
Ti prendo e ti porto via di N. Ammaniti***
Alla fin fine, negli sterminati campi di autori italici di cui mi prepongo la lettura, Ammaniti rimane uno dei più sicuri. “Come Dio comanda” appena esce in edizione dorso giallo, entrerà a far parte della mia libreria.
Per intanto mi sono letto questo sua vecchio lavoro, forse uno tra i più conosciuti del periodo pre-IoNonHoPaura.
Ricordo di averlo cominciato all’epoca della sua uscita prendendolo dalla biblio comunale, ma era lungo e io non avevo palle, e così dopo una cinquantina di pagine ho smesso.
Adesso l’ho finito, non mi è dispiaciuto, ma diciamo che presenta ancora delle piccole pecche strutturali, a cominciare dal fatto che forse, una cinquantina di pagine o anche qualcuna in più, gliela si potrebbe levare.
Ma andiamo per ordine.
Di che parla il libro? Storie.
Storie con i soliti personaggi alla Ammaniti. Se avete letto il pluri e forse anche sopra valutato “Io non ho paura”, avrete già un’idea di come Niccolò dipinge i personaggi, partendo da piccole manie, molti flashback e molti personaggi di contorno. Così è per i due personaggi principali di questo libro: Pietro Moroni e Graziano Biglia. Pietro è un bambino di XII anni, timido, sognatore, introverso, onesto; Graziano è un playboy di 50, tutto chitarra e figa.
Da qui tutta una prima parte, forse anche troppo lunga, di presentazione dei contorni. Ed ecco che conosciamo Erica Trettel e Flora Palmieri, le due facce dell’Universo Donna secondo Ammaniti; ma anche Gloria, la bambina viziata amica di Piero, nonchè gente strana come la mamma di Graziano (cuoca iperattiva) o il fratello di Piero (pastore metallaro) . E così avanti per un microcosmo situato a Ischiano Scalo e fatto di presidi-ameba, vicepresidi-hitleriani, bidelli-puttanari, puttane-cuoredipanna, bulletti del quartierino modello CharlesManson, e chi ne ha più ne metta. A onor del vero bisogna dare atto al Niccolò di saperci fare, nell’utilizzo di questo strumento. I personaggi ti rimangono in testa, si muovono e alla fine gioca sugli stereotipi nascondendoli e piegandoli in modo da non farli più riconoscere.
L’unico difetto è che calca un po’ la mano, almeno in questo libro, rendendolo leggermente squilibrato, quando si arriva a tre quarti. In quel momento, infatti, le 300pagine lette cominciano a pesare e si ha voglia di finire il libro.
Il fatto è che il buon Ammaniti, da qui in poi, tira fuori la sua caratteristica numero due: essere crudo. Il finale che non ti aspetti è crudo e vero, e sinceramente è quello che alla fine ti ripaga della lettura. Quel senzo di: “le cose van così”, di personaggi che trovano strade inattese e di altri che le trovano e basta. Decisamente un bel modo di chiudere.
Facendo due conti quindi, da Branchie a Io non ho paura, passando per Fango, il buon ha dimostrato una crescita continua. Sono curioso, quando la Mondadori gli metterà un dorso giallo, di leggere l’ultimo lavoro, perché mi aspetto bene.
Adesso l’ho finito, non mi è dispiaciuto, ma diciamo che presenta ancora delle piccole pecche strutturali, a cominciare dal fatto che forse, una cinquantina di pagine o anche qualcuna in più, gliela si potrebbe levare.
Ma andiamo per ordine.
Di che parla il libro? Storie.
Storie con i soliti personaggi alla Ammaniti. Se avete letto il pluri e forse anche sopra valutato “Io non ho paura”, avrete già un’idea di come Niccolò dipinge i personaggi, partendo da piccole manie, molti flashback e molti personaggi di contorno. Così è per i due personaggi principali di questo libro: Pietro Moroni e Graziano Biglia. Pietro è un bambino di XII anni, timido, sognatore, introverso, onesto; Graziano è un playboy di 50, tutto chitarra e figa.
Da qui tutta una prima parte, forse anche troppo lunga, di presentazione dei contorni. Ed ecco che conosciamo Erica Trettel e Flora Palmieri, le due facce dell’Universo Donna secondo Ammaniti; ma anche Gloria, la bambina viziata amica di Piero, nonchè gente strana come la mamma di Graziano (cuoca iperattiva) o il fratello di Piero (pastore metallaro) . E così avanti per un microcosmo situato a Ischiano Scalo e fatto di presidi-ameba, vicepresidi-hitleriani, bidelli-puttanari, puttane-cuoredipanna, bulletti del quartierino modello CharlesManson, e chi ne ha più ne metta. A onor del vero bisogna dare atto al Niccolò di saperci fare, nell’utilizzo di questo strumento. I personaggi ti rimangono in testa, si muovono e alla fine gioca sugli stereotipi nascondendoli e piegandoli in modo da non farli più riconoscere.
L’unico difetto è che calca un po’ la mano, almeno in questo libro, rendendolo leggermente squilibrato, quando si arriva a tre quarti. In quel momento, infatti, le 300pagine lette cominciano a pesare e si ha voglia di finire il libro.
Il fatto è che il buon Ammaniti, da qui in poi, tira fuori la sua caratteristica numero due: essere crudo. Il finale che non ti aspetti è crudo e vero, e sinceramente è quello che alla fine ti ripaga della lettura. Quel senzo di: “le cose van così”, di personaggi che trovano strade inattese e di altri che le trovano e basta. Decisamente un bel modo di chiudere.
Facendo due conti quindi, da Branchie a Io non ho paura, passando per Fango, il buon ha dimostrato una crescita continua. Sono curioso, quando la Mondadori gli metterà un dorso giallo, di leggere l’ultimo lavoro, perché mi aspetto bene.
Ah, per la cronaca il libro lo trovato su tutti gli scaffali tra gli oscar tascabili mondadori e di solito pure scontato sui suoi 8.40€. pagg. 452
LaCapa
Ho finito di leggere la scorsa settimana "Io non ho paura" e molto tempo prima avevo letto il celeberrimo "Ti prendo e ti porto via".
Sai che c'è? Che non mi è piaciuto né l'uno, né l'altro.
Per carità, lungi da me dire che son brutti.
Sono di quei libri che ti prendono, che li finisci in poco tempo perché hai voglia di sapere da che parte andranno i personaggi, che hanno le loro peculiarità.
Ma a me la tecnica narrativa non m'ispira poi tanto [essì, la formula "a me mi" mi piace].
I dialoghi talvolta mi sono parsi forzati e le descrizioni preconfezionate.
Uno scrittore italiano che, invece, non mi ha mai delusa è Enrico Brizzi.
Da "Jack Frusciante è uscito dal gruppo", passando per "Bastogne, poi per "Elogio di Oscar Firmian e del suo impecabile stile", arrivando a "Il pellegrino dalle braccia d'inchiostro" ha migliorato il suo stile, raggiungendo un certo affascinante e maturo equilibrio.
Ovviamente, de gustibus! =)
Cristiana
Deai tanti Ammaniti, forse "Ti prendo e ti porto via" è il mio preferito. Di Brizzi ho letto solo Jack Frusciante e Bastogne, ma tutta quell'aggressività (Bastogne) mi pareva un po' forzata.
gelostellato
beh
ammaniti orma si è ritagliato uno stile abbastanza suo, che effettivamente può non piacere.
ti prendo e ti porto via è piuttosto adolescenziale, a tratti un pò sovrappeso, ma non mi sentirei di parificarlo al suo best seller, che invece è asciutto e piuttosto "rotondo"
del buon brizzi ho letto solo il frusciante secoli fa
dico sempre di tornarci su
bastogne lho cominciato secoli fa e non mi piaceva
mi sa che passerò alle cose più recenti, se mi capita
comunque mi stanno simpatici entrambi
🙂