“Il ballo” di Irene Nemirovsky***
E’ una giornata partita piovosa. Ieri un sole che spaccava ma non potevo andare a prenderlo, oggi che potevo niente. In realtà non ne ho nessuna voglia.
Dovrei fare delle cose, delle cose che dovrei, ora che lo spettacolo cinquecentesco ha avuto fine.
E sono passati giorni.
E succedono cose.
Belle. E brutte o quasi bruttissime.
Si rimane fermi, muovendosi, ed è quella cosa della sabbia che che si toglie da sotto i tuoi piedi, portata via dalle onde. Quella sensazione insomma… che è piacevole finché puoi spostarti. A volte, non puoi. E quindi, direi, vediamo di parlarvi solo del libro.
E’ un racconto.
Lungo ma non troppo, famoso, credo, vuoi per il film, vuoi per le numero edizioni, vuoi perché le autrici ammazzate dal nazismo diventano sempre famose.
E aveva pochi anni, la Nemirovsky, o come cats di scrive, e lo scrive, questo racconto, in Francia, e l’ambientazione è la sua. E’ un racconto di una famiglia arricchita, ma che nobile non è e non lo sarà mai, e una delle strategie per diventarlo, o almeno tentare, è appunto circondarsi di altri nobili, darsi rango con il riflesso del rango altrui.
E ci provano, i genitori della nostra protagonista, Antoinette.
Che poi, al pari di lei, io dico che la vera protagonista è la madre, Rosine.
Rosine e il suo dramma pronto per essere vissuto. Rosine e la sua fame di fama, di voglia di essere ciò che palesemente, ci accorgiamo da fuori, non sarà mai.
E’ un bel racconto, dai, godibile, con questi due personaggi, madre e figlia, che alla fine si passano il testimone. Lei, Rosine, una ex troia, la figlia forse, un germe di nobiltà, pur nella sua capricciosità, sembra poterlo acquisire.
Ci si rende conto che in questo racconto c’è cattiveria, ma non si riesce a odiarla fino in fondo.
Ci si rende conto di una sorta di giustizia, ma che alla fine giustizia non è.
Non ti sta simpatico quasi nessuno.
Né le due donne, né il padre, svanito e meno duro, ma ugualmente bramoso di nobiltà.
E la macchietta dell’insegnante di piano, ridicola quanto penosa, alla fine è l’unica che ne esce vincitrice? Perché? Boh.
In ogni caso, è tutto qua. Oggi non riesco di più. Devo andare a bagnare il campo, mio padre non può, chissà quando e se potrà mai. E io, a stare un’ora e mezza al buio, sotto la luna piena, da solo, non lo so se sarà più un morire o un rinascere. Vi saprò dire.
gigi
dai: tirati un po' su!