"L'ombra del falco" di Pierluigi Porazzi****

"L'ombra del falco" di Pierluigi Porazzi****

Di questo libro vi voglio parlare subito, a caldo.
L’ho finito di leggere ieri notte.
Anzi, vi dirò di più, ho finito di leggere le ultime 50 pagine ieri notte!
Come sarebbe a dire cosa cambia?
Cabrones!
Cambia perché io, come mi butto sul letto col libro (o col letto sul libro, fate voi) riesco a malapena a leggere 2, 3, massimo massimo 5 pagine. 
Dopodichè ronfo beato con la bavetta a fare da segnalibro per la notte successiva.
(Sì, ora avete capito molte cose, voi che mi prestate i libri…)
Ebbene… ieri notte l’ho finito.
Verso le ultime pagine mi addormentavo e mi svegliavo sbarrando gli occhi e cercando dove mi era caduto il libro, preso dall’ansia che vi fosse un ultimo colpo di scena.
Insomma, il primo merito è proprio quello di costringere a una lettura a imbuto, che si stringe e stringe fino a ricevere pressione e a portarti all’ultima pagina.
In ogni caso cominciamo dall’inizio.
“L’ombra del falco” è il primo romanzo di Pierluigi Porazzi, pubblicato per Marsilio nella collana farfalle. E’ un giallo-thriller-noir, se vogliamo così definirlo.
Giallo perché la sua nascita è dovuta comunque alla partecipazione al Premio Tedeschi, che non ha vinto, ma che gli ha fruttato la pubblicazione.
Thriller perché al meccanismo dell’indagine sul serial killer si aggiunge una serie sempre più serrata di eventi che si trascinano in una corsa contro il tempo che di fatto non c’è, eppure c’è.
Noir perché è la natura di Pierluigi. I particolari più efferati qui non li troverete. Ci sono, si intuiscono, e soprattutto si intuisce che l’autore avrebbe voluto andare a fondo, con gli sventramenti e le torture.
Non lo fa, quindi state tranquilli, potete darlo da leggere anche ai vostri figli 🙂
La storia? No, non è una storia. Ce ne sono due, intrecciate, a formarne una. Tanti personaggi, molti cambi di scena e di soggettiva, a volte anche dopo qualche decina di righe. Come dite? Sarà un casino? No, mai, bisogna riconoscerlo. I personaggi principali emergono tutti e restano illuminati a sufficienza per farsi riconoscere e ricordare. Sono davvero pochi quelli che paiono sfuggire, e sono solo dei comprimari.
In ogni caso c’è un serial killer, il teschio, che uccide brutalmente delle giovani, sventrandole, filmandole, facendole a pezzi… e c’è un poliziotto di quelli bravi che però non lavora più per un trauma passato… e c’è il giovane magistrato che crede ancora in qualcosa… e la poliziotta figa… e il potente corrotto… e la ragazzina caruccia pronta per il pasto dell’assassino… e il poliziotto quello meno bravo ma tanto onesto… il barbone non-barbone…
Come dite? Se è la sagra degli stereotipi?
Ta-daaaaa! Fregati!
No, nessuno di questi personaggi, alla fine, si rivela per (solo) queste caratteristiche. 
Viviamo in un’epoca di falsità, egoismo e cattivi sentimenti, e in questi personaggi li troverete tutti.
Che altro volete sapere?
La scrittura è veloce e diretta. Molto tesa al dire, più che al lasciar capire.
Gli indizi ci sono. Se avete voglia di scoprire il serial killer prima delle ultime pagine lo potete fare. Io il sospetto decisivo l’ho avuto verso tre quarti di libro, per dire, però è rimasto sempre e solo un sospetto, e questo è bene.
Manca un protagonista senza macchia e manca una classica contrapposizione tra il bene e il male. Pierluigi, alla presentazione udinese di una settimana fa, ha detto che è un romanzo corale. Io più che altro lo definirei un romanzo senza protagonisti, o meglio, con molti protagonisti, che è una cosa diversa.

Difetti?
Pochi. E veniali.
Me ne vengono in mente tre, davvero di poco conto.
L’incipit ha un piccolo difetto e me sono accorto alla presentazione. Ha un taglio social-buonista che davvero stona con il resto del libro. Il ritrovamento del primo corpo per opera di un extracomunitario poverino ino ino e del collega antipatico, beh, non mi è piaciuto. Volevo che anche il marocchino fosse uno stronzo come tutti gli altri protagonisti.
Altro piccola considerazione l’ho fatta a fine libro quando il killer attende la vittima nel bagno delle femmine di una discoteca (affollata). Ora, io non che giri molto per i locali, ma fare questo significa che a) alla vittima deve scappare da pisciare b) deve andare in bagno da sola c) non mi deve far aspettare troppo d) nessuno avverte i buttafuori che c’è qualcuno chiuso in bagno e) riconosco la vittima dal rumore della pisciata. Insomma, difficile.
Ultimo piccolo ragionamento l’ho fatto su una scena clou che non posso spoilerare.
Questo libro è un film, lo è per montaggio e struttura, lo è per costruzione.
Questo è un bene, quasi sempre. Eccetto in quella scena clou finale, nel momento della rivelazione, che si gioca troppo su un’immagine che ci viene nascosta e il lettore, che se è appena appena un po’ sgaio, ormai ha capito dove si va a parare e legge aspettando già di sapere cosa leggerà.

Bene, punto con le cose tecniche.
Avevo detto sette, ma che dovevo vedere come andava a finire e se tutti i fili venivano tirati bene.
Sì, i fili che servono sono stati tirati, anche quelli che non servivano per sciogliere la matassa.

La chiacchierata sarebbe finita qui, con tre stelline e mezza.

Però…
Ci sono due però.
Due però belli e tutti miei.
Che può apprezzare solo un udinese scrittore del web.

Il primo però è l’ambientazione a Udine!
Cioè, in via del Freddo vado a fare il Bancomat e ho avuto tre donne.
Alla taverna mi sono preso alcune delle mie migliori sbronze e fanno il panino all’amatriciana che è una favola.
Piazza delle erbe la guardo ogni giorno dalla finestra dell’ufficio.
E in via Poscolle è dove lavoravo prima, ho rigato la macchina e c’erano i terroni pizzari che facevano la pastiera squisita.
Questi posti, e molti altri, ci sono tutti.
Ed è bello veder ambientato un libro così “americano” nella provincia del Nord Est senza che la verosimiglianza ne risenta più di tanto.

Il secondo però riguarda il fatto che Pierluigi Porazzi, anche se l’ho visto in carne e ossa per la prima volta la settimana scorsa, è un amico di web dai primi tempi su scheletri, dove credo addirittura possiate trovare molti suoi racconti. E’ uno che so che mi sta leggendo e so che che un commento al post me lo farà (senno alla prossima presentazione vengo e ti tiro le uova marce. Di struzzo). E insomma, vale un po’ lo stesso discorso che facevo ai tempi del Marolla.
Se siete scrittori che un domani vogliono pubblicare in modo degno, è inutile che fate tanto le pigninculo lamentandovi che pubblicano solo vampiri gnagnosi e cragne mocciose.
Regalatevi una buona lettura e compratevi ‘sto cazzo di libro. 🙂
Bene
E ora che aveta capito da dove arriva la mezza stelletta per arrivare a 4, il blog entra in pausa per qualche giorno, che ci ho da scrivere.

Comments

  • 7 Marzo 2010

    Accattivante recensione, ottima spinta per acquistarlo e, vista la confessione iniziale, non farselo prestare da te.
    Sembra interessante, davvero, e mi fido del fatto che non sia la sagra degli stereotipi.
    Un noir all'italiana ci vuole, manca.
    Però.
    Mi rimane un dubbio.
    Ma te, le tre donne di Via del Freddo, ce le avevi prima o dopo aver fatto il bancomat?
    Cioè, ecco.

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  • 7 Marzo 2010

    Grazie della recensione! Unica cosa: sulla scena della discoteca, la vittima era stata drogata, per questo l'assassino la aspettava in bagno…
    🙂

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  • gelostellato
    7 Marzo 2010

    @ Le donne erano due prima e una dopo il bancomat 🙂

    @ Pier, già, ma la pasticca gliel'ha data l'amica, non l'assassino… ma forse anche lui e mi è sfuggito.
    boh, cazzatine comunque 😉

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  • 7 Marzo 2010

    Mi hai incuriosito. Leggerò il libro di Pierluigi.
    Pensando a Udine, e al Nordest in generale, in certe giornate di nebbia e freddo non è difficile immaginare un bel serial killer che si aggira a mietere vittime!
    A presto!

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  • gelostellato
    7 Marzo 2010

    Beh, a Udine tra l'altro c'era già.
    O c'erano.
    Sono state fatte fuori un sacco di prostitute, e molte probabilmente nemmeno si sa che sono sparite.
    Non l'hanno mai trovato 🙂

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  • 8 Marzo 2010

    Comprato settimana scorsa, ignaro di tutte queste tue belle parole, che ora me lo portano più su nella lunga lista "libri da leggere" 🙂

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