“La strada” di Manu Larcenet****
Il lunedì è il mio giorno preferito. Forse l’unico. Va migliorando via via, mentre diventa sera e verso quest’ora sembra esplodere. Per esempio adesso ho in testa questo verso – Stammi vicino e non pioverà – e lo trovo bello. Di una bellezza semplice e lapidaria. E proprio poco fa, con molta calma, con una bella calligrafia, ho potuto prendere un foglio. Il retro di una liberatoria del cats, e scriverlo. In mezzo alla pagina. Ho anche altre cose intorno, che mi girano in testa, e alcune ne ho scritte alla due, ignudo sul letto, mentre leggevo la prima metà di questa graphic novel di Manu Larcenet. Ma le righe non le ho con me e non andrò a riprenderle. Se tornano erano belle, se non tornano ne verranno altre.
Ma dicevo del lunedì. Io credo di sapere, alla fine, cosìè che lo rende così speciale, vivo e degno. Non credo sia possibile vivere di lunedì, ma nemmeno senza. Il motivo, comunque, è che faccio cose. Faccio tante cose. Innumerevoli cose mescolate, come burrasca, come sciame. E facendo cose, si arriva a un certo punto che puoi essere stanco e cominciare a fare cose tue, le tue cose vere. Il motivo per cui hai fatto in modo frenetico tutte le altre cose. Come appunto riuscire a mettere giù un moscow mule, piazzare il nuovo Cave per vedere com’è e dopo avere finito di leggere l’altra metà di questa graphic scrivere il verso che vi ho detto. E queste righe, anche. E anche se pensate che stia divagando, non è proprio così.
Ma poi uno dice, che cosa hai fatto. Quali sono tutte queste cose. Ma cazzate, ovvio. Ruotano, cambiano, sono sempre diverse, in my head, ma alla fine, il denominatore comune è che si accumulano ed è come se ne fosse schiacciato, se non le faccio. Tipo oggi, a partire da mattina, ho eliminato un paio di podcast per strada, il woke della sociolinguista e le notizie del costa, e poi ho ascoltato òure un paio di canzoni che mi ero ripromesso di, e poi ho scaricato la roba a casa, vestiti, le cose dello spettacolo, libri, e poi mi son detto, Vado a pesca, e mica tipo i pescatori normali, macchè, 5km a piedi, facendomi portare dalla vecchia, abbandonandola al sole con giornale e acqua, ma la soddisfazione di pigliare un paio di trote kilometriche, dove nessuno va, e poi tornare, fare un bancomat alla vecchia, bere, pulire le trote, ascoltare altre cose che volevo, leggere le mail e rispondere, primadoccia, sistemare l’area griglia, lavare la tenda arcobaleno, bagnare le piante, raccogliere lamponi, sistemare i vestiti, pulire il pavimento, sistemare i libri, la carta e le immondizie, misurare il muro per fare il murales, pigliare le uova, guardare un po’ di paralimpiadi, vedere come piazzare le trote normali, andare a portarle, fare la spesa di alcolici e altre cosacce,, beccare Paola, chiacchierare, tornare, lavare le scale, pompare la bici, lavare la panca dalle cacche di uccello, dipingere una sedia ma poi smettere, tentare di organizzare il gelato in ferrari, vedere per le birre di domani sera, scrivere a serena stiefin lucia e poi boh e poi fare una corsa, la doccia sotto i pluvi dell’irrigazione, ascoltare metà di Indagini, e cenare, secondadoccia, paralimpiadi again, e poi votare i racconti, e poi scegliere le canzoni per la beta version e poi finalmente arriva il momento adesso, quell’adesso di poco fa. Ed è un adesso leggero. Con la frase che vi dicevo: Stammi vicino e non pioverà.
E se ci penso, per puro caso, è perfetta per riassumere “La strada” di Cormac McCarthy, che è arrivato qui, sulle chine di Larcenet, che già avevo incontrato, sempre per un regalo di completanno di Serena, e che già era stato molto bello. Brodeck, se ben ricordo, credo fosse il primo Brodeck. Ma insomma… è stato un bel regalo di compleanno, questo, e me lo terrò prezioso. Anche perché, se dovessi non prescindere dall’opera di McCarthy, dovrei mettere anche la quinta stellina, perché insomma… certe cose, certi passaggi, certe frasi son sue e la tavola brilla di suo e strabrilal di riflesso mccarthiano, da quanto il passaggio si fa perfezione sui grigi.
E vi dicevo di come, in un certo senso, la frase che ho in testa e che magari poi troverete tra le quasi poesie, è perfetta per un tema del libro. Protezione, educazione, posizionamento di un figlio a opera di un padre, ma io non vorrei che fosse così restrittiva, la visione che si adatta al rapporto familiare. Padre e figlio, i protagonisti del libro, privi di nome e quasi privi di un passato, potrebbero essere anche qualcos’altro, a livello di rapporto. E’ proprio quest’idea di protezione a oltranza, di insegnare a oltranza, di essere coerenti con un pensiero, il pensiero dei buoni, e di portarlo fino alla conseguenza finale, ecco… insomma… è tra gli aspetti più pregevoli e soverchianti del libro, e parlo di Cormac, ma anche e soprattutto della graphic. Eh, sì… perché quando scegli cosa raccontare, quali parole mettere in bocca ai tuoi personaggi, da un libro intero fatto di dialoghi magistrali, ecco… non è una scelta senza conseguenze. Stai prendendo alcuni colori del libro e con quelli stai dipingendo.
Mi spiego. Credo sia poco consigliabile leggere questa gn senza aver letto il libro, ma credo anche che l’ordine non sia necessariamente libro-gn, ma possa essere invertito. Certo… qualcosa ti perdi. Per esempio la cenere. La cenere che è ovunque, tra le righe di Cormac, e che nei disegni di Larcenet diventa grigio (grigio nero, grigio giallo, grigio bianco, grigio grigio, soprattutto…) E la cenere, quella della decadenza, del colore venuto dallo spazio di lovecraft, è soprattutto nel libro. Se uno non sa niente del libro potrebbe pensare che il grigio sia uno stile, e invece è una necessità, un dovere, una professione di onestà fumettistica nel trasportare la narrativa nel segno.
E i silenzi, poi, sono un altra necessità. Ne cito uno per tutti, i silenzi del padre nelle due volte in cui il figlio si spoglia, per l’oceano e per un fiume. Non servono parole, ma la tavola è talmente potente che è come se gridasse. E insomma… davvero un gran lavoro, questo di Larcenet. Da rileggere, anche. Perché se io mi ero abbastanza dimenticato il libro, con la sua vicenda e l’orrore umano novevolissimo sparso in ogni pagina, ecco, non nego che ho voglia di risfogliarlo per godermi i passaggi cromatici. Guardate solo un po’ le tavole che vi ho messo qui, per vedere come i colori che accompagnano il nero e il grigio siano parte della narrazione emotiva.
Poi che altro, cioè, un sacco di cose, ma non è che possiamo stare qui fino a domani mattina, che ho da valutare di andare al mare e devo finire ‘sta poesia attorno al verso e devo pure farmi una caipi lampone ecc.
Ma alcune le dico lo stesso. Anzi, lo risfoglio. E ci penso mentre ve le dico.
L’indistinto. Ecco. Quella sensazione di vuoto, di disperazione, di assoluta terrificante antivita che pervade le pagine di McCarthy la ritrovate tutta. Neri e grigi, e polvere, e stracci, e fumo, e a fare da contasto i colori che scattano sui dettagli (una lattina trovata, una confezione di cioccolata, di fagioli…). Come nel libro, in cui c’è solo un lampo di uscita dall’indistinto, alla fine, qui la trovate con il bianco. Bianco che vi siete dimenticati, mentre leggevate. Ma che pur con la speranza inoculata non vi lascia uscire dall’indistinto. Anzi… continuate a camminare.
Poi c’è la questione degli oggetti scelti per mettere dei segnali, dei punti fermi. Uno sono teschi e i morti. Un altro sono i cibi. E un altro, forse il più importante, è la pistola. Pistola che torna e torna e torna ed è simbolicamente la fine, la soluzione. E si assottiglia ma resta. Ed è la presenza di questa pistola che dà senso al nulla che la circonda. Sei libro, finchè hai una porta tra le mani, anche se è solo una calibro 22.
E poi c’è l’assenza della musica. Ascoltavo Nick Drake, adesso, che uno dice… e vabbè, se non pensi a Drake per la malinconia non sei normale. Okay… ma non ci sta. Drake non ci sta, in queste immagini. E così non ci sta Elliott Smith, e cambiando del tutto, apocalitticamente, non ci stanno manco i Nine Inch Nails… La colonna sonora della gn è il silenzio e il rumore dei passi sulla cenere.
Ma ora basta. Vado a vedere di quella frase là, rimasta da sola, cercando di staccarla da La strada, ché sarà anche un libro e una gn meravigliosi, ma non è che abbia un impatto meraviglioso sull’umore di chi li legge.