
"I milanesi ammazzano al sabato" di G. Scerbanenco***

Con questo milanesissimo romanzo, invece, tra quelli più celebri di Scerbanenco, è entrato definitivamente nelle mie grazie. Mi è piaciuto, “I milanesi ammazzano al sabato“, e mi è piaciuto soprattutto per le cose che poco hanno a che vedere con le tematiche gialle e noir, che poi dovrebbero essere le sue, assieme al rosa.
Per spiegarmi, ho bisogno di accennarvi un po’ alla trama. Vi potreste leggere quella nel link qui sopra, ma faccio prima a dirvela io:
Donatella sparisce e Amanzio, il padre, che non la trova, va ogni settimana dalla polizia, a chiedere. Il caso viene dato a Duca Lamberti, che è il protagonista di molti romanzi di Scerbanenco. Duca è un commissario integerrimo, leale, che però sa usare il compromesso e chiudere gli occhi su certe violenze. E’ uno che si prende troppo a cuore i casi da risolvere e in lui è l’aspetto umano, che prevale, e non quello lavorativo.
E’ una figura, quella di Duca, che si adatta moltissimo al caso raccontato. Si adatta perché la parola d’ordine è “umanità”. Donatella infatti ha 28 anni, certo, ma è minorata, ed è bellissima. Uno schianto. Purtroppo è ninfomane, e allora ecco che distrugge, sistematicamente, la vita della madre, della cognata, e poi del padre, Amanzio, costretti tutti a costruirle una prigione/reggia intorno. Perché non si faccia male, perché non si conceda al primo che passa, perché non conosca nessuno, e nessuno possa incontrare.
Ed è in questo piccolo bozzolo di pace in cui hanno rinchiuso Donatella, che si svolge il rapimento, che poi, è ovvio, diventerà delitto.
E’ un giallo, quindi?
No, decisamente no. Nessun indizio per noi lettori. Seguiamo l’indagine, come se fossimo noi a farla. Scerbanenco ci porta nel mondo delle puttane, ci fa interrogare i Pappa, ci fa conoscerere una matrona, un po’ di prostitute. E una traccia ce la fa trovare subito, al primo interrogatorio. Non ci lascia mai a pensare. Il meccanismo della ricerca di un colpevole viene arrestato prima che si generi.
Emblematico, a metà romanzo, il modo in cui al lettore si sbatte in faccia nomi e cognomi degli assassini.
E nella seconda metà di libro, allora? Che, si racconta quella dell’orso?
No, nemmeno questo succede.
Il protagonista diventa Amanzio, il suo dolore, la sua ostinazione, la sua rabbia. Un po’ telefonata, certo, un po’ stereotipata. Ma è impossibile smettere di leggere, dopo che il meccanismo noir si è messo in moto. Amanzio arriva prima di Duca, alla verità, e ci arriva di sabato, of course, e non solo per una serie di coincidenze, ma anche per un destino che noi lettori gradiamo, e bramiamo (e sarà quello che, con un “caso” protagonista a là Durenmatt, darà il titolo al romanzo). Poi certo, è forse proprio qui il tallone d’Achille del libro, a voler fare i pignoli. Gli scontri, la vendetta, i morti… sì, sono forse un po’ troppo facili, troppo romantici, e rischiano di suonare qualche nota di mancato realismo. E’ la moralità di Scerbanenco, che prevale. Al nero e al giallo lui preferisce il rosa e il rosso, è innegabile.
Però, vi dicevo, non sono rinchiusi nel nero e nel giallo, i meriti di questo libro, ma proprio negli altri colori. Amanzio, il padre di Donatella, è un personaggio che non vi scorderete facilmente. E’ il milanese che lavora, il milanese camionista, mani larghe, sempre puntuale, mai un’assenza dall’ufficio, dopo che ha combattutto e combatte i suoi fantasmi. E’ il milanese che sacrifica una vita intera in rinunce, orari, abitudini, per la propria figlia. L’amore filiale e il conseguente dolore, in Amanzio, sono fortissimi. Il lettore li percepisce, entra in empatia ma al tempo stesso se ne allontana, perché sono troppo crudi, e siccome lo sappiamo, noi, quel che può essere successo a Donatella, non vogliamo stare troppo vicini a questo amor di padre. E’ bravissimo, Scerbanenco, nella costruzione del personaggio, così come nel farci entrare e uscire dalla vita di Lamberti, che è uomo, prima che poliziotto. Sono proprio le interiorità dei personaggi, a essere il punto di forza di ogni evento. I cattivi, i poliziotti, le vittime… tutti ci restano impressi, a tutti riusciamo a dare un carattere e una spiritualità, buona o cattiva che sia.
Ne consegue che le loro relazioni, sia quelle narrate, sia quelle lasciate intuire, le percepiamo sempre in modo denso, forte. Insomma… con questo romanzo sono conscio che vada riconosciuto a Scerbanenco l’essersi appropriato di una sorta di nicchia narrativa, dove il giallo-nero contrasta, senza mai prevalere, con il rosso-rosa. Ai puristi dei gialli e dei noir, non piacerà, ma secondo me è un romanzo che va letto anche da loro. Si impara molto, da questo modo di concepire il crimine, che è deviazione e interferenza umana, prima di essere oggetto di narrativa (o film, anche).
Per altro è un romanzo che vi leggete in poco tempo, e se vi capita sott’occhio a poco prezzo, magari, è anche buono per stare under ombrellone (181 pagine, 9.50euri). Essendo un libro datato ’69 ha ancora un altro pregio indiretto, direi: l’ambientazione è davvero molto anni ’50 e vi riuscite a immergere in una Milano d’altri tempi. Poi ovvio, non sto parlando di capolavoro, certo, ma di una lettura più che buona; e questa, davvero lo è.
A proposito, visto che con McEwan mi siete stati di molto aiuto (pure troppo) il prossimo Scerbanenco? Quale cercare?
Nick
Puoi provare con altri romanzi dedicati a Duca Lamberti,comincia con VENERE PRIVATA e poi segui con TRADITORI DI TUTTI che è del 1968,quindi dovresti ritrovare alcune delle atmosfere che ti sono tanto piaciute.Mi pare fu anche premiato in Francia come miglior romanzo dell'anno.
Fammi sapere.
gelostellato
sì. you're right
venere privata effettivamente era quello più citato in giro.
Metto sulla lista, ma più avanti… 🙂