"Il curioso caso di Benjamin Button" di Francis S. Fitzgerald***
Oggi avevo un pomeriggio corto e volevo fare una corsa ma:
1) mi è venuto mal di schiena
2) ci sono 5 gradi sotto
Tra l’altro le due cose sono collegate, mi sa, visto che mi ostino a non mettere un giubbotto con la scusa che tanto devo parcheggiare vicino.
E allora aggiorno un po’ anche questo blog con l’ultimo racconto che ho letto, ad alta voce, e che era il libro del primo dell’anno.
Lo so, in pratica ho rotto la tradizione.
L’avevo rotta già l’anno scorso, e quest’anno l’ho rotta del tutto, non solo non andando al primo dell’anno a passeggiare al mare, ma comprando un libro che era di un autore conosciuto (pure tanto) di una storia che è pure conosciuta (con tanto di fascetta dal film famoso, che non ho visto) e di una storia che sapevo già non essere adatta alla meditazione, anche se non del tutto.
Ebbene… non importa.
Alla fine sono stato contento di aver comprato (sì, cats, con tutte le centinaia di libri che ho, ne ho comprato uno) e pagato profumatamente 11.50 (ma con illustrazione e formato cartonato, anche se mini, ci può stare) questo racconto di Fitzgerald.
E vi dico subito una cosa: Francis Scott Fitzgerald, che se avete letto Gatsby ne avete apprezzato soprattutto il gusto del tragico, ecco, è uno tra i miei scrittori ironici preferiti.
Ho letto infatti questi racconti, e ora con BButton, si conferma, in certi frangenti, scrittore capace di cogliere le contraddizioni assurde del reale nel surreale costruendo situazioni inverosimili che mostrano la nostra superficialità e in nostri preconcetti. Capituncazz? Nonimport. Io ho capito.
Insomma… è satirico, Fitzgerald, e mentre io mi vado ascoltando Edda, il vecchio Edda del 2014, che satirico non è manche per un cazz, penso che sono due modi diversi di criticare le false rotondità della società bene, quella che non può accettare la diversità, a meno che non sia una chiccheria.
Ecco che Button nato vecchio non va bene per nessuno e viene insultato, ma appena fa figo avere un uomo di cinquantanni, per una di 18, ecco che tutto va bene, soprattutto se poi costui ha i soldi.
Ma non è solo un racconto su questi aspetti, ma è un racconto sulle età, su come si gestiscono e si rapportano. Forse pecca un po’ di stereotipo, in certi passaggi, ma resta un racconto riuscito. Piacevole da leggere soprattutto nella prima metà, dove è ironico, mentre nella seconda sappiamo che la direzione è il nulla, si diventa sempre più malinconici. Non dico tristi, ma malinconici sì.
E direi che non mi perdo in altre chiacchiere, se non dirvi la storia di Button, che nasce vecchio e poi ringiovanisce fino a tornare piccolo. E se non dirvi che questa edizione della Donzelli è munita di illustrazioni di Carl Brown che non mi hanno soddisfatto, a dire il vero.
Poi tra l’altro, quando capirò perché non metto le illustrazioni nelle pagine dove si parla realmente di quella illustrazione e non due pagine prima, beh, sarò morto.
Poi? Niente, basta così. Se volete del bene ascoltatevi questa vecchia canzone dei Roots e della Baduh, che vi fa bene. Oppure i vecchi Outkast che fecero la canzone più bella del mondo di quell’anno lì che la fecero.