"Doppio Diesis" di Guido Leotta***
Edit:
Il post qui sotto l’ho scritto qualche giorno fa, il libretto l’ho letto la settimana scorsa. Avevo programmato la pubblicazione oggi così, accazz, come faccio di solito.
Apprendo invece che in nottata lo scrittore, Guido Leotta, è venuto a mancare, e non so. Subito sono corso per togliere il post, che sembrava che avessi fatto apposta. Poi invece ho pensato che anche se non ho la più pallida idea di chi sia, oltre a questa brevissima lettura, lascerò il post come omeggio e boh, dispiace sempre quando viene a mancare qualcuno che si è preso un po’ del tuo tempo in modo piacevole. Anche se non lo conosci.
Tutto qua.
Il post qui sotto l’ho scritto qualche giorno fa, il libretto l’ho letto la settimana scorsa. Avevo programmato la pubblicazione oggi così, accazz, come faccio di solito.
Apprendo invece che in nottata lo scrittore, Guido Leotta, è venuto a mancare, e non so. Subito sono corso per togliere il post, che sembrava che avessi fatto apposta. Poi invece ho pensato che anche se non ho la più pallida idea di chi sia, oltre a questa brevissima lettura, lascerò il post come omeggio e boh, dispiace sempre quando viene a mancare qualcuno che si è preso un po’ del tuo tempo in modo piacevole. Anche se non lo conosci.
Tutto qua.
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Sono arrivato alle prime righe di pagina forse 33, ora non ricordo, e mi sono girati i coioni.
Aspettate, cerco e copio.
Ecco qua:
Quel gran coglione di Mauro, e quel suo cazzo d’esibizionismo. Matteo e gli altri si scambiano commenti feroci, adesso che è andato tutto bene. Già, quasi, perché restano un motorino distrutto e un gomito che ne avrà per almeno due mesi.
Ecco, te pareva! mi son detto. Sì perché avete presente quando a pallone si parla di un tiro o un passaggio telefonato? Cioè, tipo che tutto lo stadio si accorge di dove uno tirerà la palla e poi la tira esattamente lì e si viene presi da un senso di fastidio?
Ecco.
Qui c’è il protagonista, che appunto, ha una band, una delle band di quelle che si fanno alle superiori, che si suona in cantina, che si vuole diventare famosi, e bla bla bla.
Ha appena scoperto che il padre, all’apparenza normale e noioso, da gggiovane aveva una band, era un batterista.
E oh, mica ciuffoli, hanno fatto da spalla ai Deep Purple, anche se un po’ già in declino. Ma insomma. Nel capitolo prima il padre, in una specie di confessione fiume, ci racconta una storia strappalacrime di come non ha sfondato nella musica, e nelle prime righe del capitolo dopo che succede? Vuoi mica che il batterista della band del protagonista cade in motorino e si fracassa un braccio a pochi giorni di una importanterrima esibizione?
E sì, proprio così!
Ecco. Questo è un passaggio telefonato. Il sapere già che chiaramente, casualmente, naturalmente, il nostro eroe svelerà che il suo papi, nemmeno due pagine prima, gli ha svelato di essere stato un batterista coi controcazzi, e insomma… volete per caso che proviamo a chiedergli se?
E allora, se mi sono girati i coioni qui, perché gli ho dato tre stelline lo stesso? Forse perché dopo aver letto il primo capitoletto domenica sera l’ho finito la notte scorsa dalle 4 alle 5 di mattina? Naaaa, non è stata l’ora del lupo, a salvarlo, ma il finale.
Sì, perché già temevo un finale a tarallucci e vino, con il padre che suona, il concerto riesce, rapporto diverso e migliore tra padre e figlio… e invece no. Non va così. Matteo, è lui il protagonista, alla fine fa altro, prima che tutto succeda. E non si capisce bene cosa gli passa per la testa, non lo capisce lui, ma nemmeno il lettore. Solo che insomma, i sogni non sono minestra e non si riscaldano, quindi, se potevate diventare dei batteristi da gggiovani, non tentate di farlo da vecchi, e se lo fate, non fatelo usando vostro figlio. Più o meno è questa, la sensazione finale che resta.
Dicevo che questo finale lo salvo, ed è quello che alla fine salva l’intero librettino, perché devo dire che durante la lettura qualche perplessità sulle età e la musica dei protagonisti mi è sorta. (come dire, se siamo tipo adesso, venti anni fa, il padre, non è che ascoltava molto i deep purple e nemmeno robe più vecchie, ma forse era più l’epoca del grunge o robe così… Ma dicevo, sono quisquilie, perché bisogna essere un po’ cervellotici a farsi i conti e un ragazzetto che di musica non capisce troppo, soprattutto quella vecchia, queste domande non se le fa. Io sì, e c’è qualcosa di incoerente nella scelta dei riferimenti musicali, o meglio, si capisce che sono i riferimenti di chi scrive e non dei protagonisti. Per il resto, diciamo che è un libro che piacerà di più a chi è appassionato di musica, perché per come sono distribuite le cose, non è che sia avvincente. (per dire, se l’incidente col motorino lo piazzava all’inizio, beh, poteva uscirne qualcosa di diverso.) Bene, è tutto. Ennesimo libro dei Corti reperito e letto. Andiamo avanti con la lista...