Tachi e carti
Vodka tonic Per il mal di denti La tachi Per compagnia Voltaren, la malattia Occhi ciechi Zero carti A ogni passo Ma gioco l'asso di prima mano Altre tanto Non ce ne saranno E senza scarti Se faccio danno Poi Sulla rotta rompe l'onda Sull'onda Schiuma in scranno
A te, abbandonata
A te che sai Diventare Un segno verticale Eterno Anfratto, gola, Abisso voluttuoso, A testa bassa, me, Stretto nella morsa Trattenuto Affondato Morso e bacio Liberato. A tentare la pioggia Di te che piovi E gratti via dalla nuca Mia Spinte e fremiti e note e versi e convulsioni E una voglia Sulla pelle dell'abbandono A forma di corpo Abbandonato Regna.
Vieni qua
Vieni qua Adagio, nel solco del polpastrello Per il solco del polpastrello E pensa alle acque profonde e ai loro tuffi Dentro la pelle umida, Al loro asciugarsi senza sole Che lascia intorno la sera Ancora sporca di mucose e sudore. Viene, qua, senza trattenerti Ché gli arcipelaghi scontrosi Del
“Non è successo niente” di Tiziano Sclavi****
Non è vero. Dico, non è vero che non è successo niente, dopo aver letto questo libro. Non che sia successo granché, ma è successo che mi sento un po' in colpo con Alessio, da circa trenta o quaranta secondi
Soi, ma no soi
Soi un sfuei Di cjarte di une bibie vecje doprade Par poiâ la tace dal vin Intune sere di Lui, intant che la radio E cjante cu la vôs di Buckley Ma no si capìs Se Jeff o Tim. Soi un papavar. Soi un pâr di mudantis Poiât sul