I Maestri del Colore, 2: Goya

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I Maestri del Colore, 2: Goya

Vediamo se riesco a continuare il mio viaggio, appena iniziato, nei Maestri del colore, andando per ordine… ovvero, il numero 2. L’altra volta era Mantegna, e ho imparato qualcosa, ora è Francisco Goya.
La mia ignoranza, per esempio, non sa che è nato vicino a Saragozza, il 30 marzo del 1746, da un doratore e una nobile decaduta, e non sa nemmeno tutte le leggende e le voci sulla sua burrascosa giovinezza e vita, che, la bio, qui, mette in guardia dall’ascoltare. Vediamo…
Era caparbio e ambizioso, a quanto pare, visto che all’inizio non sa ancora un cazzo e si presenta due volte dalla provincia alla capitale venendo entrambe le volte bocciato al concorso dell’Accademia. Cosa ti fa, il Goya? Viene in Italia, 1770/71 Roma e Parma, ma di più non sappiamo. La carriera, però comincia a ingranare solo al suo ritorno e solo dopo che si sposa la sorella di un tizio famoso (Bayeu), nel 1773. Lo cagano sempre di più, con ritratti e commissioni, finché nel 1789 viene nominato pittore della Camera del Re.
Ma si sa, quando ti gira bene, la sfiga se ne accorge: si ammala e nel 1792 ce lo troviamo debole e del tutto sordo. Entra in crisi spirituale e fa i Capricci. 🙂
Sono acqueforti, datate 1799, e ci si trova le sue cose famose, quelle che piacciono a horrorofili e satanisti, insomma…
Anyway, ecco i primi pettegolezzi sui suoi struggimenti d’amore, per Maria Cayetana d’Alba, figlia, credo, non so e non è importante, della duchessa d’Alba, dalla quale si era trasferito. Dura poco, comunque, visto che la pulzella crepa nel 1802 e in ogni caso, Goya, pittore di corte, soffre per la patria, per amici in galera per le idee di libertà e insomma… il periodo storico è quel che è, e infatti, dopo l’apice della carriera di ritrattista con il Ritratto della famiglia reale (di Carlo IV) del 1800, che vi piazzo qui sotto, anche se a me questi ritratti fanno cagare.
Ma andiamo avanti. Arriva Napoleone, la guerra, e Goya dipinge il 2 e 3 di maggio, o comunque dipinge l’orrore della guerra, nel 1814. (Tra l’altro, ha ormai 68 anni, mi pare). 
L’anno dopo finisce nel mirino dell’Inquisizione, assolto, ma turbatissimo, poco dopo si ritira in periferia, vedovo, lontano dalla corte e dipinge le pitture nere, sui muri di casa. 
Intanto in Spagna Ferdinando comincia a fare le scarpe a tutti gli ex simpatizzanti francesi (eh, no, non faceva il calzolaio) e che ti fa, il Goya, che si stava cagando in mano? Dice di volersi andare a fare le terme a Plombieres, ma allunga fino a Bordeaux e vi si stabilisce, al sicuro in terra di francia. Là si dedica alla litografia, visto che è vecchio ma ancora curioso, e si mette a litografare Tori, e non pago, fa anche miniature su avorio. Siamo nel 1826, e un viaggio a Madrid gli fa rivedere l’unico dei cinque figli che era sopravissuto. Due anni dopo, siamo quindi nel 1828, a 80 e passa anni, poco dopo il compleanno, muore di vecchiaia, praticamente, non reggendo l’emozione della visita, a Bordeaux, della nuora e di un nipote, ma insomma… diciamo che la sua vita l’ha fatta va.
E veniamo alle opere, ché poi, una la conoscete tutti, se non altro per titolo, ovvero, Il sonno della ragione genera mostri, che è un Capricho, e che è un’acquaforte che devo mettere, se non altro per riguardarmela anche io, un po’.
Dovrei spendervi un po’ di parole sul rapporto tra Goya e il suo tempo, strettissimo, ma non ho voglia. Nei suoi mostri ci sono i mostri di un’epoca, e questo vi basti. 
Tra le curiosità, vi dico che nel suo primo viaggio a Madrid egli non viene toccato da una diatriba tra Raffaele Mengs (napoletano?) e Gian Battista Tiepolo, diatriba tra neoclassici e rococò, quindi.
Ma ora mi sono rotto, di parlare, e vi mostro un po’ di quadri, perché siamo qui per questo.
La Maja desnuda, 1800, è importante perché salvo un Velasquez precedente, è la prima pittura spagnola in cui si affronta il nudo, e lo si fa senza troppe scuse allegoriche, religiose o che, ma semplicemente rappresentando quanto è quaglia il soggetto. E inoltre, realizza il chiaro desiderio di spogliare la quaglia, dipingendola prima da vestita (più carina, tra l’altro)

Ma ora basta cose serie… Io voglio vedere i mostri, il diavolo e le streghe, e allora eccoveli! e vediamo se mi viene il raccontino legato all’ultima di queste opere…

Il Consiglio
Il caprone si sedette davanti al suo seguito, tronfio e vanaglorioso. Due scostumate si dettero di gomito, in un ridacchiare di sguardi, malignando sulle corna, di certo lunghe fino alle nuvole. Una vecchia megera offriva alla bestia la testa di un ragazzetto imberbe, senza arte né parte; un’altra fingeva adorazione. Gli uomini, silenziosi, svolazzavano intorno alla bestia, gonfi di moine, aspettando il momento per mettersi in luce ai suoi occhi. Con un fare cerimonioso, l’Amministratore Unico della grande S.p.A. cavò dalla ventiquattrore l’agenda e dichiarò aperta la seduta.

Comments

  • Anonimo
    16 Marzo 2014

    # Bene e ora ne sappiamo di più anche di Goya…anche se a me non piace molto #

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