Interviste falliche con persone folli: David Riva

Interviste falliche con persone folli: David Riva

Ed eccoci alla consegna del penultimo premio del Fun Cool!
Sicuramente voi non lo ricorderete, l’interessato sperava me ne fossi dimenticato, ma il mio interesse per le persone insolite, nonché il mio amore per la criptozoologia, non poteva non portarmi alla consegna di questo ambitissimo premio del Fun Cool!:
La folle intervista di gelostellato a David Riva.

Se qualcuno ricorda tale premio già fu assegnato, in passato, a Daniele Bonfanti, che a dire il vero se la cavò abbastanza bene.
Il buon Melantropo non è stato da meno ed è riuscito a dire addirittura delle cose figherrime, anche se ci vorranno molti wiki-linqui per intelleggerle 😀
Ma basta chiacchiere, eccovi la non breve intervista schifosa con persona schifosa!

GELOSTELLATO:
Direi che è ora di cominciare con l’intervista, vero?
Allora aspetta che penso alla prima domanda…
Ecco, ci ho pensato!

Tu sei uno scrittore, giusto? E hai anche un libro in uscita. Perciò direi che la prima domanda sarà una domanda di musica!

Allora, hai presente una canzone, noh? Bene! No, aspetta idioto… non era questa la domanda. La domanda prevede che tu immagini una canzone come una persona… sai quelle cose con braccia, gambe, occhi, ombra, cervello… Sì, sì, proprio come te… anzi, la domanda è proprio questa: Quale canzone sarebbe David Riva?

DAVID RIVA:
Hai scatenato un casino: sono andato a guardarmi la discografia che ho a casa – dagli Annihilator agli Zyklon (nemmeno ricordavo di avere un disco degli Zyklon) – e anche i siti di musica. Niente.
Si sono avvicinati in tanti, credimi: tempo fa i Queen mi avevano dedicato Seven seas of Rhye, un guazzabuglio incerto e surreale, e gli Annihilator scrissero Word salad. I Pantera avevano I´m broken, senza dimenticare che i Dream Theater mi hanno cantato dal vivo un sacco di cose lusinghiere, precisissimi e fin troppo severi con la tecnica. Mi sono riguardato gli omaggi degli Slipknot, che dicono I´m the very desease you pretend to be, e cantano I´m not suppose to be, poi mettono un po´ della mia rabbia nel ritornello di Surfacing (solo un po´ di quella che c´è in giro, eh). Mi hanno sfiorato i System of a Down in diverse occasioni, e ancora meglio hanno fatto gli American Head Charge, però la lista si allunga troppo, e non annoio oltre.
Se fossi una canzone forse sarei il Preludio e Fuga in Re Maggiore BVW 532 di J.S.Bach (sì, il compositore antico, non il chitarrista).

Se ci penso è un brano che spesso rimane in ombra, conosciuto da pochi, e vedi che già mi somiglia; per fortuna ne conservo un´ottima registrazione.
Bisogna pedalare per suonare questo brano.
Nel senso che fin dall´inizio ci sono una sequenza di su e giù vertiginosi, salite e discese sulla pedaliera, come essere sulle montagne russe, incostanti nell´umore ma sempre alla ricerca di una base su cui poggiare: ci si ferma un attimo in Fa diesis minore solo per creare un gran casino sui tasti neri, come usare un sacco di parole per dire un concetto semplice, e ritorna in Re senza che te ne accorga. Allora, alla fine, ma soltanto alla fine, capisci quello che voleva fare.
Quindi parte un fugato che lavora di fino per trovare se stesso: anche qui bisogna sudare, alzarsi quasi sui pedali, perché il tema corre, corre affidando ora a una voce ora all´altra il proprio raccontarsi (tante voci, tante storie).
Poi, inizia la fuga.
Il tema è sobrio ma brioso (ti piace questo antipodo sillabico?), elaborato ma logico.
Parte una successione che evolve toccando – cercando – tutte le tonalità maggiori e minori, aggiunge cose e ne toglie altre cercando di migliorarsi sempre, è una fuga fatta di nature rivolte in avanti, memori di ciò che hanno appena lasciato, non sempre consapevoli del luogo in cui vogliono arrivare ma determinate a non mollare mai. Qualche volta, addirittura, ha uno svolgimento tanto preciso da risultare leziosa. Verso la metà, quasi, annoia per la sua misura.
Ma è solo un attimo, si è già al finale, determinato, attento, sempre sull´orlo di sé, sembra quasi non appartenere all´epoca in cui vive. Finisce con una nota unica, tenuta quel tanto che basta per farti capire che potrebbe andare avanti per sempre a narrare. Pardon: a suonare.
Così cercavo una canzone che con le sue parole mi descrivesse, invece ho trovato che a somigliarmi è un brano che di parole non ne contiene. Ma ne dice tante lo stesso. Va bene ugualmente?
GELOSTELLATO:
Bene! Ho visto che sei stato molto stringato nella risposta, senza farmi pesare la mia cultura musicale nulla e senza tirartela con nozionismi e concetti tecnici… e vabbè, è tuo premio ed è giusto che te lo goda.
Volevo farti una domanda sui libri, ma siccome non me ne viene una originale, te ne faccio due, così puoi scegliere se rispondere a una o entrambe.
Ti ricordi quando eravamo piccoli? Che insomma, si leggeva forse di più e con quella bella innocenza che ci incollava i libri addosso ben più a lungo della pelle. Ecco, sarà capitato anche a te di leggere qualcosa che, col senno di poi, sei conscio sia una schifezza (o per lo meno un qualcosa di mediocre), però da adolescente ti è strapiaciuto. (Ovviamente non mi riferisco solo a libri).
Ricordi qualche fissa di questo genere?
Se questa non la sai, la domanda di riserva:
Hai presente quanto sia difficile far leggere i ragazzi adesso, vero? E’ inutile consigliargli i soliti classici o anche consigliare cose belle moderne. Per avere qualche speranza di accendere la scintilla della lettura in un tipico maschio 15-17enne tutto ormoni, pallone e videogame che libro consiglieresti? Almeno tre dài.
DAVID RIVA:
Ma cosa ti aspettavi???
Come se non mi conoscessi… eheh. Te la sei voluta e mo’ te la tieni!
Ovvio, rispondo a entrambe. Un’intervista come questa non capita tutti i giorni. Cazzi tuoi.
In ambito letterario un solo autore mi si è, come dire, scaraventato davanti agli occhi leggendo la prima domanda: Archibald J. Cronin. Io l’ho amato in maniera oltreumana, ma qualcuno di voi ha mai provato a leggere “La cittadella“? Oppure “E le stelle stanno a guardare” ? Beh, io ho letto anche “Il castello del cappellaio“. Due volte. Poi chiedetevi perché gli adolescenti crescono con turbe esistenziali.
Ho larghissime giustificazioni: verso gli 11 – 12 anni ho vissuto in un Collegio la cui visione del mondo era un tantino… limitata, ecco. Insomma, c’era una biblioteca zeppa di enciclopedie (medicina, geologia, astronomia, manco una su come si fanno i bambini) e di libri per ragazzi (Salgari, tutti i classici anche stranieri e latini e russi, e poi Dickens e altra gente così, finanche Proust e molti francesi, Tolkien, mi ricordo, lessi persino Dersu Uzala). Eppure presi una scuffia per Cronin. Inspiegabile.
Per il resto, un po’ più avanti mi piaceva il giubbetto di jeans. Ci indossavo sopra il bomber senza maniche, d’inverno. E mi piaceva succhiare la radice di liquirizia. Colpa di Cronin, ci faccio giù quello che vuoi. Ah, guardavo anche i film di Dario Argento: conosco a memoria la colonna sonora di “Inferno”, l’avevo su musicassetta.

Mi fermo qui, scavare in queste cose fa male al cuore, se a uno ne è rimasto un briciolo.

Alla domanda di riserva rispondo: magari leggessero Cronin!
Sono piuttosto lontano per gusti e idee dagli adolescenti odierni. Come tutti, d’altronde. Quindi ti porto tre libri che mi sarebbe piaciuto leggere quando ero adolescente, con la testa in aria e ormai fuori dal Collegio (e come tutti giocavo a pallone, ai videogame con 200 Lire a partita, e alla fine ho scoperto anche come si fanno i bambini).
Niente di grosso, di intellettualoide, di adulto.
Il primo si intitola “Endurance. L’incredibile viaggio di Shackleton al Polo Sud“, di A. Lansing. Racconta la storia vera di uomini veri, supereroi come non ne fanno più, con poteri umani che sono lealtà, coraggio, determinazione, resistenza, saggezza.
Il secondo è “Diario pulp“. Sì, ok, è di Edizioni XII e Strumm è un amico. Ma il cielo mi strafulmini se non è il romanzo migliore che abbia letto negli ultimi anni. Ci sono le parolacce ed è splatter, roba che agli adolescenti piace da morire.
Il terzo è “L’esorcista“. Un classico, d’accordo. Ma prova a leggerlo d’estate: c’è il caldoumido che ti ammazza e nessuno per le strade, non c’è nient’altro da fare perché i centri commerciali sono chiusi, gli amici al mare, sei a casa della nonna e rovisti tra le anticaglie del cassotto quando trovi un’edizione del 1976 e cominci a sfogliarla. Ti tocca chiuderlo a un certo punto, per la paura che escano Cose dalle pagine. Cose che possono venire a prenderti, che possono entrarti dentro e farti Male.
Beh, per una volta gli ormoni sono l’ultima delle tue preoccupazioni.

Vaivai, che inizio a divertirmi!

GELOSTELLATO
ehehehe
fico!
Ci credo che ti diverti come un matto, ma… ti sei reso conto di quanto hai scritto? Non so quanti lettori sono arrivati a questo punto del post… Ehi, dico a voi… amici di blogghe, se siete arrivati fin qui alzate una mano con un commento.
Mmm… mi pare che nessuno abbia commentato… Strano… Che sia perché non ho ancora pubblicato il post?
Dài, facciamo così, dividiamo l’intervista in due parti e cambiamo domanda per gli amici di blogghe.
Ehi amici di blogghe… Quanti di voi vogliono leggere anche la seconda parte? Avanti, alzare la mano…

Comments

  • 23 Febbraio 2010

    io!

    reply
  • Mel
    23 Febbraio 2010

    Coraggioso… 🙂

    reply
  • gelostellato
    23 Febbraio 2010

    coraggiosa 😉

    e comunque anche io!
    ahahaha

    reply
  • 23 Febbraio 2010

    Io io!

    reply
  • 27 Febbraio 2010

    Sebastian Bach è un cantante, non un chitarrista.

    Ci tengo a sottolinearlo perché, così, faccio apparire ancora più bassa la tua cultura musicale 😛

    Impressionante la Fuga di Bach, non l'avevo mai sentita (non si finisce mai di imparare, ma proprio mai!)

    reply

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