“Il tempo delle parole sottovoce” di Anne-Lise Grobéty**

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“Il tempo delle parole sottovoce” di Anne-Lise Grobéty**

A me tendenzialmente un titolo simile fa già cagare, di solito. Prelude gnagnoseria. E la gnagnoseria è una di quelle cose che contribuisce alla decadenza emotiva del mondo, un misto di retorica e piagnucolio che si attacca come una cozza alle cause universalmente giuste, e da lì gnagnisce.

Capisco che sia difficile da spiegare, ma ci sono quei catalizzatori che rendono molto difficile che un’opera riesca a distinguersi, tra la galassia di satelliti gnagnosi.

Uno di questi è l’Olocausto.

I buoni sono alcuni, uccisi maltrattati perseguitati ecc. I cattivi sono altri. La razza blalbla, l’uomo crudele, blablabla, ecc. Ecco. Io ho cominciato a temere questa cosa già dopo pochissime righe.

Avevo un amico, un amico vero.Oskar.

Ecco… già queste righe mi preoccupavano. Si aprono due vie di gnagnoseria: la via olocausto, del tipo uno dei due è ebreo, e la via uno dei due è un fantasma o amico immaginario per nascondere una qualche violenza domestica, o insomma, “cosa brutta”. Poche pagine (ma vuol dire poche righe, perché è uno di quei libri dove la maggior parte delle pagine è bianca) si scopre che il papà di questo Oskar è un banchiere e qui siamo chiaramente sulla prima strada. Poi si arriva alla classica pagina tutta bianca in cui in mezzo, centrate, ci sono quattro versi, in prosa della prima persona.

Nessun pericolo minacciava la nostra vita 

di bambini finché non venne 

il tempo delle parole 

sottovoce.

Okay, okay, i padri dei due sono due ubriaconi poeti, il padre ama Heine e i grandi poeti tedeschi, di cui il nazismo, chiaramente, brucerà le opere, poi vuole addirittura che il figlio lo diventi, poeta, poeta e basta. Ma a me, questi quattro versi che già facevano capire tutto, sono stati proprio un gran bicchierone di latte. Alle ginocchia.
L’apoteosi si raggiunge poche pagine dopo, quando si dice che 

sui muri del borgo si vedeva comparire sempre più spesso una specie di rano nero con la gambe sciancate, che si arrampicava sul fondo rosso sangue di una bandiera.

Ecco, a parte che ‘sta cosa, raccontata da un bambino di 7-8 anni o quel che è, mi ha sparato fuori dal racconto in tre secondi, in quanto falsa e poco credibile, per le similitudini cercate (ragno-sangue) e poi proprio era una super gnagnosata.
Poi leggo la copertina e vedo che il libro ha vinto il premio Saint Exupery, (è un libro del 2001, mi pare) e quindi okay, è un libro per ragazzi, e per i ragazzi, vi dico subito, può andare anche bene. Però resta che si può fare meglio, anche trattando questo tema, e non basta infilarci un po’ di api (simboliche, sì, ma inutili) e un po’ di frasi e similitudini come quella delle parole sottovoce, per rendere un testo originale e distinguersi dalla massa di altre storielle che gravitano attorno a questo tema insopportabilmente inflazionato. Insomma… uno è lì che legge e pensa, Ti prego, dimmi che non stiamo parlando di nazisti ed ebrei, e invece, ecco. Sì. 
Ed eccola la vocina, laggiù, ti ho sentito.
E ma allora sei nazista, allora non credi che sia importante ricordare questi orrori, ma allora se contro gli ebrei, ma non capisci che bisogna che i ragazzi vengano formati per… sbroc sbroc blablab. 
Ecco. No. Non lo penso.
Penso che esistono buoni racconti e racconti mediocri e questo non appartiene alla prima categoria. Mi viene in mente un altro libro, Destinatario sconosciuto. E penso di poter dire che:
Questo libro è un buona lettura per un certo target, molto limitato, di ragazzi diciamo dalla quinta elementare e delle medie. Per tutti gli altri è un libro che scivola via, si dimentica, anche se è piacevole da leggere (a proposito, si legge in 15-20 minuti, massimo mezzora)
L’altro lo consiglierei a chiunque, perché tratta lo stesso identico tema (amicizia, travolta dal nazismo) ma lo fa in modo diversissimo, senza retorica, e con una struttura narrativa originale e ben scritta, senza manierismi e gnagnoseria.
Io l’ho preso solo perché ero in biblio e mi avanzava mezzora e ho preso in mano la cosa più corta che ho trovato.
Boh, è tutto. Vado a fare la spesa. e buoni cazzi e mazzi e quelle cose lì.

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