"Opera sull'acqua e altre poesie" di Erri De Luca***

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"Opera sull'acqua e altre poesie" di Erri De Luca***

Lo sapete. Troppo lavoro, troppe birre, troppo mondo uguale leggere poco. E una strategia per leggere qualcosa, che è meglio di niente, potrebbe essere leggere poesie. 
In realtà non è vero. 
Per leggere poesie bisogna trovare più tempo. Perché se quando leggi narrativa ti basta il tempo di quel che leggi, per la poesia ti serve anche il tempo intorno e quello in mezzo.
Fatevene una ragione.
Io me la sono fatta.
E ho concluso, che per leggerle il modo migliore è il divano, il silenzio, zero cose da fare intorno, le gambe incrociate, il bicchiere di whiskey o gin tonic o caipi o black russian a seconda della stagione, in bilico sulla sedia. E leggerle a voce alta. E interrompersi tra una e l’altra. Per vedere cosa resta.
Provate anche solo con questa qua, che è scritta sulla copertina, che non è tra le migliori, ma è comunque bella.
Ecco…
ve la copio qua che va meglio

Chi ha steso braccia al largo
battendo le pinne dei piedi 
gli occhi assorti nel buio del respiro, 
chi si è immerso nel fondo di pupilla 
di una cernia intanata 
dimenticando l’aria, chi ha legato 
all’albero una tela e ha combinato 
la rotta e la deriva, chi ha remato 
in piedi a legni lunghi: questi sanno
che le acque hanno volti.
E sopra i volti affiorano 
burrasche, bonacce, correnti
e il salto dei pesci che sognano il volo.

Ecco. De Luca è uno pieno d’acqua, intorno e dentro, e le sue poesie, dopo tanta narrativa, non potevano essere che piene d’acqua,
Ah sì, perché è di questo libretto di Erri De Luca, della Einaudi, del 2002, credo, quindi vecchietto.

Vi dico subito che all’inizio non mi piacevano. Cè tutta una parte, la prima, che è bella, forse, ma non mi piace. Si ripercorre la bibbia, le gesta bibliche più celebri, con parole bellissime, ma a me, non so, non coinvolgevano. Stavo quasi per renderlo senza finirlo. (Già, perché non è mio, perché le poesie a volte si capiscono meglio assieme ad altri, anche senza parlarne) Poi la bibbia è finita, ci sono le altre poesie, arriva l’acqua. Arriva un De Luca bello. Quello che mi è piaciuto di più, quello dei pesci non chiudono gli occhi
E già che ne ho fotografata una, vi lascio anche quella, stavolta senza copincollarla.
Leggetevi anche questa, molto vicina invero a certi frangenti della sua narrativa.
Usa spesso, la prima persona, e spesso sembra quasi voler vincere facile, con frasi che paiono essere poco ricercate ma molto musicali, poco dente, ma molto efficaci.
In realtà, non credo sia così.
Sembra quasi che certi passaggi siano lì dopo averne vagliato altri, più complessi, lessicalmente più ricercati, ma meno immediati. Meno belli. 
E’ il difetto che ritrovavo nella prima parte. Una bellezza fredda. Mentre poi, nelle poesie singole, non so, le ho preferite, e alcune erano proprio belle, anche se i riferimenti all’ebraismo e alla Bibbia non terminano.
Sto leggendo anche, a pezzi, Cappello, quello di questo libro. Uno che il poeta lo fa di professione e non potrebbe forse fare altro. Ecco. C’è proprio differenza di densità, con questo lavoro di De Luca, ma è proprio lui a dirlo, nell’intro.
Mette in guardia, allunga le mani per dire “Oh, io so fare altro, con le parole, questa non è casa mia, trattatemi come un ospite“. 
E insomma… va benissimo così. Alla fine sono belle poesie, e io vado a cercarvi alcuni passaggi, solo per riscriverli e rileggerli, che a me sono piaciuti e che magari piacciono anche a voi.
da Tu
Una parola basta e mi strappi dei gridi,
mi toccherai, uscirà pronto il sangue, 
mi guarderai, sarò subito cieco.
Sei affanno, agguato, zuffa
appena che respiri.

da Affondi
Massimo, Eliana, ragazzi sul Tirreno, corpi affondati
      offerti
a dare luce alle meduse, nei loro bacini si rintanò
       sogliola,
alle ossa dei piedi s’allegò la madreperla che fiorisce in
       coralli,
dalla loro bocca l’ostrica succhiava sonno e avorio,
nel petto lo scorfano rosso baciava la piovra di sabbia,
nel cranio il cavalluccio marino ebbe la chiesa,
la navata nelle ossa parietali, nelle orbite i rosoni,
e le orate rubarono i capelli e dove c’era il sesso
il gas d’una sorgente d’aria calda soffiava bolle al cielo.

Ecco, è tutto per oggi. Vi posso lasciare magari della musica… ma non so, oggi non è uscito niente di bello. E allora vi lascio Umberto Maria Giardina, che a me piace molto.

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