“Nelle mani di Dio” di Gianni Biondillo***
Libri corti… sì, solo quelli riesco a leggere.
Questo venerdì scorso, consigliato da una signora. Tanto, mi son detto, è scritto “largo” 72 pagine ma con qualche vuoto dentro, capitoletti, e io che di Biondillo non ho mai letto niente.
Di Ferraro, il commissario che gestisce questa piccola indagine nella Milano “bene”, più o meno, so ancora meno.
E allora me lo sono preso e nel pomeriggio, questo “Nelle mani di Dio” me lo sono letto.
Agile, questa è la prima parola che mi viene in mente. Lo legge veloce, e non solo perché è corto, ma perché si usa una terza persona inframmezzata dalle considerazioni in prima del Ferraro, che pensa ma non può ovviamente dire, se non a noi lettori.
E’ uno stile azzeccato, devo dire, perché con me, con questo breve pezzo, (è un raccontino da 25-30k eh, mica grancose), ha avuto l’effetto di farmi piacere Ferraro, visto che infine siamo con lui e con i suoi pensieri molto umani, pieni di imprecazioni e lamentele contro la sfiga o quel che è.
E poi ti porta dritto alla fine, uno stile così, con un’indagine rapidissima, seppur da un caso che, in apparenza, appare complesso.
Una maestra, professoressa, massacrata di botte, soffocata forse, insomma… trovata morta a scuola, e non è stato certo un incidente sul lavoro. Che poi, certo, il giorno delle riunione genitori-insegnanti c’è un sacco di gente, eppure in quell’aula nessuno pare aver visto niente.
Poi esce che… potrebbe essere stato “il negro” come nei migliori film sulle ingiustizie.
Okay, qui, per “negro” si intende un musulmano, e si sa, gli indizi…
Anyway, avete già capito chi non è il colpevole.
In effetti, questo è il difetto maggiore. A fianco dei pregi di scorrevolezza, di ottima gestione dei tempi della trama e della simpatica caratterizzazione del commissario Ferraro (uno che si vede subito che può vivere dei romanzi) c’è un plot che, ultimamente, è molto sfruttato. Gli omicidi fatti da chi è l’imprevedibile (?) cattivo sono ormai all’ordine del giorno. Sarei rimasto di M, anzi, se il cattivo fosse stato proprio il musulmano in fuga. E anche la solita descrizione della città che cambia, del personaggio chiave come il maestro Tayeb, che ovviamente ne sa ma ne nasconde e getta luci amiche sul mondo musulmanico tutto da scoprire, e del come subito il razzismo strisciante faccia pensare al colpevole sbagliato, sono, diciamo, cose che si trovano un po’ dappertutto, in quella fregola di accettazione del diverso e corsa al contropregiudizio che c’è ogni tanto. Qui, a dire il vero, non si guasta il racconto, che resta piacevole e un bel, noir/poliziesco breve, ma sconta, com’è ovvio, una miriade di altre storie simili, da qualche anno molto in voga.
E’ tutto. Libro breve e che, a differenza di Hornby, sempre Guanda, di cui vi ho parlato l’altro giorno, costa un prezzo ragionevole – 5.50 – e avendo il doppio o quasi delle pagine, lo rende molto meno fuffoso. Certo, anche questo, che si legge in meno di un’oretta, volendo, lo potete leggiucchiare in biblio, ma direi che più che altro ha la funzione di farvi venire voglia di scoprire qualcosa di più su Ferraro, dedito a qualche indagine più corposa. In ogni caso, Biondillo promosso ampiamente.