"Il Signore delle Illusioni" di Tanith Lee***

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"Il Signore delle Illusioni" di Tanith Lee***

Ci ho messo parecchio a finire questo mille lire – mio regalo compleannoso, tra l’altro – con le righe fitte e il font minuto, ma che dovrebbe essere stato molto simile a quello che già lessi, in passato, e piacquemi parecchio, per vari motivi.
E poi, insomma, è Tanith Lee, e tutti voi quelli del fantasy figo, quello di nicchia ma che non nicchia, me la adorate, e allora io, insomma, vado fiero di questo libro posseduto.
Però invece no, non è così, e se ci ho messo troppo, a leggere tutto il libro, è perché una cosa va detta: a tratti è noiosetto.
A tratti, sì. Magari più nella seconda parte, che all’inizio, e magari è anche un po’ colpa mia, che interrompendolo mi sono perso qualcosa, di questi racconti dall’unico corpo.
Non so… 
Resta che alcuni aspetti che già avevo ravvisato nel Signore della Notte, ritornano. Ci sono, nonostante la prosa un po’ appesantita, delle belle immagini, delle ottime similitudini, e un sense of wonder che rapisce, o almeno lo farebbe anche di più se vi fosse un po’ più di furbizia.
Eppure due cose vi sono, che non vanno.
Il centro del libro, dei vari racconti, dovrebbe essere Chuz, il signore della follia, delle Illusioni, appunto, eppure per almeno metà libro non è lui, il protagonista. Okay, ha causato gli eventi, ma è Azrarn il bello, a farla da padrone, ovvero il signore della Notte. E allora? direte voi, che fastidio ti dà? Ma, forse nessuno, ma forse sì, io volevo che questa figura, questo demone della follia, fosse ben sviluppato, come personaggio e come catalalizzatore di storie, e invece così non è stato.
Altra cosa, non perfetta, è la trama. Dico non perfetta perché se certi momenti, come per esempio la prima parte, con la madre che impazzisce assieme all’osso del suo bambino fatto sbranare dai leoni, o come la costruzione della immenza torre per arrivare agli dei, sono parti che “avvincono”, altre parti, invece, non catturano. Sì, certo… leggiamo la storia della cometa magina, del servo animalesco redento e della donna diafana, ma non si riesce a rincorrere la storia, a farsi rapire come dovrebbe essere per un fantasy, entrando in quel mondo. Con l’altro libro di Tanith, invece, m’era successo.
Come mai?
Direi che c’è più disorganicità, nei racconti, che seguono troppo questa idea di fondo della guerra tra Azrarne e Chuz, i due demoni, perdendo di vista la singolarità delle storie, e la loro originalità.
E ora che però sembra che ho detto solo cose che non vanno, occhio, che non è un brutto libro. 
C’è sempre quella qualità di mescolare l’orrore e l’originalità del mondo creato agli elementi più classicamente fantasy, che non si trova molto spesso. C’è anche quella potenza evocativa delle immagini, che in due o tre frangenti resta comunque addosso e colpisce.
Quindi sì, un libro con difetti, ma che non per il merito d’esser letta, per avere una visione poco convenzionale di fantasy.

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