Giugno 2010

La mia musa Ha le cornaE parla come un sasso.L'occhioE' un abbraccio di scaleE limpido e pulito è il passo.Accumula corrente,Elettricità.Infrange la leggeMa si oppone alle bassezze.E quando il freddo pungeSi avvolge nella pelleMa restano nuda Solo fegato e cuoreDi fronte

Poche cose ho amatoCosìTi dissiIl mareLe paroleI suoniIl mio respiroNascondesti Il disappuntoPerché l'amore umano non haLe gambeE non èUna cicatrice.Poche coseE poco chiareCertoHai detto.Ma come dimenticareChe siamo fattiCosì?

Da quando le paroleSi son fatte così sottiliE grazioseLe ritrovi inatteseChe ti gonfiano le mani,Che si fanno carezzare. E la dimenticanzaAuspicata,La rabbia sedata,La tristezza rigidaNel suo vestito da seraStaranno in piediFuori dalla portaA costruire guerrieri di cenereChe il vento soffierà.

Hai rubato gli zeriAl cuoreNe hai fatto povertàTedioRoccia umida di fastidio.Hai prestato le ditaAlle maniGli occhiAlle cigliaI passiAi piedi.ImperaviTremanteLama sottile per affettareL'ariaCon una nota sconosciuta.Ti piaceva,SuonareMa eri tuLo strumento.

La mattina ci ha aspettatoE adesso scaldaSenza fare complimenti.Del resto noiScalzi e spettinatiOcchi sporchi e labbra seccheNon ce li meritiamo affatto.Così ci resta l'acquaIl sonnoE un buongiornoPer mescolarli alla giornata.