"Un gatto alla finestra" di Hans Tuzzi***

"Un gatto alla finestra" di Hans Tuzzi***

Veloce, penso. Sarò veloce, in questo post, per parlarvi di “Un gatto alla finestra”, di Hans Tuzzi, un racconto semi-giallo alla sua prima pubblicazione in Italia.
Anche perché, riguardandolo, mentre sto aspetttando che si scaldi un po’ l’acqua per la doccia, nudonudino qui al pc, mentre ascolto il primo disco dei Verdena, non so bene perché l’ho ripescato, forse perché è meraviglioso, dicevo, riprendendo in mano questo libretto ho pensato che era stato piacevole, leggerlo, in questo periodo dove fatico a leggere qualunque cosa.
E’ breve, una sessantina di pagine contro le solite 75 di media, ed è molto, molto scorrevole.
Si parla del commissario Melis, di Milano, di un giallo che non esiste da risolvere, e ancora di Milano.
E’ un giallo vintage, se vogliamo, e non solo per l’ambientazione, scelta “ai tempi dello storico sorpasso del PCI sulla DC” ma soprattutto per il piacere di descrivere una città e un’epoca che cambia. Il protagonista, principale indiziato di un crimine che non è stato commesso, pare, è un ex tipografo, e nel suo parlare eccolo sciorinare la Milano di una volta, il lavorare bene, il vivere lontano dall’immigrazione e dal crimine, che ancora devono arrivare. E così è per gli inquilini dello stabile dove due bambine, uscite di casa per giocare e sperdute nella Milano notturna, hanno visto tagliare la testa a un uomo, in controluce. 
E siccome è improbabile che le due bimbe, una volta ritrovate, abbiano la notte successiva lo stesso identico incubo, è chiaro che Melis, un commissario che ci dà uno spaccato sia della città sia della vita di un poliziotto, pensa e annusa che sotto ci sia qualcosa di strano.
Così si indaga tanto per sport, senza niente tra le mani, con questo Colnaghi, milanese doc, che sembra nascondere qualcosa, anche se dice tutto e spiega fin troppo. 
Si intuisce che potrebbe essere colpevole di qualcosa, forse, ma di cosa?
E allora ecco che la narrazione, sciolta, leggera, forse un po’ scontata, a tratti, diventa veicolo per dire altro, per farci respirare l’aria sporca di Milano e delle sue pecche, per farci vedere com’era, criticando implicitamente, il com’è, ma apprezzando, di nascosto, il come potrebbe essere. 
Insomma… diciamo che è un raccontino piacevole, anche se – dovessi fare la solita pignainculo – vi direi che non ho apprezzatto tantissimo che un particolare come le patate, cucinate senza amido, mi raccomando, siano una chiave di volta di un giallo che non si dà modo al lettore medio di capire da solo… Certo, apprezzabile il ragionamento di Melis, che emerge come un commissario integerrimo, molto colto, tenace, osservatore, con molto intuito, però è bello anche quando il lettore si dice: “merda! che pirla che sono! se avessi letto più attentamente…!” e qui lo si fa per due o tre cose, ma non per le più importanti. 
Comunque non è una critica, eh. Si capisce che siamo di fronte a un giallo atipico, non si danno altri possibili colpevoli. Tutt’al più, da scoprire, è il fatto che ci sia o meno un reato. Però, tutto e volto a lasciare una storia e una serie di punti di vista, di giudizi, di riflessioni… Mi viene in mente, per dire, la moglie di Melis, che viene usata in via indiretta (non entra mai nella vicenda, ma è presente in 2-3 occasioni come una sorta di costola narrativa) per mostrare come vive un poliziotto e chi gli sta intorno. Niente di originale, per carità, ma era per dire che non bisogna arrabbiarsi se non si viene coinvolti in una indagine in cui da N sospetti si estrae X colpevoli.
Bene, è tutto, Valvonauta è arrivato a Viba, canzone splendida, e io mi butto sotto la doccia… e presto arriveranno i risultati della geLotteria! E intanto ho cominciato a leggere Lovecraft, anche se ero indietro di Colette e Magris e domenica arriva Roth.

Comments

  • 16 Settembre 2012

    Lo leggo oggi, va.

    Comincio a rimanere un po' indietro con questi racconti… Sai di quant'è fatta tutta la raccolta?

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    • 16 Settembre 2012

      anche io sono indietrissimo! 🙁
      sto finendo lovecraft e poi vorrei leggere quello di oggi, wild, e quello di tal colette.
      Non ho idea quanto vadano avanti, ma secondo me arrivano a 100 🙂

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  • 18 Settembre 2012

    Detto e fatto (e letto pure).
    Non mi è piaciuto granché. Parte bene, ma poi mi sembra un'accozzaglia di forzate coincidenze che sa tanto di accozzaglia. E pure forzata.
    E del finale, ne vogliamo parlare???

    P.S.: ho iniziato Lovecraft… Eh, tutta un'altra cosa… 😉

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    • 19 Settembre 2012

      ma guarda, io fino a metà e più, non ero dispiaciuto. poi effettivamente il finale con soluzione che compare all'improvviso, ha ben poco del giallo riuscito. Temo che questo tipo di storie, dove oltre al giallo dai spazio anche a ambientazione e vite personali del personaggio principale, abbiano bisogno di più pagine.
      Se ci pensi, in un racconto breve così, tutta la manfrina sulla vita di coppia del commissario e sulla descrizione della città è del tutto superflua e sarebbe stato meglio dare un altro indiziato o anche due, per costruire l'intreccio giallesco.
      poi dialoghi come con la vecchia a me non sono dispiaciuti.
      Insomma… ho letto di peggio, ma hai ragione te, con lovecraft è stata tutta un'altra musica. Il racconto va pensato racconto, è inutile, soffre gli adattamenti e le compressioni 🙂

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