"Piccole cose con le zampe" di Michele Orti Manara (epub)****
Guardando un po’ il colophon, un po’ le stelle, poi, forse ho capito che questi racconto sono di Abo. chi sia abo, io non lo so, ma è uno che aveva un blog che leggevo e che non mi piaceva e che non leggo più vuoi perché riesco a leggere pochissimi blog, vuoi perché ora è privato e ci vuole l’invito e io non lo vorrei, visto che non li leggo e considero la coppia di parole blog privato un ossimoro.
Anyway, se questi quattro racconto sono veramente di abo, e abo si chiama Michele Orti Manara (cioè, sticazzi, due cognomi? e chi sei?) me lo dica, oppure faccio la battuta terribile.
Quale battuta? Che questo non è un ebook, ma un abook! Ahahhaha.
Se invece Orti Manara non è abo – e quindi non posso fare la battuta – allora mi dica chi è e come son venuto in possesso dell’ebook 🙂 Ma basta parlare dei miei principi di Alzheimer. Parliamo delle storie.
Sono 4, dicevo, e mi ricordano maledettamente la scrittura di qualcuno, ma non riesco a farmi venire in mente chi. Potrei sparare un “certe cose di Wallace” ma non dovete prenderlo come un’esagerazione. Intendo solo negli strumenti narrativi usati, come per esempio la sostituzione di un nome con una descrizione (lo studente che stava in ultimo banco) e la sua frequente utilizzazione con ripetuti cambi di punto di vista. Non avete capito un cazzo?
Vi copioincollo un pezzo che allora, magari uno che mi è molto piaciuto.
Trovato! Guardate quanto è bello questo passaggio:
La bocca dello studente seduto nell’ultima fila dell’aula adesso si riempie di saliva. Lo studente soffoca un conato, poi esala un minuscolo urg. Lo studente si accovaccia al riparo delle palpebre chiuse, certo che il professore, da dietro le spesse lenti che sono scivolate verso il basso e gli pinzano la punta il naso, non sia in grado di decifrare il viso degli alunni. Quello che lo studente non immagina è che ciò che la natura ha tolto al professore in quanto a vista, glielo ha restituito con generosi interessi nell’udito, rendendolo capace di captare anche un piccolo, minuscolo urg.
Non siamo in una stalla, dice il professore, e spinge gli spessi occhiali verso la fronte con la punta dell’indice. Qualcuno nelle file davanti sghignazza, qualcuno si volta, ma lo studente in ultima fila ha ancora gli occhi chiusi, e non se ne accorge.In corrispondenza di ognuna delle sette fermate che separano lo studente dall’aula dove adesso siede nell’ultima fila, il vagone della metropolitana inizia a frenare con un lamento che sembra riempire fisicamente le gallerie. Ad ognuna delle sette fermate il vagone inizia a frenare, si impunta come un cavallo impertinente, fischia e si blocca. Le porte si aprono con il languore di uno svenimento. Lo studente, colpi sordi che rullano il petto, sente per sette volte il corpo assecondare il movimento elastico del vagone.
In avanti,i contorni dello studente come una rapida sequenza di pose, impresse tutte sulla stessa fotografia.
Indietro, lo studente risucchiato verso il sedile, la faccia che non segue il resto del corpo e rimane appesa al vuoto come una maschera di pelle, fluttuante a pochi centimetri dal ghigno nudo del teschio.
Il racconto, Punto di flesso, è tutto così, con due piani temporali, e alla fine non racconta niente.
Non è il mio preferito, comunque, perché quello che dà il titolo alla mini raccolta e il terzo, Un posto vivibile, con Wali Gupta, un indiano che fa i lavori di casa e che, ora, scopre che il gatto del posto dove lavora non sta tanto bene. Tranquilli, non saprete cosa succederà al gatto, e nemmeno a Wali Gupta, ma il senso del racconto è altrove. E’ pura emotività, senza colori, non buona o cattiva, ma pura e semplice emotività.
Il quarto racconto, paradossalmente, è il più spontaneo, meno costruito, ma è di una malinconica tristezza che a qualcuno potrebbe piacere anche di più.
Vi devo dire altro? No, direi proprio di no. Mi piacerebbe che lo leggeste. Ora vado a metterlo anche sul Pub, e comunque costa due euri e si scarica da Amazon, o che ne so, da qualche parte si trova, insomma.
abo
Ebbene sì, l'ebook l'ho scritto io, che sono sia abo che Michele Orti Manara.
Il blog vecchio l'ho chiuso, per questo chiede una password, ma ne ho aperto uno nuovo, che si chiama nepente.
E l'ebook, non ricordo, ma forse te lo avevo mandato io, quindi questa recensione è frutto di un regalo dell'autore, orrore, orrore!
Scherzi a parte, grazie della lettura e della recensione 🙂
gelo stellato
EVVIVA EVVIVA! ho scoperto che sei tu, e che tu sei due, ecco. E insomma, tutto è bene quel che finisce bene 😀