
"Il peso della farfalla" di Erri De Luca**
Ora, mentre sto guardando il GP, e il povero Fernando che arranca e non ce la fa proprio a portare quella macchina davanti, sto ascoltando, con il secondo orecchio, De Luca che parla di questo libro.
Ci dice praticamente tutto, vestendolo tanto bene, e io, devo essere onesto, a metà ho pensato – fra me e me – una bestemmia e una parola: stucchevole!
Perché sì, anche ieri, che l’ho letto, al mare, con relativa tranquillità, ho faticato, a metà, ad andare avanti, perché avete presente la sensazione che provate quando postano le foto di gattini gufetti volpotti mielose sofficisoffici teneriteneri perfettiperfetti e ci scrivono vicino cose come Ah, gli animali sì, che sono miracolosi, invece l’uomo merda, l’uomo cacca, l’uomo cattivo, l’uomo inutile, dannoso e bla bla bla… ecco, ho avuto un po’ quella sensazione lì, di fastidio per esaltata bellezza.
E anche durante questo libro, che parla di camosci, bracconieri, alpinismo e montagna, ho sentito degli echi di falso, di non perfettamente onesto, di banale, a tratti, anche se affiancati a immagini pregevoli e sprazzi di poesia innegabilmente “catchy” e “pop” (e lo dico nel senso buono del termine).
Ma andiamo per ordine va.
Cominciamo con il spiegare perché vi parlo di De Luca, avendovi appena parlato di un libro di De Luca, quando fino all’altro giorno non sapevo nemmeno chi fosse.
Perché riesco a leggere solo libri corti, ecco il motivo.
Ho cominciato con Giorgia che mi chiede “dai su, portami un libro te che stai sempre nelle biblioteche” e io okay, le ho portato questo “Il peso della farfalla“, memore di quello che mi era piaciuto, e reduce da questo che non mi era piaciuto. Perché?
Per due motivi almeno:
1) volevo mettere una freccetta alla bilancia del “andare avanti a leggere De Luca si o no?”, che era rimasta ferma sul bo.
2) ero curioso di questo libro cortissimo che nel 2009, anno di uscita, aveva fatto tanto chiasso, ricordo, o più che altra tanta classifica.
E siccome è un libercolo di manco 70 pagine, scritto in font grande come i libri per prima elementare, e in fondo ha anche un altro mini racconto da 5-6 pagine a rubare spazio al principale, le ho detto toh, ti porto questo, così poi l’ho leggo anche io.
E non mi è piaciuto, no, dai, inutile che vi cerchi dentro cose che non ci sono.
Vi dico anche che, benché l’autore sia alpinista, dice lui, e benché adesso sia chiacchieratissimo per aver partecipato attivamente ai sabotaggi no Tav, cosa che non me lo fa certo stare antipatico, io ho avuto spesso la sensazione che il suo amore per il monte sia da osservatore e parolaio, e non sia “vero”. Purtroppo spesso la mia mente correva ad alcune pagine di Corona, del primo corona, che di prima elementare avevano la scrittura, e non il font, che certo, erano anni luce distanti dalla qualità letteraria di Erri, ma erano però vere, vere che non mettevi mai il dubbio che Mauro, quelle pareti le avesse scalate davvero, e i camosci, di belli che sono e di rispetto che ne puoi portare, se aveva fame li poteva far fuori a sassate, alla faccia della sportività e del conservare bene la pelliccia.
Pensieri non corretti, lo so, eppure leggendo mi venivano.
Vi faccio un esempio, una frase che mi ricordo, aspettate che la cerco.
Non la trovo, uff… vabbè, ne piglio una a caso, anzi, alcune:
“E’ novembre, l’uomo sente calare la saracinesca dell’inverno. Nelle notti che il vento strappa dalle radici gli alberi più esposti, la pietra e il legno della capanna si sfregano tra loro e mandano una nenia. Il fuoco schiocca baci di conforto. L’aspro fuori dà spallate, ma la fiamma accesa tiene insieme legno e pietra.”
oppure, vediamo un’altro passaggio…
“Decise che con gli stambecchi la sua caccia era chiusa. Si prendono lezioni dalle bestie. Non servono a riparare niente, solo a smettere. Non era pentito, non poteva risarcire il torto, poteva rinunciare. I debiti si pagano alla fine, una volta per tutte.”
Dài, su, avete capito, e così vi ho dato anche un po’ di idea dello stile del buon Erri, che oramai, ho visto, domina perfettamente. Dicevo però dell’onestà… ecco, io in frasi così riuscivo ad apprezzare, ma non a credere. Non sono entrato in un rifugio di legno e pietra, nella morsa del gelo, e non mi sono immaginato un bracconiere con i principi, che non ammazza più stambecchi, perché tenero di cuore. Forse sarò io, che sono cinico e freddo, ma non credo. E poi non ho detto che sia un male, quella mia sensazione di disonestà, perché nel momento stesso in cui le leggevo, certe frasi, mi immaginavo centinaia di individui con la matita in mano a sottolineare la frase, trovandola bella e tanto tanto poetica. Se è così, ha ragione lui.
Poi? Ah sì, potrei dirvi magari di cosa parla il libro. Un camoscio, il Re dei camosci, sopravvissuto e dominatore, che la sa lunga, e che arriva alla sua ultima stagione.
E un cacciatore, anzi, un alpinista bracconiere, anche lui, sessantenne, arrivato chissà, alla fine del tempo in cui può dominare la montagna.
Due solitari, due eccezioni, due eccellenze, a modo loro.
Le loro storie sono state un binario, che si è riunito solo quando il bracconiere ha lasciato orfano il cacciatore. Si incroceranno di nuovo, le due storie. Finiranno in un modo che potete intuire, anche se uno sarà vincente e l’altro, come sua natura, imperfetto.
E la farfalla?
Stava là, per vent’anni, appoggiata sul corno sinistro del camoscio… ora vela, ora corona, ora, infine, peso.
Poi che altro dire? Anche basta, direi, visto che sennò viene più lungo il post che il racconto stesso. Posso dirvi che qualche bella similitudine, De Luca ce la mette. Ha classe, in questo, va detto. E posso dire che quel modo di scrivere, fatto di frasi brevissime, alcune icastiche, altre stucchevoli, è bello, molto teatrale anche, ma mostra la corda sulla lunga distanza. Per chi volesse acquistarlo, comunque, costa pure poco.
Bene, vi saluto carissimi. Se siete curiosi di sapere quale altro libro corto ho deciso di prestare, vi dico che mi hanno consigliato uno della Mazzantini, autrice che non conosco, e vi dico anche che è uscito il nuovo degli Arctic Monkeys e che è bello. E anche Andrew Stockdale è da ascoltare, se amate i Seventies soprattutto. Lo so, non c’entra niente, ma sono cose belle e vanno diffuse.
gigi
Io Erri De Luca non lo reggo!
gelo stellato
comincio a capire perché… ho trovato a cosa assomiglia, ogni tanto, ma se lo dico rischio il linciaggio, quindi siccome non ho paura di niente, lo dico.
Sembra Fabio Bolo, solo un pochettin più raffinato.
Ah, e comunque da quando ho letto ieri ho una voglia di carne di camoscio che non ti dico…
michela
"non ho detto che sia un male, quella mia sensazione di disonestà, perché nel momento stesso in cui le leggevo, certe frasi, mi immaginavo centinaia di individui con la matita in mano a sottolineare la frase, trovandola bella e tanto tanto poetica. Se è così, ha ragione lui."
Bella la recensione, però su questa frase non sono tanto d'accordo. Cioè, magari hanno ragione loro, i lettori che sottolineano le frasi, perché se ci trovano un'idea che gli serve fanno bene a prendersela: però se lui ha fatto il furbo, il fatto di averlo fatto molto bene forse lo rende tollerabile, ma mi sembra che non basti per dargli addirittura ragione.
gelo stellato
dimentichi che io sono maligno infame e senza cuore e coscienza. Se io trovassi il modo di fare i soldi facendo un pochetto disonesto ma di modo che piacessi a tutti io lo avrei già fatto, soprattutto se poi la mia disonestà non è volontaria, ma magari solo percepita da alcuni. E comunque penserei di avere ragione 🙂
(per dire, io penso che se uno è pitocco, va fregato, ecco) 😀