Delle menzogne, dell’incrociare le mani

Delle menzogne, dell’incrociare le mani

Come si fa a riconoscere un momento? Ora, è un momento?

Piove. Ho una tovaglia nuova piena di geometrie che rubano gli occhi. Birdy canta Skinny love, ma subito canterà Comforting sounds. Un geco arcobaleno mi ricorda come sopravvivere. Cinque righe in un altro file cominciano un libro che non finirò. Mento a tutti, sempre, ripetutamente, sulle menzogne. Vivo come fossi un amo, la creatività l’esca, il cuore che batte via le onde del mare che è il mio intorno d’altri cuori vivi. Un geco arcobaleno mi guarda adesso, io lo guardo. Un drago mi ascolta, io gli parlo. Un altro me si rifugia dentro e ci capiamo senza parlarci. E cammino in mezzo alla strada, con uno shaker e la panna e il ghiaccio per il mio terzo white russian. E invento cose a cui qualcuno crederà. E le mie bugie sono un salvagente. E i mio salvagenti sono una bugia. Ma non annego, non nuoto, non galleggio. Sono come la cacca, la plastica degli imballaggi, e la gioia nel farla scoppiare. Cerco l’acqua, il sole, la solitudine, l’umidità dei corpi. Cerco le mestruazioni di quello che alcuni chiamano spiritualità, ma io vedo come adorabili cazzate. Voi tutti potete morire. Io anche. Cerco la data. Samuel dice che non è sano. Io non gli credo. E a Elvis penso ogni giorno e ogni giorno gli incrocio le mani. Mi hai insegnato gli REM, la criptozoologia, il punk, le alte aspettative, le donne porche, le vite alternative, la cultura, l’inarrivabilità dell’eccellenza, l’accettazione della sconfitta e avevi ragione su tutto. Momenti. Questo è un momento. E io torno al mio file.

Saluto Elvis, Samuel, il drago, il geco, Bon Iver, il mio cuore incommensurabile, che vi guarda, mentre dormite, inutili, lasciando passare i giorni senza lasciare niente a nessuno. E così sia, sia così.

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