"Lasciate in pace Marcello" di Piergiorgio Paterlini***

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"Lasciate in pace Marcello" di Piergiorgio Paterlini***

Ho finito di leggere il primo di quella lunga lista di libri che non sto leggendo. Anzi, ho pensato che la terrò viva, nel senso che di quei due scaffali, man mano che ne butto fuori uno, ne ripescherò un’altro, ficcandolo in ultima posizione, così voi, se volete e ancora non l’avete fatto, potete divertirvi a votare il vostro libro e fargli salire una posizione.
Però succede che leggo altre cose. E in questo giorni che tutto è pesante, leggo di nuovo a caso. Ieri mi sono fatto arrivAre, via biblioteche, un altro di questi Corti. Letture inutili, lo sapete.
Non si possono comprare, non interessano a nessuno, e quel che dieci anni fa era “youngster” ora è sinonimo di schifomerdasuperficiale.
Ma tant’è. 
L’ho messo in borsello, e stamattina avevo l’ottico.
E sono arrivato giusto, e lui con cinque minuti di ritardo, e allora ho letto 3-4 pagine. E poi è andata a pulirmi le lenti, e io aspettavo, ho letto altre 3-4 pagine. Era tanto, tanto scorrevole. Mi divertiva anche un po’.
Poi sono andato al lavoro, e insomma, io sei ore di fila senza pause non le voglio fare, e devo mangiare, e mentre magniavo del tacchino morto e dello yoghurt vivo, ho letto le restanti 40 pagine, ancora, di nuovo, molto scorrevoli.
Diciamo pregi e difetti.
Nella scrittura ravviso il pregio maggiore. Anche qui, una prima persona di un adolescente, un 17enne, stavolta, che ci racconta come e perché è scappato dal mondo. Lo capite già dalla copertina, disegnata apposta, sia il come, sia il perché.
All’inizio, tra l’altro, c’uno dei primi tre difetti, o come dire, piccoli buchi.
Non posso nemmeno dire difetti, tra l’altro, perché si vede che sono voluti.
Ma per dirveli vi dico la trama.
A 17 trovate l’amore, una donna più grande. Ma è un’amore assoluto, lo ottentete pure, quel che di più volete ottenere (una scopata, of course) e poi? E poi fine, basta, la vita continua.
Ma che vita sarà, come potrâ mai essere, se altro amore grande così non avrete?
Ecco, allora tanto vale finirla lì, sparire, ammazzarsi.
Ma poi? C’è una cosa, che ci resta, di quello che non possiamo più avere.
I ricordi.
E allora no, forse, si può fare altre, tipo ficcarsi in un’abbazia, in mezzo ai frati.E restarci.
E magari scoprire che qualcuno lo ha già fatto. In tanti, ogni anno, spariscono e non si trovano più.
E non basta Chi l’ha visto.
I difetti, dicevo. Si cita il fratello, che racconta una cosa al buon Marcello, e non si capisce subito che è un frate(llo) e io ero stato ingannato, pensando che la narrazione remota del protagonista fosse dopo che è tutto finito.
Due, si finisce parlando di seghe. Sì, un finale che ho trovato becero, che certo, il fattore sesso doveva essere toccato, ma piazzarlo come un finale, per di più tronco, non mi è stato di eccessivo gradimento.
Ultima cosa, ma è una curiosità, se mi si mette pepe sul perché un altro – Federico – abbia scelto di sparire in un convento di punto in bianco abbandonando il mondo, bisogna che mi si dia qualche elemento per sapere perché. I segreti sono belli, nei libri, quando si lascia il lettore nel letto rovente delle ipotesi. Senza, tanto valeva metterci il mistero.
A parte questo, non è male. Una scorrevolezza invidiabile e un buon estro per generare il sorriso, nella prima metà. Un po’ meno nella seconda, dove si tende a pensare che Marcello sia in pieno spleen adolescenziale, salvo poi scoprire che lo spleen gli dura una paccata di anni.
Sparire in convento, mi chiedevo… ci sparirei? Riuscirei a essere così egoista? Sì, purché mi facciano fare i miei cazzi, credo. E a Marcello glieli lasciavano fare, compreso internet.
Credo potesse bersi pure il tè allo zenzero, come sto facendo io ora.
E va bè, lo so, non è una chiacchierata ispirata, stasera. Vi posso lasciare altre cose, se vi va.
Una foto che mi ha ispirato nel racconto che ho scritto ieri, per Minuti Contati, per esempio.

Molto bella.

 Oppure vi posso mandare a guardare il mostro sul comodino, nel post ultimo sul libro di Ponti (Claude) che è una meraviglia, davvero, proprio in quel senso della parola.
Oppure, e chiudo, vi mostro uno Schiele. Uno che non avevo mai visto, che non è, per una volta, figura umana. Eccolo qua.

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