I Maestri del Colore, 16: Duccio
Voglio restituire questo Duccio, adesso che vado in Biblio a portare dei libri, compresi i due Raffaelli che ho già visto.
Toulouse Lautrec e Giorgione invece me li tengo e saranno i prossimi.
Duccio… ma sarà ben un nome fantastico, a livello di marketing, no? Lo vedrei bene per un aggeggio da cucina, o per una piccola city car da lavoro, o che ne so, il nome di un comico.
Per un pittore no, purtroppo, e secondo me è la causa che non lo caga nessuno. Oddio… c’è da dire che siamo nella seconda metà del 1200 (si ritiene che sia nato tra il 1255 e il 1260) e che il nome completo, con l’appellativo, Duccio di Buoninsegna, e quindi è comprensibile che la fama venga meno.
In ogni caso, si sa che si è beccato una multa da 100lire nel 1280, dal Comune di Siena, mentre prima dev’essere stato a Firenze. Sappiamo che la commissione della Madonna Rucellai è dell’aprile 1285 ma che poi, nello stesso anno, in ottobre, è di nuovo a Siena.
Ma torniamo alle opere. Vi dico che la Madonna Rucellai era stata attribuita a Cimabue, per tre secoli e mezzo, dal Vasari in poi, e solo tardi tardi tardi ci si è resi conto che era del Duccio. Sia mai che diamo a Siena ciò che è di Siena ma se lo voleva tener Firenze. E in mezzo a Rucellai e Maestà, come opere, c’è molta meno documentazione che sulla vita e le cazzate che faceva.
(Tra l’altro, non vi sto a dire la caciara attorno all’assegnazione al Duccio della madonna Rucellai, per intuizione di un crucco nel 1899, che tutti si ostinavano a negare inventandosi persino un pittore nuovo, fantomatico, seguace del Duccio ma che aveva colto il Cimabue… robe ufo, insomma!)
Solo nel 1930 insomma, si riconosce la vera verità, ma attenzione, per certi versi non dice molto, visto che il resto è nell’indistinto, ma per altri dice che – semplicemente – gli ambienti di Siena e Firenze pre Duccio non erano separati: prigionieri di guerra fiorentini dipingevano e si trattenevano a Siena ben oltre la prigionia, e c’era inoltre Guido da Siena, prima di Duccio, che è imprescindibile (e infatti a lui si era attribuito il San Pietro e sei storie, sbagliando, perché è forse del Duccio).
Ma basta con queste diatribe, e passiamo alle opere. Tempere su tavola di stampo religioso, ovviamente e soprattutto, come la Madonna del Crevole, qui in parte, che a me piace, con quella mano tesa in carezza…
Si vede, tra l’altro, soprattutto altrove, il suo stile miniaturista e l’influenza del bizantinismo, e okay, amen,
Poi c’è la madonna dei Laudesi, importante, e San Giovanni e le dodici storie, tutta roba che vedete a Siena.
E non dimenticare la madonna del francescano, ovvio.
Ma io che di madonne e santi mi son rotto, ora faccio ciò che faccio di solito:
smetto di arrovellarmi con la scrittura critica artistica e vado semplicemente a guardarmi le opere: pale, tavole o affreschi che siano… e ve le metto, così guardate pure voi.
E per il raccontino? Sono indeciso! Ne ho due, che mi ispirano. Uno è la tentazione, con questo bel diavolo che sembra un uccellaccio. E uno è invece proprio la Maestà, in cui tutti, ma dico tutti, sembrano invidiosi, hanno uno sguardo d’astio che consola. Vabbè, ci penso mentre guido. Uno lo metto sopra, uno lo metterò sotto…