai e di aver bisogno di uccidere ancora.
  7. Quando Wagner fu arrestato a Boston non oppose resistenza, né chiese per quale motivo la polizia lo stesse traducendo in arresto.
  8. Wagner era indebitato e senza lavoro, per cui era stato costretto a compiere omicidio a fine di rapina.
  9. Wagner aveva chiesto tre volte a John Hontvet, a Portsmouth, se sarebbero tornati a Smuttynose quella notte, offrendosi di aiutare John con il carico. La notte, Wagner sparì e non tornò ad aiutare Hontvet, Mathew e Evan come promesso.
  10. Fu ritrovata una maglietta di Wagner, insanguinata. Test chimici dimostrarono che il sangue era umano.
  11. L’affittacamere del luogo ove alloggiava affermò che Wagner non era presente la notte del delitto.
  12. Molti testimoni videro Wagner nei pressi di New Castle, luogo dove venne ritrovata la barca utilizzata per la traversata.
  13. La borsa di Maren, insieme a quindici dollari, alcune monete e un bottone, non erano mai stati trovati sull’isola. A Boston, Louis Wagner comprò abiti nuovi (nonché il biglietto del treno), spendendo in totale circa quindici dollari.
Molte di queste prove, si capisce, sono indiziarie, mentre altre pesano effettivamente come macigni.
Wagner fu riconosciuto colpevole di omicidio premeditato e impiccato il 25 giugno del 1875, dopo un processo durato appena 27 mesi.
Poco tempo dopo gli omicidi, Maren e John si spostarono sulla terraferma, ma non passò molto che lei e Evan tornarono in Norvegia, mentre John Hontvet rimase negli States, risposandosi.
La scrittrice Anita Shreve romanzò poi la vicenda basandosi sul saggio della Thaxter, indicando Maren come colpevole, spiegando i delitti come la conseguenza dell’incestuosa relazione che Maren aveva col fratello Evan.
Dal libro, “Il peso dell’acqua”, fu tratto il film omonimo con Sean Penn, che ha ispirato la stesura di questo articolo un po’ confusionario e con alcune lacune (credo, e spero, non pesanti) ma che mi auguro possa essere stato di piacevole lettura. Se invece non avete gradito, prendetevela pure con gelostellato, che ringrazio per avermi “ospitato” nel suo blog.
La fonte principale grazie al quale ho potuto approfondire l’argomento è il sito http://seacoastnh.com/smuttynose/index.html
Qui potrete trovare sia il saggio di Celia Thaxter che la testimonianza di Maren Hontvet al processo, nonché ogni genere di informazione sui delitti di Smuttynose.

Comments

  • 12 Marzo 2013

    Mano a mano che leggevo capivo di conoscere già la storia, grazie al bel film di quella bravissima regista della Bigelow.
    Probabilmente un filo troppo melenso in alcuni punti, sul calcare certa sofferenza e certa poesia, ma rimane una pellicola affascinante e che racconta bene la storia riportata in questo articolo.
    Bel guest post, vai Vampiro!

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  • 12 Marzo 2013

    Ah, ma allora, il Vampiro ogni tanto tira fuori la testa dalle carte a quattro semi e dai libri di poker in cui, ultimamente, è spesso immerso. Bella Gab!

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  • 4 Marzo 2014

    Bellissima storia. anche io mi chiama Gabriele Lattanzio e volevo far presente che c'è un'errore nell'anteprima della foto in alto a sinistra su questa pagina http://www.liquida.it/gabriele-lattanzio/#_-_ perchè è stata messa una mia foto che non centra nulla con il Gabriele Lattanzio di questo racconto….è possibile eliminarla? ….Grazie.

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    • 5 Marzo 2014

      quella pagina non è roba mia, mai messa, e mai cliccato in vita mia su inliquida, quindi, sì, insomma… dovresti dirlo a chi ha ha messo quel post 🙁

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