
Interviste falliche con persone folli: David Riva
GELOSTELLATO:
Dunque, lasciami il tempo per pensare alla terz… ecco! pensata!
Abbiamo parlato di musica e libri, logicamente ora tu ti aspetti una domanda sull’arte pittorica, ma io invece voglio stupirti e ti farò una domanda sull’arte pittorica!
Allora, immagina di poter creare un capolavoro, mischiando tre quadri che tu ami particolarmente o che comunque trovi affascinanti. Hai immaginato? Bene, descrivimi questo capolavoro composto da tre opere! (avrei potuto chiedertelo fatto di sei opere, ma oltre a cagarci il cazzo per ore con la tua boria ti saresti divertito troppo e ne sarebbe uscito un qualcosa che la mia nipotina di tre anni ha già fatto con il pongo. quindi bastano tre.)
DAVID RIVA:
Mamma mia, bella e difficile!
Dài, questa la faccio corta… seeeee, ti piacerebbe!Siccome per comporre un quadro così ci vuole spazio, prendo come base “Il giardino delle delizie” di Hieronymus Bosch, diciamo il pannello centrale e quello di destra del trittico, in questo modo ho quasi 4 metri quadri per metterci Cose. Nel “capolavoro” la realtà oltrepassa la percezione umana e si infila nei meandri deformi dell’immaginario collettivo, tanto che si fatica a capire il senso di molte cose e lo si afferra con sensi che neanche si sa di possedere. Il compito di chi osserva il quadro – di chi lo vive – è ricomporre i significati, le allegorie, le strutture della rappresentazione, oppure accomodarsi in un angolo limitandosi a guardare ciò che succede, per poi raccontarlo.
Al cielostellato, agli alberi e ai prati pensa Van Gogh, così il quadro sincretico sarebbe immerso nei tratti grossolani e sovrumani della “Notte stellata sul Rodano”, che terrei appeso in camera da letto se solo il Musée d’Orsay non fosse tanto restio a regalarmelo.
Il terzo elemento pittorico di questo Frankenbild è la luce: direi che la affido a Caravaggio, fin troppo scontato. “Salomé”, se devo scegliere un’opera, oppure la “Testa di Medusa” che era raffigurata sulla scatola di metallo nella quale si tenevano i rocchetti del filo per cucire, insieme agli aghi e agli spilli (mai toccati quegli spilli, giuro, e popolavano i miei incubi infantili gli occhi di quella testa mozzata).
Ovvio che da tre capolavori ho tirato fuori un ibrido mostruoso, però se chiedessi a Diramazioni ne tirerebbero fuori un’illustrazione straordinaria, ne sono certo.
Mica è stato facile, sai???
Vaivai, altre domande, altre domande!
No dài, scherzo. Poveri amici di blogghe…
GELOSTELLATO
Io non scherzo, invece. 🙂
Dunque… vediamo una domanda che ti precluda risposte lunghissime… Parole. Tu, sicuramente, sei un innamorato delle parole. Ogni scrittore ha le sue, quelle che usa e che soprattutto ama. Per suono, semantica, grafica, ricordi, emozioe… e chissà quanti altri motivi. Quali sono le tue?
RIVA:
Se.
Perché.
Come.
A pensarci un attimo non sono solo parole, sono strumenti.
Chiaro cosa intendo, no?
Grazie a questi uno può permettersi di creare tutto quello che vuole.
Prendi tutti gli ingredienti che vuoi – c’è chi ti direbbe che la mia parola preferita è “iatrogeno” – ma senza i tre che ho nominato riuscirei a comporre ben poco, quindi, almeno là dove hanno origine pensieriparoleopere, le mie preferite sono loro. Rappresentano il fulcro attorno a cui ruotano mondi e metamondi. I miei, almeno.
Poi vengono tutte le altre, piacevoli per bellezza etimologica o affettiva. “Vento”, per esempio.
“Ombra”, sì.
“Eternauta”.
“Delirio”.
Ci sarebbero anche vocaboli stranieri, ma questa è un’altra storia.
Ah, quasi dimenticavo!
“Caos”.
Dài, stavolta mi sono contenuto.
GELOSTELLATO:
Bene
Mi piace quest’intervista.
Credo sia venuta meno pallosa di quella del Gatto, sei contento? (ovviamente lo sto dicendo solo per lusingarlo, gatto, sai benissimo che era meglio la tua). Direi che possiamo passare all’ultima domanda, che ne dici? Niente devi dire, ovvio. L’intervista la faccio io. 🙂
Allora… dài, parlami male di qualcuno. Perché lo disprezzi, perché ti infastidisce, perché ti ha fatto del male… Scegli tu. Non vale dire che ami tutti o che vuoi parlarmi male dell’invidia, o del solipsismo. No. Nome e cognome, o ragione sociale, e via, dì quel che devi.
DAVID RIVA:
gigi
Io mi sono divertita.
Di più nella prima parte, devo dire, ma anche la seconda noj era male.
Complimenti per la trasmissione 😀
Val.
finalmente una recensione intelligente! 😛
bella la domanda artistica
e bella anche la risposta
Van Gogh impera
c'è poco da fare
bravi ragazzi
ciaooooooooo
Daniele Bonfanti
La sua intervista è molto meno pallosa della mia, ma la mia era di gran lunga più iatrogena.
(E guardate io lo so – oh, se lo so – che la sua parola preferita è "iatrogeno", e avrebbe voluto essere più iatrogeno lui, ma ehi).
Andrea Di Castro
Divertente. Sclerato ma divertente.
http://andreadicastro.blogspot.com