"Il viaggio dell'Eroe" di Christopher Vogler (1)
Per questo primo post, ve lo dico subito, vi accontenterete di Introduzione e Prefazione.
Buuuu, Buuuu.
Ehi! Smettetela di buire! Decido io, vuoi perché in questa ventina di pagine c’è già abbastanza di cui dire, vuoi perché siccome lo sto rileggendo per voi, cercherò di offrirvelo con una certa coscienza e organicità, ma a livello easy, come una chiacchierata.
E poi si sa, i prof che alla prima lezione fanno già un sacco di roba stanno sul cazzo a tutti.
Nell’INTRODUZIONE Vogler ci racconta di Joseph Campbell e del suo “L’eroe dai mille volti”.
Anzi, leggendola si è più volte tentati di mollare questo libro e andarsi a comprare quello di cui sopra, perché tanto lo magnifica, che ti viene il dubbio che il VE sia un suo clone o epigono… non lo so. Campbell costava dieci euro di più (okay, il doppio delle pagine, avete ragione), e da quel che ho capito il suo focus era sul mito e lo studio dei miti in generale, mentre noi vogliamo una guida per scrivere e raccontare, e quindi.
Il concetto di fondo di tutto il lavoro è questo:
tutti i racconti sono composti da alcuni elementi strutturali comuni presenti in modo universale nei miti, nelle fiabe, nei sogni e nei film.
Da dove viene questa idea, e con essa lo stimolo a cercare e trovare lo schema che sta dietro al VE? Da un’esperienza di migliaia di racconti e sceneggiature, attraverso la quale Vogler si è accorto che:
I buoni racconti lasciano la sensazione di aver fatto un’esperienza soddisfacente e completa […] e di aver imparato qualcosa sulla vita o su sé stessi.
Ed ecco spiegato il suo lavoro nel costruire una mappa per raccontare storie.
La mia sensazione è che il VE debba essere usato in due modi:
- come strumento di analisi, prima di tutto, una sorta di radiografia per racconti che permette di cogliere, al loro interno, lo sviluppo dello schema e le sue deviazioni;
- come strumento di costruzione e sviluppo, quando si racconta storie, siano esse sceneggiature o racconti, balle alla fidanzata o aneddoti da bar.
E tanto a me è parso affascinante il primo punto, tanto mi è parso pericoloso, inizialmente, il secondo. Tant’è che vi confesso un certo timore, nell’affrontare il manuale alla sua prima lettura.
Più ne riconoscevo le ragioni e più ne temevo l’influenza sul mio personale processo creativo di costruzione delle storie (no, non è vero che solitamente comincia con tre gin tonic, maligni!)
L’introduzione, comunque, oltre a presentarci il lavoro ci lascia un piccolo, delizioso suggerimento, infilato dentro un aneddoto: conoscere il VE non è solo una guida per la narrazione, ma una guida per la vita.
In fin dei conti, a pensarci bene, siamo gli Eroi del nostro Viaggio, che inizia da una patata e finisce nel buio, tutto quel che ci può svelare modi per migliorare quel che sta in mezzo, io lo apprezzo e lo raccolgo con piacere. Quindi, voi là fuori che non siete scrittori, o sceneggiatori, o raccontatori, prendete queste righe come iniezione di cultura e come un qualcosa che è meglio conoscere, piuttosto che non conoscere.
E concludo, visto che l’introduzione è molto breve, dicendovi che seguirò uno dei consigli di Vogler, in questo mio VE che sto intraprendendo (ovvero quello di raccontarvi il VE): terrò presente, durante le spiegazioni, uno o alcuni libri (o film, ma io preferisco i libri) che fungano da esempio.
Per ora ho già scelto il primo e credo sia ideale, sia perché è famoso, sia perché pare davvero riportare tutti i passi del VE: è Lo Hobbit, che ho letto da poco, di cui c’è pure un pezzo di film, e che è facilmente studiabile. (Portate pazienza se ci scapperà qualche spoiler)
Va detto che anche il Signore degli Anelli è altrettanto valido, ma essendo un coacervo di VE è più difficile da trattare. Poi comunque si vedrà, tanto finirà che faccio gli esempi che mi vengono in testa.
E per chiudere, questa prima puntata, invero – me ne rendo conto – abbastanza introduttiva, vi parlo della PREFAZIONE, che secondo me riporta molti punti interessanti che, benché adesso – all’inizio del Viaggio – vi possano sembrare oscuri o fumosi, sono come delle piccole luci, che una volta sulla via di daranno punti di vista diversi e, spero, più personali e originali.
Vado per punti, schematicamente, ma prima devo dirvi che, in modo mooooolto spannometrico che potete immaginare il viaggio come un movimento in tre atti, ovvero:
– Inizio
– climax del primo atto e prima soglia
– climax del secondo atto prima parte
– prova centrale
– climax del secondo atto seconda parte
– via del ritorno
– climax del terzo atto e dell’intera storia
– Fine
- “Il viaggio dell’eroe” non è solo un manuale per narratori, ma anche una sorta di regola generale per le storie e prende le mosse, non solo da Campbell, ma anche dagli archetipi di Carl Jung. Può essere visto come guida pratica per strutturare le storie, individuarne i problemi e risolverli; codifica le regole della narrazione.
- È rischioso perché può portare ad appiattirsi, seguendo stereotipi e cliché, ma se superati può permettere di ottenere nuove combinazioni e forme di una base antica e immutabile e se viene fin troppo facile interpretare lo schema come nemico del processo creativo, ritenuto libero da regole e completamente istintivo, va detto che avversare la sua formula ha due rischi: giungere un cliché da contrasto (sindrome del bastian contrario, la chiamerei) e non raggiungere un pubblico vasto, o comunque, che apprezza ciò che è comune a molti (insomma, non ti fila nessuno).
- Appiattire il linguaggio significherebbe eliminare le differenze locali, con una sorta di imperialismo narrativo hollywoodiano che mette all’angolo le declinazioni specifiche dei vari modi di narrare. Il pericolo riguarda soprattutto la narrazione europea, minata da una unità fatta di culture diverse e dalla necessità di affrontare modelli culturali americani che hanno potere economico enorme (e infatti, soprattutto in campo cinematografico, si è visto e come). Il VE ha però un ruolo di arma imperialista solo se accettato senza un intelligente adattamento.
- Si rischia di favorire una cultura maschile violenta e dominante, ma è questione di ristrettezza mentale di chi scrive, così come il favor per l’eroe maschile. Per chi vuole scrivere di Eroine, il cui viaggio è più interiorizzato, basta informarsi (Il viaggio dell’eroina, Maureen Murdock, Audino editore, 2010).
- L’interattività del web e delle ICT hanno portato nuove possibilità al paradigma, ma non l’ha reso obsoleto, semplicemente, la ragnatela per rappresentarlo può essere più complessa e ci sono molte più possibilità per gestirlo, al posto della linearità: non bisogna pensare che trame più complesse siano altri paradigmi.
Chiudo con un divertissement mio personale.
(E’ più bello vincere dopo che si è passati in svantaggio, vero?)
Uno a zero che l’eroe, solitamente attraverso più soglie (alleanze, esperienze, allenamento…) cerca di recuperare e, solitamente, vi riesce, con un terzo atto che vede il pareggio e poi il ritorno a una situazione che, quasi sempre, non è più la stessa, ma è vicina e migliore di quella di partenza.
Lavori holliwoodiani di botteghino come Indipendence Day o tutta questa selva di film epicamericanici, a me sembrano rientrare in pieno in questo schema “calcistico”, che mi raccomando, è solo una rielaborazione frutto di un pomeriggio, e quindi da prendere così, con molta leggerezza.
Potrei riassumerla con il concetto che, la partita di calcio che interpreta il viaggio dell’Eroe, è un 1-1, ma dove l’Eroe gioca fuori casa, e percià il suo gol vale doppio, e passa il turno.
La chiudo qui.
Spero di avervi interessato e incuriosito e, magari, dato qualche utile indicazione sul Viaggio dell’Eroe. Alla prossima puntata per l’inizio vero e proprio delle Lezioni di narrativa di gelo.
Voi, intanto, potete scrivere uno schema usando il campo del rugby, o delle bocce. 🙂
A presto!
Riccardo Sartori
Potrei studiare uno schema sulla pianta di casa mia, ma ne verrebbero troppi atti e trope prove.
Devo riguardare il tutto con calma, che ho letto di corsa.
Dannato tempo! Hai un qualcosa per legarlo da qualche parte e farlo star buono per un quarto d'ora?
Simone
Bello e interessante. Volevo leggere questo libro ma non l'ho mai trovato, e adesso non mi va tanto di stare appresso a libri e romanzi per cui non lo cerco più. Ma vabbe' un giorno o l'altro rimedierò.
Personalmente, sono per le regole e per tutte le tecniche di questo mondo per scrivere le storie. Credo cioè fermamente che tutto ciò che esce in TV o al cinema o in romanzo e che abbia successo (parlo perciò di serie e libri famosi) segua pedissequamente tutte le regole per filo e per segno, ad opera (a opera suona male) di esperti professionisti del settore.
Credo anche però che ci siano una scrittura e una creatività parallele a queste tecniche. Cioè c'è uno scrivere non professionale, un arte non commerciale, un'espressione umana capace di sorprendere e che non ha bisogno di interagire con un mercato che vuole un determinato genere di prodotto.
Con gli anni temo di essermi spinto sempre di più verso questa fetta di mondo scrittorio "alternativo", per così chiamarlo. Ho un blog dove scrivo spesso della mia vita e di esperienze e anche racconti o altro, ma all'idea di mettermi lì e raccontare qualcosa con tutti i sacri crismi e paletti del caso mi viene il mal di stomaco.
Certo non venderò mai un libro, immagino. Ma è così uno sa quello che sta facendo e che può ottenere, l'importante è avere le idee chiare.
Simone
Gian DeSteja
Ti lovvo.
Frank Spada
Ah! Gelastro di un Raffaele, altro non mi resta che complimentarmi, intanto, per la nuova veste del tuo ambaradan.
Poi, in terza base o da terzino, se vuoi, ché tanto sai bene che non amo i giochi da tavolo, ti propongo un gioco che ha per punte tre angoli, riuniti in uno solo, uno schema che ti rimanderà indietro tanto da maledirmi… – Taci e nuota – così disse un padre al suo bambino dopo avergli fatto la testa come un cesto, un giorno sì e l'altro anche, guardando verso l'orizzonte, seduti in riva al mare, parlandogli delle meraviglie che stavano oltre quella linea… finché suo figlio… – Papà, perché non ci andiamo assieme? – E lui: Se proprio vuoi. Dai (come dici tu, Gelo Gelo) lasciamo qui i vestiti e tuffiamoci. – E dopo un giorno, e un'altro ancora, quando il bambino cominciò a lamentarsi dicendo che voleva tornare indietro, dalla sua mamma, perché era stanco… (T e n – imperioso e non trattabile, insomma).
Per oggi può bastare: ho mantenuto la parola!
Luca Romani
Grande Gelo! il libro l'avevo letto come ogni scritt…lettore in erba. Ora lo rileggerò dopo averne letti molti altri che trattano il tema.
GENIALE LA METAFORA CALCISTICA 🙂
Frank Spada
Mi soi desmenteat di slungià pal mont une robe a Gelostellato, in arte Raffaele Serafini, e a ducijs chei che ancjemò non san che un vie di cjaf al someave muart par vie di une epigrafe inizial metude sot un figurin talian: Non fu la morte che lo colse, bensì la vita facendogliela in barba.
Mandi e ogni ben.
Frank
G'morning Mr.NoOneNo – I dont think / I do!
By
gelo stellato
Eccomiiii
a ritroso!
@Frank
Gooooodbundì Frank, e invezit, you think and do!
e comunque adesso ho da nuotare, e tacere!
E grazie!
(e sperìn che no nus robin in vistîts, lassâts là di bessoi sul savalon 🙂
@Simone
ma sì, in effetti è più o meno così
con quello che anche quando non ti metti a pensare allo schema, alla fine, finisci per entrarci in modo involontario, in parte, perché è innato nella natura umana, per certe cose, e quindi è alla fine anche abbastanza inutile demonizzarlo, come ogni tanto sento. E quindi bene, che magari ti risparmio di comprare il libro 😀
@Luca
Evvai! almeno uno che apprezza le cose giuste 🙂
Grazie!
@Gian
I lovva too!
altough your gobbing mood!
@Riccardo
per il tempo la soluzione c'è, ovvero anfetamine
ma se le trovi a buon mercato fammi un fischio!
io non me le posso permettere 🙁