Novembre 2012

Tu la conosci la pioggia, vero?  Ti ho vista, mentre le guardavi il culo, che rincorreva il frusciare  Di una bicicletta; Avevi contato tutte le gocce,  Scardinato le porte delle prigioni  Attorno alle pozzanghere,  Guardato l'asfalto Mentre si riempiva di specchi, Per rubare la modestia ai crepuscoli

Avranno volti corrosi, ammuffiti; Occhi scrostati, cigolanti; La voce nascosta da una maniglia E cammineranno sulle gambe delle sedie, Cercando la carezza ombrosa delle fronde. Il tepore dei muri Si perderà in chiacchiere da nulla  Con l'autunno E i suoi piccoli becchi E il fumo dei suoi

  Fallimmo,  Nel circumnavigare il cuore  Delle tenebre e dei leoni.  Imbarcammo valigie troppo anguste,  per la fantasia,  Fummo costretti a usare secchi,  Pentole, Bicchieri,  Pativamo la fame e la sete,  Non avevamo di che liberare la stiva,  Dai topi e le sirene,  Troie bugiarde e suscettibili,  Latravano impunite.  Così navigammo a vista, La bussola

Ti penso scrivendoti, Come brezza che verga la rena,  Con sottili,  Sconfinate,  Innocue serpi  E bastioni issati Da un pettine o una zampa Di pellicano;  Come la vena, Che strema la foglia, Nella piega che arraffa La melanconia di novembre. E scrivendo ti temo Tu che a difesa del sacro Hai