
Maestri del colore, 41: Manet
Trovare le copertine di questi numeri vecchierrimi dei Maestri del colore, che sono in formato A3, è sempre difficile e infatti devi ritagliare certe merde di immagini. E voi direte, e ma fagli una foto, no? e te la mandi, e poi meglio no. No. Non me ne freguncats, tanto poi io vi metto i quadri.
E ora, che ho solo due ore e dentro devo farci stare settordici cose tipo:
– fare una corsa
– fare una simulazione di II prova di ecaz (ecaz sta per economiaziendale eh)
– andare a sistemare per la cena di là tipo legna e tagliare le verdure per il cous cous o pasta o quel cazzo che sarà
– mandare uno breve articolo con la foto del pescione
– preoccuparmi per varie cose che meritano la mia preoccupazione.
Ecco. E nonostante tutto voglio cominciare questo post.
Perché non si può regalare tutte le ore della giornata alla non-bellezza e a me, ora, leggere di Manet e magari pensare al raccontino, mentre corro, vuol dire ritagliarsi un po’ di bellezza. E quindi ora vado a cercare quadri che mi aggradino..
Bene. Ne ho trovati.
Chiaramente ho trovato anche quelli che voi tutti, ma proprio tutti, credo. Conoscete. Quelli famosi. Quelli che diventano icona dell’artista e di cui non mi piace mai parlare, ché son sempre inflazionati.
Però va detto che diamine… sono proprio belli, quindi, roba come la colazione sull’erba, Olympia, il Bar alle Folies-Bergére ve li devo proprio mettere… son troppo belli.
Ecco.
Ora possiamo andare a leggere un pochetto del buon Edouard. Mentre mi ascolto Sufjian Stevens, che secondo me è la musica giusta, e mentre anche vado a mettermi calzini e scarpe.
Ecco, è del 23 gennaio 1832, il nostro, ricco, e conobbe Proust a 12 anni tenendoselo amico per una vita. Gli piace disegnare e l’arte fin da piccolo ma il padre – magistrato – un cagacazzi, per poco non ce lo ruba, e vuole imporgli o l’avvocato o in marina. Prova la seconda, viene segato, ma si imbarca lo stesso, per Rio, e quando torna ha disegnato un quaderno pieno di figate e allora cedono e gli fanno fare il pittore. Dal 1850 è apprendista, e nel 1853 e 56 viene anche in Italia a veder arte. La sua carriera vera e propria, dopo aver studiato e copiato un po’ di tutto, da Tintoretto a Goya, da Tiziano a Courbet, inizia proprio dal 1856 con qualche scandalo e rifiuti, ma un sacco di amicizie influenti… tipo Baudelaire, per dire, che è quello che lo stimola alle cose spagnole ed esotiche (e al bevitore d’assenzio, okay) e aspettate che ve li faccio vedere, (o anche Mallarmé, gli è friend).
Ecco qui, il chitarrista, e anche più sotto uno spagnoleggiante bambino con la spada. E poi forse un altro che mi tengo per la storia.
Viene escluso dal Salon praticamente con tutto
e se lo scandalo grosso lo fa con la Colazione, l’Olimpya la nasconde e viene accettata tipo nel 1865 ma solo per fargli fare figura di emme un po’ verso tutti e screditarlo.
La verità è che dipingeva robe anche più lascive e audaci, tipo il quadro che ho scelto per il racconto, là sotto – la bionda – che è molto più che provocante… e quadro bellissimo, secondo me, che magari non avevate visto mai. (Anche la Lola di valenza, se volete, guardate, ha la sua dosa di perché, pur con i vestiti)
Tipo poi per esempio il Torero morto, che io mica lo conoscevo, e che non trovo per niente granché, però mi colpisce, inusuale, se non altro.
Anzi, sapete che vi dico, vi metto pure l’odalisca e le donne in bagno, così non dite che nel mio blog non c’è figa.
Belle eh? Eh… un buongustaio, Edouardino.
Comunque, resta che non lo cagavano (persino il pifferaio, viene rifiutato, e non aveva le tette di fuori, quello!), e persino Emile Zola comincia una campagna in suo favore, tanto da meritarsi un ritratto e guardate cosa c’è sullo sfondo…
Poi, dopo che fa la guerra del 1870 – cannoniere – le cose cominciano a girare meglio, dipinge accanto a Monet e Renoir, gli si riconosce il successo, gli si compra le opere… Nel 1879 viene colpito da una malattia pessima, atassia, che lo fa fuori in quattro anni, 30 aprile del 1883, ci saluta, con la soddisfazione di riconoscimenti al Salon e della legion d’onore, voluta da Proust. Nonostante tutto, Un bar, là sopra, è uno degli ultimi quadri e insomma… chapeau!
Scrive, prima di morire: “non mi dispiacerebbe di poter leggere finalmente, mentre sono ancora vivo, l’articolo straordinario che mi dedicherete non appena sarò morto”.
E io mi fermo qui. E vado a fare la corsa va. Però, prima, vi beccate alcune nature morte… eh già, che credevato, che Manet non le dipingesse? Tipo il limone, mi piace assai, ma anche i pesci ecc.
Questi nemmeno, forse, non li avevate visti.
Eccomi qua. son tornato e son passate 24 ore. Poi figuriamoci ieri… ma di bello c’è che ho cucinato il couscous alla silene e pollo, piccante. Ottimo! Esperimento da ripetere.
Finisco di leggere di Manet, che era, si dice, uomo del suo tempo, di “intelligenza spregiudicata, spirito d’avventura, indignazione contro la retorica e la vuota solennità delle forme”.

Bene. Vediamo di chiudere. Vi riporto una sua frase, scritta, che secondo me getta una grande luce sulla sua opera: “E’ solo la sincerità che conferisce alle opere un carattere che può sembrare protesta, mentre in realtà il pittore ha cercato soltanto di esprimere la sua impressione… non ha preteso né di rovesciare la tradizione, né di creare una pittura nuova. Ha voluto semplicemente essere se stesso e non un altro.”
E la chiudo qua. Perché sì, si parla per una pagina intera della Colazione e di come e perché dà scandalo (roba di volumi, e di epoche, non solo di nudità) e dell’Olimpia, altra vagonata di indignazione.
Io tra l’altro ho scelto il mio quadro.
Mi piace. Assai. Non so se mi verrà in mente una storia. Ma vado a farmi la barba e ci proverò.
(Edit, scopro che il quadro è celeberrimo per un film in cui lo si voleva rubare… non lo sapevo, ma non importa.) Eccovi la piccola storia di gelo, proprio su questo quadro.
La bionda
Thomas smanettò sul cellulare e sospirò… la foto aveva superato le diecimila condivisioni. Quando sollevò lo sguardo la bionda lo guardava, sprezzante, mostrando una scollatura che faceva dell’ombra una strada verso il paradiso. Per lui, che continuava a ricordarla in quella foto, in quelle tette meravigliose che aveva subito mostrato agli amici, e condiviso, poi, senza ritegno, quando lei l’aveva rifiutato; per lui erano colline al limitare dell’inferno. Si alzò meccanicamente, poggiando i palmi sudati sulla sbarra di legno… dicevano gli fosse capitato il più severo. Cento euro per ogni condivisione sui social media, nell’ultimo caso simile. Ed è pure bionda, pensò Thomas, valutando inconsciamente, sotto l’ampia toga nera, le tette del magistrato.